CHI SI CONTENTA…. - di Francesco Briganti

25.03.2015 08:52

Questo è un racconto; è abbastanza lungo da richiedere la pazienza, il tempo, e la voglia di leggerlo. Per chi ritenesse e volesse ....

…. Alla fine della corsa la lepre ancora si chiedeva come avesse fatto la tartaruga a non farsi raggiungere…….

Se avesse dovuto spiegare come era capitato in quel casino, sinceramente avrebbe avuto delle serie difficoltà a farlo. Sapeva soltanto che il gioco questa volta non gli era riuscito.
Nascosto dietro quella grande cassa quadrata, stava bene attento a non fare il minimo rumore, si era persino imposto di respirare soltanto al limite dell'ipossia pur di non dare nessun segno della sua presenza……..

Un anno e mezzo prima, quando finalmente era stato assunto alle dipendenze della ferrovia, si era sentito finalmente fra le stelle. L'essere titolare di una busta paga lo aveva spinto nelle fantasie più audaci, una macchina, una casa, una moglie, anche se per questo ultimo aspetto sapeva che nemmeno il reddito di un Agnelli lo avrebbe aiutato: il suo viso butterato da una brutta acne giovanile bastava a scoraggiare qualsiasi ragazza ed era per questo che si era tuffato sempre più nel lavoro. Quando poi, a questa ben nota realtà, si era aggiunta la percentuale che aveva dovuto detrarre dalla sua busta paga per versarla al segretario dell'onorevole che gli aveva fatto avere il posto, beh, allora la sua delusione si era trasformata in spirito di rivalsa ed aveva iniziato ad ingegnarsi per curare al meglio i propri interessi.

Il gioco era semplice, lavorando al trasporto merci vedeva passare tra le sue mani un infinito numero di pacchi, pacchetti, plichi e spedizioni di ogni genere. Con l'andare del tempo aveva imparato a soppesare ad occhio l'importanza di una spedizione. A volte le valutava dalla grandezza, altre dal semplice aspetto, altre ancora l'istinto gli suggeriva delle approfondite ispezioni su colli che altri non avrebbero degnato di uno sguardo.
Si era ritagliato un angolo nel capannone che fungeva da deposito scovandolo dietro delle casse contenenti "Parti Macchine" che nessuno aveva mai ritirato e di cui nessuno più si interessava e vi aveva costituito un vero e proprio ufficio spedizioni, si era attaccato alla linea telefonica dell'adiacente ufficio prenotazioni cuccette e servendosi dell'apparecchio di casa sua, ormai inutilizzabile per intervenuta morosità, individuato il destinatario di una spedizione interessante, cominciava a lavorare psicologicamente.

- Qui Ë l'ufficio spedizioni di Cagliari Elmas, il Signor Rossi?, Ë il Dr. Sansa al telefono; mi permetto di disturbarla perché abbiamo ritrovato nelle nostre giacenze una spedizione a lei indirizzata - e qui iniziava una reprimenda sui disservizi statali che partiva da una bieca e truce accusa ai lavoratori scioperati e mangiapane a tradimento e continuava con una laida e sprezzante individuazione di colpe nella incapacità di uno stato infingardo e grassatore, buono solo a tassare gli onesti imprenditori già fin troppo oberati dalle più esose ed incredibili vessazioni erariali, - per cui - concludeva poi - provvederemo al più presto a farle recapitare il suo pacco, ...... o pacchetto o plico che fosse.
Puntualmente al momento delle scuse finali e dei saluti, dall'altra parte il destinatario intontito dalle chiacchiere e in preda ad un ansia crescente per la sorte di ciò che stava attendendo, lasciava partire richieste di attenzioni particolari, di celerità necessari ed imprescindibili che si concludevano con un - Mi raccomando a Lei - che era l'aggancio necessario a che lui potesse fare la mossa successiva.
Lasciava trascorrere a volte poche ore a volte un paio di giorni poi ritelefonava al malcapitato e dopo aver inventato complicazioni, le più improbabili ed assurde, portava a compimento il suo capolavoro:
- Ci sarebbe un amico di mio figlio che deve andare a ...... e che potrebbe, facendo sosta nella sua città, venire a consegnarle il pacchetto. -
Ed era così che il destinatario affranto, oberato da tanta gentilezza si sentiva in obbligo di remunerare il disturbo, talvolta e sempre più audacemente, incoraggiato dai vari Dr. Sansa o Bartolomei o De Biase, nomi con i quali si presentava di volta in volta, che lo incalzavano dall'altro capo del telefono.
In un anno era riuscito a mettere da parte una piccola fortuna. Aveva a poco a poco, allargato il giro dai destinatari della sua città a quelli dei paesi vicini spingendosi, poi, fino ad un limite di quasi cento chilometri dal suo luogo di lavoro.
Facendo tutto da solo, le sue entrate erano quasi esclusivamente guadagno.

