.. " A qui touche aprés? " ... - di Francesco Briganti

30.06.2015 22:37

E' la domanda che si pone Le Monde giornale francese; la sua risposta è stata : Portogallo, Spagna ed Italia e non necessariamente in quest'ordine.

E' un momento storico molto penoso e siamo alle solite:colui il quale decide, finalmente, di opporsi ad un sopruso reagendo in un modo più che legale, ricorrendo quindi ad un referendum, viene considerato da eliminare quale che sia il mezzo. Siamo ancora fortunati in funzione di due parametri: a) l'america non ha alcun interesse a perdere la Grecia , altra portaerei nel mediterraneo, la quale potrebbe entrare nell'orbita russa o cinese; b) la CIA non ha la stessa libertà di azione in Europa che aveva nel sud America.

E' possibile ipotizzare una ingerenza americana qualora dovesse vincere il no. Se gli americani avessero rispetto per la loro lotta di indipendenza dagli inglesi potrebbero fare un primo passo per salvare gli ellenici sovvenzionando il loro debito in maniera massiccia; qualora, invece, la miseria statunitense fosse non solo economica, ma anche ed ancora, etica e morale vedremmo presto Tsipras sopraffatto e vinto come lo fu a suo tempo un certo Allende.

Da una crisi come quella greca non si esce; né col no, né tanto meno con il si. Il passato è troppo pesante ed è figlio di una pletora di errori, che gli stessi greci hanno fatto, ben aiutati da coloro che adesso si dicono inflessibili, ed ai quali si voglia o non si voglia occorre porre riparo. E' un obbligo questo dal quale non ci si può sottrarre e, dunque, il futuro di Atene non può prescindere da un periodo molto lungo di sacrifici e di sofferenze.

Ora c'è da dire che una morte può essere inizio di una resurrezione o dolorosa ed inutile. Se vince il no il destino dei fratelli, giacché tali sono, greci sarà una morte martirio in croce, ma sarà proprio per questo la conferma che dopo l'ultimo respiro si può risorgere e ricominciare a vivere. Dovranno fare miracoli su miracoli, ma alla fine "l'alzati e cammina" sarà la realtà quotidiana di ogni cittadino a vivere in quel paese. Anche perché potrebbe, in questo caso, verificarsi la condizione (a) o quella (b) di cui sopra.

Se vince il si avranno una agonia molto lunga, altrettanto dolorosa, con sacrifici molteplici e duri, ma alla fine moriranno lo stesso giacché l'economia greca s'è adagiata troppo sull'aiuto esterno perdendo negli ultimi anni, milioni di lavoratori, di industrie e di imprese e, dunque, non è comunque in grado, sia oggi o tra qualche anno, di restituire in nessun caso l'accumulo del debito e degli interessi maturati su di esso. Anche in questo caso avremmo la possibilità di una influenza russa o cinese alla quale potrebbe contrapporsi l'interesse americano. In questo caso, però, non ci sarebbe resurrezione, bensì una schiavitù se non eterna lunghissima, dalla quale si uscirebbe solo con moti irredentisti ed una guerra.

Detto della Grecia, però, occorre che L'Italia cominci a pensare al proprio futuro in quanto noi non stiamo affatto messi meglio e noi, continuando a subire, chiedendoli ed accettandoli, i finanziamenti europei non facciamo altro che insaponare, ben bene, la stessa corda che ci impiccherà.

Questo sarebbe un momento favorevole; schierarsi apertamente al fianco della Grecia, rafforzerebbe i fratelli ellenici, ma nello stesso tempo, darebbe un grosso avvertimento a chi continua a credere ed a pensare che quello degli strozzini sia il modo migliore per finanziare una economia.

Schierarsi con i fratelli greci vorrebbe dire armare il cane delle proprie armi; il che non vuol dire che si sarebbe pronti a sparare, vorrebbe soltanto dire che un altro popolo ha deciso di rinverdire la propria dignità e di essere pronto a lottare non per i soldi, o per una fantomatica economia sociale, ma per una sopravvivenza appena appena tollerabile solo se ...

sarà nell'attesa di una vita migliore.