… blade runner … - di Francesco Briganti

21.02.2015 07:54

Caro diario,
la magia dell’alba, maggiormente in questi giorni in cui la luce timbra il proprio cartellino ad ore più giovani, mantiene sempre quel qualcosa di misterioso ed indiefinito: le voci della notte che si spengono lentamente danno al canto del giorno un “ passi “ armonico e melodioso. Il soffuso galoppo di un cavallo a rincorrere un puledro, il canto disinibito e libero di uccelli in coro, l’abbaiare, prossimo o lontano, di randagi a discutere tra loro o a scontrarsi con gatti temerari ed in amore rendono al sole nascente quel ossequio dovuto ad un salvatore da paure ed incubi o ad un notaio che dia validità assoluta ad una notte di sano ed onesto riposo.

Dal mare, lente e sornione, nubi scure, pesanti, cariche di pioggia hanno già invaso il cielo di Lucca e si appropinquano, lente ma inesorabili, su quello di Uzzano. Ad est Pistoia e più in là Firenze sfoggiano un azzurro delicato e splendente di quel giallo sorgente che sembra quasi dispiaciuto della ipocondria che da qui a poco li permeerà cinicamente rattristandoli con una cappa tanto opprimente quanto, e per fortuna, passeggera nel lento avvicinarsi di una primavera oramai non più così lontana.

Le tante ferite che segnano la mia pelle dolgono avvisandomi di come l’umidità, la temperatura ed un meteo, a rispettare sé stesso ed il periodo, si accinga a compiere il proprio mandato; quelle dell’anima è da molto che hanno smesso di far male rassegnate al fatto che, prima o poi, di nuove, sia pure vecchie per propria natura e per corsi e ricorsi, prendano a dolere e forse a sanguinare, nonostante il cinismo, nonostante l’esperienza, nonostante una età che da sola avrebbe dovuto essere scudo e difesa salvifica e bastevole.

Ma “ il tempo non ha tempo “ soliloquia il testo di una canzone e, dunque, cogli l’attimo e lascia che sia giacché è meglio, molto meglio, un rimorso che un rimpianto : i primi si assolvono e diventano fonte di ricordi, belli o malinconici, dolci o amari, felici o dolorosi; i secondi ti parleranno, perennemente, di occasioni perse e non sfruttate, di possibilità e cambiamenti trascurati o abbandonati, di treni in corsa lasciati passare senza avere avuto il coraggio di prenderli al volo, lasciandoti quel alone di impotenza ed incapacità che, da solo, renderà infelice ed invivibile qualsiasi vita rassegnata al infinito, ed in questo caso triste, scorrere via di un’acqua a correre verso un mare lontano.

Nere e fitte, come le parole di un poema, le nuvole hanno raggiunto la cime del abete prospiciente la finestra sul giardino; la striscia d’azzurro alta al orizzonte stringe sé stessa, rimpicciolendosi man mano e il fronte collinare muta lentamente da un verde illuministico ad un cupo e rancido verde politico culo di bottiglia eppure, l’animo resta aperto e speranzoso, sa che per quanto fredda, ferma e decisa possa essere, questa coda invernale è l’avanguardia di giorni di luce più lunghi e caldi, più allegri e sereni, quantunque e comunque sia quel quotidiano a stringere tutti ed ognuno.

Perché il tempo è la migliore medicina e l’unico vero risolutore. Non ci sono furbi, meschini, cattivi, traditori, lestofanti, criminali che possano mai vantare, vivi o defunti che fossero e nella storia e dalla storia, una vittoria definitiva e duratura a dettare come vincente un comportamento ed un modo d’essere inviso ai più ed a tutti coloro, compreso ciascuno ed ognuno, tra e di quelli che hanno chinato la testa in attesa che qualcun altro facesse al posto loro.

E, perciò, oggi è sabato; quel sabato del villaggio che in ogni villaggio, per quanto piccolo possa essere, è comunque padre di una acquiescenza non più prona e sottomessa, ma alba anche essa di una impazienza e di una riscossa pronta al divenire tanto più quanto più ancora dovesse essere la coda di questo inverno, comunque inteso, che non può durare oltre il proprio tempo stabilito giacché il “ panta rei “, quel tutto scorre di scolastica memoria non è solo il sofisma di un filosofo a cianciare, ma è il nocciolo di una vita, di ogni vita che abbia anche solo una parvenza di legittima e sacrosanta autocoscienza.

E, dunque, continuino pure le nuvole ad arrivare ed a scaricare su di noi il loro perverso essere transitorio; noi, ed anche solo nel più disarmato pazientare, restiamo qui ad aspettare; le gocce che ancora scenderanno, nel tempo e con il tempo, non saranno altro che …

le ultime lacrime a perdersi nella pioggia.