… che c’entra? … niente!. Buon Natale!. - di Francesco Briganti
Camminare nella nebbia è fantastico!. Tutto è ovattatto, qualche rara macchina che sfrecci, si fa per dire giacché dove abito io i pazzi compreso me sono: uno, in un senso o nell’altro annuncia il suo arrivare con un rumore sordo crescente ma comunque in diminuzione e le fioche luci dei fari sembrano lucciole improvvise che scompaiono in un attimo diventando, appena ti sorpassano, come il fanalino di un treno in corsa e fioche fino a scomparire nel giro di un secondo lasciandoti perplesso e disorientato; solo l’abitudine agli odori, al cammino automatico, ai riferimenti particolari e vicini, ti consente un rientro nel porto casareccio senza eccessivi patemi e troppi affanni. Eppure, capita talvolta, in special modo quando l’alba non abbia ancora “lattiggianato” il tutto di subire il fascino del “dracula probabile”, del “lupo mannaro possibile”, di quell’imprevisto ignoto ed in quanto tale temuto che ti spinge a guardarti intorno, ad accelerare il passo, a temere di essere in qualche modo arrivato: perché ed a che cosa sono i perni di quell’attimo di smarrimento. Poi ti rendi conto che tutto tace ed è tranquillo, il cuore riprende il suo ritmo e l’incrociarsi con il salutista di turno che si fa i suoi cinque km di corsa mattutina ti riportano al momento, accendi l’ennesima sigaretta ed ecco che solo qualche metro più in là il cancello di casa tua ti aspetta rassicurante e quasi materno. Camminare nella nebbia mi è sembrato stamani, una metafora della vita, ed infatti, ho come perso il senso di alcune cose nel mentre stesso che ne riscoprivo quello di altre.
In quegli attimi fugaci, spazio temporali e ripetuti, di smarrimento in cui mi sono sentito naufrago in solitario il chiedersi il perché di tante cose, troppe e tutte assieme, è stato un tutt’uno tanto intenso che a nessuna di esse avrei potuto dare una risposta che fosse anche solo di senso compiuto; addirittura l’intero insieme di interrogativi affollatisi attorno al mio cosciente mi è sembrato non avesse un senso, quale che fosse. Perché chiedersi e senza una ragione il motivo di questo o di quello, magari a distanza di anni quando, comunque, lo scoprirne le ragioni non avrebbe, oggi, alcun effetto dirimente?. E dunque, perché la mente si diverte ogni tanto a rispedirti indietro nel tempo, paradossalmente ed a volte sino a quei tempi ancestrali, quando chino su di una traccia di preda, animale tra gli altri, calmavi la fame cercando di non essere tu lo spuntino per altri? E qual è quella molla dell’autocoscienza che improvvisamente scatta mettendoti davanti al fatto evidente di una tua insufficienza, mortificando sino alla vergogna, personalissima e soggettiva, della scoperta di una verità, auto negata, matrigna di una illusione spacciata come hobby, ma al tempo stesso insoddisfacente ed insoddisfatto?
Quando ho ripreso a camminare ho avuto la certezza del perché io non sia mai riuscito a fare dello scrivere o del dipingere, cosa che pure faccio e senza maestria come purtroppo tante altre, un mezzo, un soggetto di apprezzamento, di richiesta e bisogno da parte di altri e dunque a farne fonte di guadagno : perché, nel farlo, io soddisfo me stesso egoisticamente infischiandomene se quanto faccio può avere o non avere un interesse qualsiasi per gli altri. Quando scrivo e quando dipingo io parlo di me a me e libero me di quei tarli, di quelle calcificazioni mentali che se tenute a bada o costrette a rimanere nascoste, finiscono per incancrenirsi e torturare una vita di per sé già troppo difficile da sopportare.
“… Scrivi …” mi disse un parente medico, anni ed anni fa, quando sbattuto fuori dal mio mondo e catapultato in un altro ebbi attimi di smarrimento come quello di questa mattina; “ … scrivi e lascia che la tua anima si parli, vedrai che tutto ciò che ti opprime, dopo, sembrerà molto, molto più leggero … e fottitene se non capiranno, non è per loro. E’ per te! “.
Noi tutti dovremmo, di tanto in tanto, camminare nella nebbia; noi tutti, di tanto in tanto. dovremmo risentirci cacciatore e preda allo stesso tempo; noi tutti dovremmo riuscire ad avvertire quel fremito animale che ti mette di fronte te stesso e ti fa rendere conto che per quanto tu creda di essere, in realtà non sei nulla e sei tutto: ma succede solo in e per quel breve fugace attimo che quando passa e si dimentica o quando non si fosse mai conosciuto, riporta o lascia ad ed in una essenza che pur reale è comunque fittizia e costruita dal e per l’INTORNO proseguendo una navigazione la cui scia è quello che sembri e quasi mai quello che sei.