Era andato tutto bene fino al mercoledì precedente. Pochi avevano inoltrato proteste per il disservizio nelle spedizioni e, del resto, lui aveva fatto in modo di intercettarle tutte e quindi, le stesse non avevano avuto alcun seguito. Ma quel mercoledì ......!, quel mercoledì era arrivato il pacco; già qualcosa gli suggeriva di non lanciarsi in nuove avventure e di solito dava ascolto al suo sesto senso, e di sicuro lo avrebbe fatto anche stavolta se solo non gli fosse capitato, la sera prima, di leggere su di un giornale di una clinica svizzera dove facevano miracoli con la chirurgia estetica: immaginando che la spesa dovesse essere adeguata ai risultati, aveva deciso di forzare la mano.

La scatola di per sé non aveva niente di particolare. In un angolo a chiare lettere il nome di un certo Dr. Lo Rosso, nessuna specifica del mittente, ma con in bella evidenza il “fermo deposito per ritiro a mano”; non era molto pesante ed a scuoterla non si sentiva nessun rumore. La cosa che l'incuriosiva era il fatto che non aveva trovato nessuno Dr. Lo Rosso sull'elenco del telefono con in aggiunta la considerazione che il nome in sè era fuori dai canoni della zona: l'approccio con la sua nuova vittima avrebbe dovuto, giocoforza, essere diverso dal solito. Due sentimenti opposti combattevano nel suo animo: da un lato sentiva che doveva evitare quel pacco come se fosse radioattivo, ma contemporaneamente qualcosa gli faceva balenare la possibilità di intascare un bel gruzzolo. Aveva stipato il pacco sotto altre spedizioni in giacenza e aveva deciso di attendere che venissero a richiederlo per poi recitare a soggetto.

Non dovette attendere molto.
Quella sera stessa il fantomatico Dr. Lo Rosso si presentò allo sportello per chiedere se era arrivato un pacco che lui sapeva essergli stato spedito. Il bel aspetto del dottore lo indispettì al punto tale che si lanciò in un generico adattamento del sua già collaudata storia, calcò un pò troppo la mano, forse, sulla sua eventuale disponibilità a cercare di risolvere il problema e intravide in un paio di momenti un lampo d'ira attraversare l'espressione del su citato dottore che, interrompendo all'improvviso la cascata di parole che lo aveva investito: - Sarà meglio per tutti, lei compreso, che il pacco venga ritrovato al più presto. Meglio, molto meglio per tutti! Mi rifaccio vivo al più presto, si dia da fare. - disse, abbassando a livello polare la temperatura dell'ufficio, e girate le spalle sparì nel giro di pochi secondi lasciandogli un brivido gelato a scendere lungo la schiena e una frase non terminata a ronzargli errante tra la glottide e quella immensa cavità vuota che gli era diventata la scatola cranica.
Cadde a sedere sulla sedia senza nemmeno rendersene conto, fu lo squillo del telefono che lo riportò alla realtà dalla situazione di "presente assenza" che lo aveva avvolto; le poche parole scambiate all'apparecchio, un'altra possibile vittima che liquidò senza eccessivi riguardi, trasformarono il suo sbigottimento in indignazione e successivamente in rabbia. Si precipitò a riesumare il pacco dal nascondiglio dove l'aveva sistemato e accovacciatosi su di una cassa in giacenza dai tempi di Noé cominciò freneticamente a riflettere sulla situazione.

Due cose: l'assoluta eccezionalità della vicenda e la conseguente atmosfera di misterioso pericolo che la caratterizzava. Ancora una volta, fugacemente, fu tentato di rimettere tra gli arrivi il pacco e dimenticarsene, ma l'ingordigia e la certezza di essersi ormai spinto troppo avanti per dare delle spiegazioni non solo convincenti, ma che gli permettessero di continuare il gioco in futuro lo spinsero a continuare per la sua strada.
Strada che assunse un aspetto di vertiginosa discesa di montagna nel momento in cui una pustola di acne decideva di eruttare tutto il suo contenuto maleodorante di stafilococchi e lui, preso da irata incoscienza, commetteva il suo secondo errore: ruppe l'imballaggio e, per la prima volta da che aveva iniziato il gioco, violò la sacralità e la riservatezza di una spedizione.

