… amarsi un po’… - di Francesco Briganti

16.12.2014 08:06

Sono, sì!, lo sono, felice questa mattina!.
Non ne ho particolari motivi, anzi!: mia moglie è lontana; impegni mi impediscono di raggiungerla prima del prossimo sabato; il lavoro, dato il periodo pre festivo è fermo; il tempo è cattivo e piove!.
Piove ininterrottamente da ieri sera. Il tempo è brutto, ma a me questo tempo piace.

Camminavo sotto la pioggia stamane con il cappotto stretto al collo ed il cappello a tentare un riparo poco riuscito. Gocce d’acqua gelida, inopportune e perfide si infiltravano indiscrete lungo il collo by passando il confine della camicia e precedendo quel lungo brivido vitale che sferza la colonna e ti dice ancora una volta che sei vivo. Il vento freddo, caparbio, a folate improvvise, tentava l’assalto a tutto il resto trattenuto a stento dalla guardiania lanosa del cappotto; il silenzio era totale nella sinfonia dell’aria che rincorreva sé stessa tra le mille e mille luci di Natale a pendere dai balconi, a sovrastare usci dormienti, ad rischiarare ombre nei giardini, l’una a rincorrere l’altra nella danza sfrenata dei rami, dei cespugli e dei lampioni. Un profumo animale, istintivo ricordo di ere ancestrali saliva attraverso il naso portandosi dietro terra bagnata, alloro al vento, rosmarino fradicio frammisto ad aghi di pino, funghi nel nascere, ghiande schiacciate e caffè: caldo, forte, ben augurante e non curante.

Allora ho rallentato il passo ed ho respirato; piano, profondamente, rumorosamente; ho preso vita dall’intorno e gli ho detto: “… eccomi ci sono anch’io; sto godendo di te, fai altrettanto con me!”. Un chiarore, allora, s’è come d’incanto fatto largo oltre la cima della collina; tenue ed appena accennato ha spinto il nero delle nuvole verso un grigio scuro appena appena più deciso; mi è sembrato un invito a proseguire, senza timori o paure, verso il giorno al suo nascere ed a spingere oltre una notte a timbrare l’ennesimo cartellino su di una terra più lontana ed assonnata.

Passo dopo passo, come un bambino a infilarsi in pozzanghere improvvise, ho lasciato che i miei pensieri seguissero la palla immaginaria ai miei piedi; nel buio pesto e senza cielo che ancora sconfiggeva un’alba timida e tremebonda ho camminato verso un est fatto di campagna e prati, alberi a crocchio imponenti e fluttuanti, cespugli ciarlieri a discorrere tra loro come stupidi onorevoli nella bolgia casinista ed inutile di una discussione politica lasciando che il vento, in un impeto d’ira più rassegnato che baldanzoso cercasse di rubarmi il cappello quasi ad averne trofeo per farne monito per altri, come me, estemporanei cultori del vagabondare in solitario.
Rumori a rincorrersi nel vento: ora indistinti, ora eco di indecifrabili voci, ora sospiro di sogni indecisi, di fantasie speranzose, di cuori in amore, di anime in pena. Ora urla disperate ad invocare un aiuto, a sussurrare una preghiera, a pietire un perdono, a suggere amore dal cuore di una madre, dall’anima di un figlio, dal calore di un compagno o di una compagna che, stiracchiandosi, si abbracciano in quell’attimo fuggente che chiude il sonno ed apre al nuovo giorno .
In lontananza un gatto ha attraversato la strada ed un altro gli si è fatto d’appresso; qualche cane sfrontato abbaiava ad un lampo lontano e qualche tortora coraggiosa invitava le altre all’inizio di un coro che fosse sirena, richiamo e contrappello in quella panoramica pace così vera e sincera da non ammettere interpretazioni, illusioni, doppie visioni che fossero di servizio, guadagno, fine ed obiettivo per qualcuno o per qualcosa.

Tutto era in quel momento!; il trionfo dell’essere senza trucchi e senza inganni. Il mondo svegliava sé stesso fregandosene alla grande di chi ne avesse o non ne avesse coscienza e ne era testimone. Era e questo gli bastava!; era e tanto piacere!; era, era e basta!.

Io c’ero; ho visto e lo posso testimoniare ed è per questo che …

Io, questa mattina, sono felice!.