... Aspettando Godot ... - di Francesco Briganti
La guerra è una brutta cosa. Affermazione più ovvia e cristallina non ci potrebbe essere: dunque le guerre, a rigor di logica, non dovrebbero esistere; non dovrebbero esserci, quindi, morti ammazzati, genti violate e violentate, distruzioni diffuse, prevaricazioni, abusi e soprusi. Ci sono, comunque, delle guerre che si dicono "sante" e che si combattono in nome di un qualche dio che di sua voce, nessuno sano di mente può affermare il contrario, mai e poi mai ha espresso un concetto riportabile alla santità di un massacro, di un eccidio, di una pulizia religiosa o etnica che fosse.
Si combattono, poi, guerre per imporre la pace; altre per esportare la democrazia ed altre ancora affinché le donne vengano rispettate in quei paesi dove il sesso femminile conta meno di nulla o in quegli altri paesi dove un precedente amico ha improvvisamente deciso di averne altri di amici: nuovi alleati a cui affidare lo sfruttamento di una risorsa a guadagni più convenienti o che, semplicemente, garantiscano una permanenza sullo scranno più alto più sicura e duratura nel tempo.
Insomma e piaccia o meno, ci si indigni o ci si faccia l'abitudine, in barba alle genti, sulle spalle delle genti ed a danno delle genti le guerre si fanno, non fosse per altro che per consumare l'immenso arsenale costruito senza sosta e fine dalle industrie della morte redditizia.
Le uniche guerre legittime, quelle per la libertà, la dignità e l'onorevole esistenza in vita delle persone, le uniche guerre che non abbisognano di violenza e di armi, se non quelle necessarie del dialogo duro, della organizzazione unitaria, della fermezza dei principi e del rispetto per il sé e per l'altrui, quelle non si fanno se non a chiacchiere vuote da cortile e nell'esprimerle nascondendosi dietro dogmi e statuti vecchi di secoli, distinzioni e cavilli a separare, sottigliezze semantiche le cui origini ideologiche non trovano alcun riscontro concreto in una realtà del tutto differente e anni luce peggiore e migliore al tempo stesso di quando quelle ideologie sono nate ed hanno contato qualcosa.
I condottieri di queste guerre chiacchierate e combattute da eserciti percentualmente forti, ma numericamente minoritari e perdenti, sono quelli che più degli altri gridano, che più degli altri si mostrano, che più degli altri sanno interpretare e sfruttare l'ignavia dominante dei deboli, degli sfruttati e dei rinunciatari a prescindere.
I condottieri migliori, quelli che pongono al primo posto il proprio tornaconto e non è necessario che questo faccia il paio con un ritorno strettamente immediato e/o materiale, sono quelli che raggruppano attorno alla propria corte quella manica di imbecilli e servi genetici che fungeranno da apostoli a diffondere il verbo del capo del momento assumendo come argomenti, in un bignami di sciocchezze e verità lapalissiane, il tutto ed il suo contrario al punto tale da vedere uniti nello stesso porcile, tigri ed agnelli, lupi e volpi, cani e gatti, ingenui e furbi, innocenti e colpevoli.
Nel frattempo che queste guerre chiacchierate si dibattono con sanguinarie diatribe televisive, con mediatiche ed altisonanti affermazioni a stupire ed a scandalizzare, con retoriche ed oltraggiose adunate a riempire piazze e parterre i più diversi e funzionali, con metafore a pettinare bambole ed a smacchiare animali ignari e disinteressati l'interesse privato, egocentrico, egoistico, noncurante e più sfacciato che sia possibile continua a tessere le proprie trame alle spalle e sulle spalle degli ignari eserciti che soddisfatti del loro essere in belligeranza perenne contro questo e contro quello e fra di loro, non si accorgono di continuare a soffrire e di scendere sempre più i gradini della miseria: quella etica, quella morale e materiale, quella della pura e semplice sopravvivenza.
Oggi è ferragosto; il pil tedesco è al -0,2, la Francia vede stagnare la propria economia e l'Italia osserva il proprio disgregarsi nelle mani di un tosco bambinone che sembra più perso che inconcludente; gli ululai alla luna, continui nonostante lui e/o stante lui, scemano negli esodi fuori porta e nell'illusione che mal comune faccia mezzo gaudio e non ...
UNA PLETORA DI SFIGATI!.