A ciascuno il suo … - di Francesco Briganti

01.06.2013 08:58

Avete mai passeggiato in un uliveto?. Niente come una distesa di ulivi può essere vissuta come una parafrasi: una coltivazione, ma anche qualcosa d’altro Questi sono alberi che hanno bisogno di spazio, di un proprio intorno personale libero da ulteriori presenze vegetali altrimenti soffrono sino a diventare asfittici e soffocare; non tollerano altre piante parassite, sono delicate al punto da ammalarsi se non si presta loro un’attenzione anche solo sufficiente, sono longeve ma non all’infinito, sono madri di virgulti sempre pronti a sostituire o riparare eventuali defaillance del corpo principale, rendono frutti copiosi e sorgente di utilità benessere e sapore. Sono dignitosi e fieri a fronte alta alle avversità, quale che ne sia la natura; non a caso un ramo d’ulivo fu la risposta della colomba alla domanda di Noè dopo il diluvio. Se passeggiaste al mattino presto, zigzagando tra un fusto e l’altro, Voi cogliereste un profumo acre ed intenso, che ricorda, come un misto non ben decrittabile, quello dell’olio appena uscito dal frantoio e quello ben più aspro e penetrante della sanza spremuta all’inverosimile; sentireste i rami più bassi carezzarvi i capelli e il discorrere dei rami e delle foglie al vostro passare ed al sussurrare della brezza mattutina: istintivamente nascerebbe in Voi il desiderio del trascendente accompagnato dalla voglia di perenne e di pace che sembra aleggiarvi. Avreste campo libero nel muovervi anche nel più esteso degli uliveti perché ciascuna pianta pretende che il suo intorno deve essere libero da ogni cosa e quindi non troverete ostacoli, inciampi o impedimenti e qualora foste già di mattina inoltrata e fosse un giorno afoso d’estate, avreste comunque un riparo sotto cui fermarvi qualche minuto a godere di una frescura offerta a gratis altruisticamente sempre ristorati dal movimento fogliare che, quasi autonomo, si genere da ogni albero per sé stesso e per l’improvvido pellegrino di passaggio. Guardereste i corvi, macchie nere e saltellanti anche vicinissimi a Voi, continuare la loro caccia a libagioni di vermi ed insetti; sentireste il cinguettare di uccelli canterini che si inseguono amorevoli ed amorosi da un ramo all’altro, ed i più fortunati godrebbero di episodi di vita tra due scoiattoli in avanscoperta o gli approcci matrimoniali di due mici in luna di miele, o lo scorrere veloce di topolini di campagna a conservare qualche frutto caduto. Di pomeriggio nel campo le ombre si allungano, le prospettive cambiano e tutto sembra più serio, meditabondo, quasi pronto a darvi il suggerimento che state attendendo e che nella vostra solitaria, soliloquiante passeggiata speravate nascesse dai vostri pensieri e dalle vostre considerazioni. Di pomeriggio l’uliveto richiede una presenza di spirito fatta di rettitudine e di coscienza onesta e tranquilla o l’oppressione interiore esplode e diventa non tollerabile. La parafrasi notturna raccontata da ogni ulivo cui passereste vicini è fatta di sofferenza e preghiera; è unto antichi moderni sempre uguali patimenti ed il buio è totale ed impenetrabile come l’anima nera del peggiore peccatore: tanto da incupire e spegnere i colpevoli; ma le stelle appena visibili fra le fronde fitte e statiche quasi a dormire il sonno dei giusti amplificano e fortificano le speranze che sono proprie degli afflitti, degli umili, dei giusti agli occhi di Dio. Qualche volpe audace sarebbe vostra lontana compagna, colombe ritardatarie vi suggerirebbero versi danteschi dal disperato al beato passando per il pentimento o l’auto condanna di un mea culpa finalmente definitivo se non salvifico salvifico e liberatorio. Un uliveto notturno è la sintesi, è la porta spazio temporale alla fine di ogni vita: destinazione inferno o paradiso che sia.
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