… p.s. non una sola parola è di fantasia … - di Francesco Briganti

06.02.2015 12:15

Si chiamava Rocco; il suo ufficio era il tavolino di un bar sul corso principale. Non aveva orari o cartellini da timbrare e quando il suo lavoro richiedeva impegni all’esterno si spostava con un Mercedes grigio che guidava con estrema disinvoltura spostandosi da padrone lungo le strade del paese. Per molti era confidenzialmente “mastru Ruoccu”, per altri era “ don Rocco “, per chi ne aveva avuto bisogno era un “affuca gatti “.

Era un professionista del denaro; la punta di diamante di un sistema collaudato e pratico che risolveva i problemi di chi aveva urgenze immediate e di chi non poteva accedere a crediti altrimenti reperibili; non aveva bisogno gli si fornissero garanzie, né ne chiedeva, giacché nessuno, con lui, avrebbe mancato ad un impegno; non faceva domande e non chiedeva risposte: dava scadenze, quello sì; scadenze a cui nessuno si sottraeva: a “mastru Ruoccu “ non era dato mancare di rispetto!.

Lo conobbi per merito (?) di un direttore di banca; il direttore di uno di quegli istituti rurali come ne nascevano molti alcuni anni fa. Avevo bisogno di liquidità per una contingenza non prevista.

Succedeva che una industri del nord, una industria fiorentina, aveva aperto uno stabilimento al sud creando un indotto nel quale si muovevano moltissimi degli artigiani della zona; questi per accedere alle commesse di quell’industria si erano dovuti dotare di macchinari di un certo tipo ed io, che fornivo quei macchinari, a mia volta avevo dovuto approvvigionarmene per la bisogna: compravo, quindi e vendevo; gli artigiani si attrezzavano, lavoravano, venivano pagati e pagavano a loro volta; sembrava un boom senza fine per quel paese. Poi, un giorno, non molto tempo dopo aver aperto i battenti, quella industria smise di accettare commesse; smise di darne a sua volta, il lavoro si fermò, l’indotto si fermò, i pagamenti si fermarono, e chi aveva da perdere cominciò a perdere in uno stillicidio continuo che intaccò dapprima i guadagni di tutti e di ciascuno, poi le riserve, quindi i fidi bancari, poi gli extra fidi sino ad arrivare al rischio del blocco economico. Fu allora che quel direttore, persona onesta e corretta (!?!) mi indicò la soluzione a cui molti avevano già fatto ricorso ed altri dopo di me sarebbero ricorsi.

Entrai in quel bar con la sola presentazione di un “ mi manda il dottor … “, chiesi undici milioni ed assistetti all’ingresso di, per me, don Rocco, nell’istituto bancario da cui io ero uscito solo alcuni minuti prima; nel giro di qualche altro minuto io avevo in tasca i miei undici milioni di lire e lui aveva il mio impegno a restituirglieli entro trenta giorni maggiorati di un milione e centomila lire. Dopo 43 mesi, non essendosi sbloccata la situazione economica, avevo restituito 47milionitrecentomila lire di soli interessi ed avevo ancora per intero il debito del capitale.

Come fossi riuscito in quella impresa, ancora oggi, non saprei dirlo. Ad ogni fine mese l’unica preoccupazione esistente era quella di rinviare la scadenza con “Mastru Ruoccu”, diventato tale anche per me data la lunga frequentazione. Avevo prima tagliato ogni spesa superflua, poi avevo cominciato a ridurre l’essenziale, quindi avevo venduto ogni cosa personale potesse avere un valore ed ero arrivato a ridurre al minimo anche l’indispensabile, comprese l’alimentazione ed i servizi quali telefono, luce e gas. Nel frattempo, quell’industria aveva chiuso lo stabilimento al sud, molti di quegli artigiani non “artigianavano” più, l’indotto si era ridotto ad un deserto, il mercato si era fermato tra l’attonito, il sorpreso, e la preoccupata precauzione ed anche la mia attività era oramai al limite dello sfascio.

Una mattina del 44° mese avevo davanti a me due sole soluzioni: rapinare a qualcuno l’ennesimo milione e centomila lire oppure dire a “mastru Ruoccu” che io non avevo più soldi e che da me non avrebbe più avuto un centesimo. Lo incontrai con la forza della disperazione nel garage di casa sua; ero rassegnato a non uscirne o ad uscirne con le ossa rotte o, nella migliore delle ipotesi, con una minaccia ben precisa e circostanziata sulla fine che avrei fatto. Ne uscii con un “ va bene” che mai mi sarei aspettato, che non avevo nemmeno messo in bilancio, che non era mai stato la soluzione al risveglio dai miei, sempre più frequenti, incubi notturni di allora.

Semplicemente “ Mastru Ruoccu “ sapeva quando era arrivato il momento di fermarsi per non spezzare una corda la cui tensione gli procurava più guadagni di quanto qualsiasi lavoro al mondo gli avrebbe mai procurato.

Lo avessi saputo o anche solo immaginato avrei forse trovato il coraggio necessario molto tempo prima, ma forse molto tempo prima il finale non sarebbe stato lo stesso. Fatto sta che da quel momento fui di nuovo libero di vivere e crescere e, per quanto ancora oggi, io dorma poco di notte, ricominciai, però, a dormire.

L’Europa, i suoi governanti continentali, i suoi governanti nazionali, la sua economia, la sua finanza, inandoutland, devono per forza attendere lo schianto secco di una corda che si spezza o riusciranno un giorno a capire

quando è che è arrivato il momento di allentare la tensione?