… angoli di prospettiva … - di Francesco Briganti

02.03.2015 18:49

Momenti di stanca. Momenti in cui sembra non ci siano alternative al vuoto pneumatico esistente all’intorno. Momenti in cui quanti e quali fossero il luogo, il periodo, niente sembra avere sufficiente importanza per dare un senso ad ogni cosa. Momenti in cui si crede che l’unica avventura ancora possibile è quella che passa da un azzeramento totale e da una susseguente ricostruzione nel completo disconoscimento di ciò che era il “prima” o di ciò che erano, significavano e significano le macerie da cui ci si vorrebbe staccare. Momenti in cui o ci si rassegna ad un prosieguo senza più interessi, senza più scopi, senza obiettivi più possibili e da raggiungere o si fa il passo dell’uscio e si esce a nuova vita.
Per molti questa non è la condizione italiana.

Non lo è stata, e non lo è ancora oggi, per tutti quelli che ancora si ostinano a vedere in un vecchio pervertito, cultore solo dei propri interessi, qualcuno che potrebbe risollevare la loro la vita rendendola più facile che essa parta da una pensione minima, da una piccola o media impresa in difficoltà, da una media borghesia oramai classe derelitta; poco importa a costoro, siano donne o uomini, che il tal signore quando avrebbe potuto non ha fatto; costoro si beano nel credere alle persecuzioni e non si soffermano mai, Renzi ne è la migliore dimostrazione, a riflettere sul fatto che con una maggioranza quale era quella di cui quel signore poteva fregiarsi, giudici o non giudici, chi avesse voluto, avrebbe potuto.

E ci sono quegli altri, quelli su di una sponda camuffata come opposta. Quello scarso 20% di italiani che spacciano loro stessi per qualcosa di numericamente superiore credendo di infinocchiare l’altro ottanta; quelli che sull’onda di un consenso strappato con la menzogna, in virtù di un potere ottenuto con il tradimento, con l’inganno e con l’abuso mutuano un governo accozzaglia come volontà del popolo agendo e decidendo secondo un arbitrio senza controlli e contrappesi.

Ci sono poi quelli che, invece, vivono il loro paese, “questopaese”, come profondamente immerso in uno di quei momenti. Sono coloro i quali pensano di poter, impunemente, far rivivere qualcosa che era sbagliato, criminale e lurido già quando si presentò come una novità e sin da quando un re affermò di voler provare anche quella medicina. Questi signori, clown senza vergogna e senza intelletto, vanno in giro a romanamente salutare, a spacciare per possibili verità idiosincrasie nei confronti dei diversi da loro, a professare cose che essi stessi, fuori da un branco animale, non sarebbero capaci di attuare essendo innanzi tutto dei vigliacchi congeniti il cui massimo coraggio è, appunto, quello del branco.

Ed ancora si trovano quelli che si barcamenano tra una fedeltà di partito ed un malinteso centralismo democratico, tra un “benedelpaese” a tutto danno dei paesani e gli stessi paesani di cui non fanno più parte e dei quali non sono più né rappresentanti né punti di riferimento. Sono coloro che vorrebbero, ma ritengono di non riuscire oppure non hanno il coraggio o avendolo sono fregati dalla difesa di un cadreghino altrimenti messo a rischio.

E ci sono, poi, i duri e puri; quelli cioè che “l’è tutto da rifare”, ma solo a condizione che quel rifare sia demandato direttamente e solo a loro essendo tutti gli altri o incapaci o disonesti o doppiogiochisti. Sono costoro quelli che non si rendono conto che per quanta sia l’approvazione manifesta e/o generatrice di consenso, essa non sarà mai sufficiente a far di loro i padroni del vapore e dunque resterà fine a sé stessa, inutile, inefficace riuscendo ad essere valvola di sfogo per alcuni, oggetto di ulteriore delusione per altri, efficace quanto innocente e colpevole coadiutrice, in pratica, di quegli stessi interessi che quei “costoro” vorrebbero sconfiggere ed eliminare.

Infine ci sono quelli della sinistra, quella vera, quella che non ha mai rinnegato le proprie origini ideologiche; quella sinistra che ha tante anime quanti peli può avere un cane con nessuna di esse disposta a cedere un solo bulbo pilifero alla disarmante verità di una inutilità politica, sociale e materiale in un quotidiano diretta dipendenza di quelle divisioni interne. Ad essa e per essa sinistra, in una esistenza fuori dal reale, risulta molto più importante distinguersi in leninista, trotzkista, stalinista, stakanovista, maoista, berlingueriana rispettivamente, e chi più ne ha più ne aggiunga pure, che rendersi conto della propria assoluta vacuità nel e per l’unico scopo che ne giustificherebbe l’esistenza: la lotta per le classi deboli, sfruttate e sempre più dismesse man mano che avanza la protervia di chi di queste divisioni si fa signore e padrone.

Quella, questa, sinistra ha perso il gusto del cammino faticoso, della discussione quotidiana, della ricerca del consenso porta a porta, dell’essere punto di riferimento, di sostegno e di combattente ad redde rationem, avendo acquistato, di contro, il gusto dello scenografico, dell’apparire moltitudine a protestare, a scioperare, ad urlare nelle piazze essendosi completamente normalizzata a quella “situazione spot”, inefficace a prescindere, a cui l’ultimo trentennio mediatico ha abituato il consumatore e tutti ed in ogni campo; riuscendovi in maniera indolore e soporifera.

Eccoci, quindi, alla constatazione da fare o da ignorare sul momento che si vive in “questopaese”. E’ coscienza di ognuno fare la scelta che più gli aggrada e che più ritiene funzionale al proprio credo ed al proprio percorso di vita. E’ una scelta che deve essere responsabile nel senso di una completa adesione ad una realtà vista ed accettata come fittiziamente reale o, finalmente, realizzata per quello che essa è veramente: in funzione di un futuro prossimo e lontano…

costi pure quel che costi!.