… Aylan … - di Francesco Briganti

04.09.2015 08:48

E’ nuvolo!. Grandi, minacciano pioggia oppure mimano quello che sarà da qui a qualche tempo. Sono grigie, opprimenti; quei rari sprazzi in cui il sole fa capolino, più che una promessa sembrano degli inviti all’invidia ed al rimorso per tutti quelli che sin qui si sono lamentati del caldo opprimente.

Eppure è caldo, umido ed asfissiante, quasi a dire che volenti o nolenti ogni proprio desiderio non è per nulla considerato dal dio delle stagioni che fa dello scorrere del tempo quello che più gli aggrada di un mondo al quale nessuno più porge cure ed attenzioni: un mondo infame !.

Sono vecchio!. Molto più dei centomila anni che mi sento pesare sulle spalle; sono stanco; non di quella stanchezza soddisfacente che impregna i muscoli e fa dolere il corpo; di quella stanchezza che ottunde la mente e paralizza i pensieri, che ne focalizza uno e lo rende insistente e persistente; di quella stanchezza che spinge ad ogni cosa pur di non pensare, che fa desiderare il sonno quasi fosse il proprio modo di andarsene verso quell’altro mondo, quello dei sogni quando riuscissero a non essere rimedio peggiore del mal di vivere.

“ Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.

Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto con due dita di pugnale?; Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo?;

Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell'azione perdono anche il nome ... “ (William Shakespeare ).

Mia nipote ha compito tre anni il diciassette dell’agosto scorso . E’ una bimba fortunata. Lo è non solo e non tanto giacché ha due splendidi genitori che la amano e si amano; non solo e non tanto perché da loro può aspettarsi un futuro degno di questo nome; lo è in quanto vive in un paese che per quanto schifo faccia ai più, è comunque una terra dove non esistono minacce dirette e volontarie conto la sua crescita ed il suo svilupparsi serena. Non ci sono pazzi a sparare sul suo domani, né integralisti ad obbligarla a regole liberticide ed assassine. Non dovrà andare in giro a chieder elemosine all’indifferenza delle genti, né prostituirsi alla condizione di chi vende fazzolettini o lava vetri nel disperato tentativo di non pentirsi di non aver cercato la morte battendosi nel proprio paese. E’ una bimba fortunata alla quale suo nonno, io che le ho chiesto di chiamarmi Francesco e non “nonno” in uno stupido tentativo di non sentirmi ancora più vecchio, vuole, qui ed ora, raccontare una favola:

“ C'erano una volta un re ed un visir che erano amici da lunga data: entrambe le loro mogli aspettavano un bambino e decisero che se fossero nati un bambino e una bambina li avrebbero poi fidanzati e fatti sposare. Ma quando nacquero, la moglie del re ebbe un serpente, mentre la moglie del visir una bellissima bambina. La bambina e il serpente crebbero insieme, malgrado tutto: la bambina era contenta del suo amico, per lei non era un animale ripugnante. Un giorno, erano ormai grandi, i due stavano giocando insieme quando di colpo la pelle del serpente cadde e venne fuori un bellissimo giovane.Poco dopo il ragazzo riprese le sembianze del serpente. Non visto, il re aveva assistito a tutto e chiese alla giovane di fare in modo che il figlio non diventasse più un serpente. Quando il principe riprese la forma umano la ragazza gli bruciò la pelle di serpente. Lui allora la guardò e scomparve. Disperata, la ragazza non sapeva più a chi rivolgersi. Un giorno incontrò una vecchia maga, che le disse: - Il tuo amato è lontano da qui: dovrai consumare sette paia di scarpe per trovarlo! .- La ragazza allora partì attraverso strade, boschi, deserti e il giorno in cui finì di consumare il settimo paio di scarpe arrivò vicino ad un castello cupo, incastrato su una montagna.

Fuori c'era un leone malconcio, che le chiese qualcosa da mangiare: lei gli diede l'ultimo pezzo di carne che le era rimasto. Poi trovò delle formiche, che le chiesero di aiutarle a ricostruire il proprio formicaio: lei fece come le era stato chiesto. Infine, sulla porta del castello c'era la porta che scricchiolava e lei usò l'ultimo olio che aveva per oliarla. Entrò nel castello, in cui viveva un genio malefico, che aveva imprigionato il suo principe. Lo trovò incatenato e lo liberò. Ma il genio si buttò al loro inseguimento. Urlò alla porta:- Chiuditi e non lasciarli uscire! Ma la porta gli rispose:- Lei mi ha unto ed ha avuto cura di me, non posso non lasciarla uscire! - Allora disse alle formiche:- Pungeteli e fermateli!- Ma le formiche risposero:- Non possiamo: lei ci ha aiutato!- Per finire il genio urlò al leone: -Sbranali!.- - No, non posso, lei mi ha dato da mangiare!- Il genio non poteva allontanarsi troppo dal castello e si disintegrò nell'aria. La ragazza e il principe tornarono al loro Paese dove si sposarono e vissero felici e contenti. “

E’ una favola persiana; ha una sua morale ed un suo significato specifico, ma ciascuno tragga da essa ciò che più gli piace, gli viene comodo, gli ispira il proprio animo. Per quanto mi riguarda io sono sempre più stufo di tutta quella gente che piange in pubblico e stravizia in privato, giustificando, fingendo di non capire, combattendo battaglie verbali ben sapendo che mai farà una guerra vera. Ed anche questo significa molto più di ciò che le parole indicano. Ah!, Aylan è il nome di un bimbo di tre anni …

cadavere su di una spiaggia in Turchia!.