...Al di fuori del capannone nel frattempo un isterico Dottor Lo Rosso parlava nervosamente nel proprio cellulare :
- Un deficiente di impiegato mi ha detto che non è arrivato nulla, Ë un tizio butterato che spara più cazzate di quante riesca a pensarne, - diceva avviandosi verso una BMW rossa parcheggiata in doppia fila - c'è comunque qualcosa che mi puzza - disse mettendo un piede su di un grosso souvenir lasciato da qualche cane di passaggio - Merda ! - aggiunse accorgendosi della multa che gli stava appioppando un vigile al quale non pareva vero di poter vendicare la sua scassata cinquecento.
- Merda a chi ? - disse il vigile
- Mandate qualcuno- dissero entrambi, parlando ciascuno nel proprio apparecchio.
- E' uno stronzo - disse il dottore al cellulare riferendosi a tre cose diverse contemporaneamente.
- Stronzo a chi ?- disse il vigile.
- Ripeto, mandate qualcuno - ridissero entrambi, ciascuno nel proprio apparecchio.
- Mani in alto e gambe divaricate - continuò il tutore dell'ordine sentendosi tanto Clint Eastwood a Los Angeles, - adesso aspettiamo i colleghi e poi vediamo chi è lo stronzo! - concluse determinato e offeso nella sua dignità il vigile Marra.
- Maledizione, Ë un casino - disse il dottore togliendo la comunicazione, alzando le gambe, divaricando le braccia e finendo a sedere per terra, giusto, sul souvenir animale che aveva dato inizio al qui pro quo.

- Ma guarda con chi mi sono messo - pensava preoccupato, dall'altro capo di una comunicazione GSM, il mittente del pacco sparito.

- Di sicuro Marra ha combinato un altro casino - pensarono all'unisono al comando dei vigili i colleghi che ricevettero la richiesta d'aiuto.

All'interno del capannone il nostro strabuzzava gli occhi trovando nella scatola contenuta nel pacco decine di bustine di polvere bianca sperdute in un mare di polvere di un caffè di ottima tostatura, tra l'altro, a giudicare dall'aroma!. Decise per prima cosa di prepararsi una corroborante bevanda per poi pensare alla mossa successiva.

Frattanto al di fuori del capannone un esercito di vigili cercava di dirimere una controversia assurda tra un dottore sporco che malediceva il giorno in cui il Padreterno aveva inventato i cani ed un collega che prendeva per offesa personale ogni singola parola che veniva pronunciata quale che ne fosse la fonte. Finirono tutti in caserma, il difficile fu convincere un frustratissimo e puzzolente Dr. Lo Rosso a sedersi sugli immacolati sedili di pelle bianca della sua BMW con a fianco il nauseato vigile Marra che, già di suo debole di stomaco, gli vomitò addosso non appena questi ebbe messo in moto.

A qualche centinaia di chilometri di distanza una brutta copia di Don Vito Corleone guardava animosamente il cellulare chiedendosi perché non si era accontentato di fare l'agente di commercio e si era invece lasciato irretire dai facili guadagni del mercato nero.

All'interno del capannone, bevuto il suo caffè, il nostro eroe aveva coraggiosamente aperto una delle bustine e saggiato con la punta della lingua il suo contenuto. Avendolo visto fare al cinema era convinto che questo bastasse per individuare la natura della sostanza, ma riuscì a ricavarne soltanto un sapore di fiele che ci mise molto poco ad attanagliargli la gola. Lo attenuò solo scolandosi l'intera moka di caffè e fu per merito della caffeina se, infine, gli balenò l'idea di cercare una qualche scritta sulle bustine stesse.
- Morfatostatina, - lesse tra sè - grammi 5, lotto 638, scadenza 15\09\2020. - In un baleno tutte le notizie e polemiche di cui aveva letto sui giornali e sentito in televisione gli ritornarono alla mente e realizzò che se quella roba valeva davvero duecento euro il grammo, in quella scatola c'era una fortuna. Aveva sospettato che fosse eroina o una qualche droga di altro genere, ma cosÏ, la faccenda pur essendo illegale, non doveva essere molto pericolosa. In fondo qui, al massimo si trattava di persone, medici forse, che avevano deciso di arricchirsi facendo un po' di mercato nero e se così stavano le cose, che male c'era se ne traeva un qualche guadagno per sé? Raccolse tutte le bustine, cinquanta in tutto e distribuitele nelle varie tasche, cercò di richiudere il pacco in maniera che non ci si accorgesse che era stato manomesso, poi si accinse allegramente ad attendere l'orario di chiusura fantasticando su di un futuro da bel attore cinematografico.

Era sera inoltrata quando, finalmente, il Dottor Lo Rosso era riuscito a venir fuori dal comando dei vigili urbani. La paura di restare bloccato per chissà quanto tempo, lo aveva fatto passare da una rabbia incontrollabile ad una umile sottomissione al potere costituito che aveva sorpreso l'intero corpo di polizia urbana, suscitando nel solito Marra anche qualche vago ed indefinito sospetto. Lui, però, aveva potuto fornire ampie spiegazioni sui perché del suo comportamento ed alla fine gli avevano prestato anche un paio di pantaloni puliti, sebbene troppo larghi e corti per la sua misura. Adesso non puzzava più, ma la sua macchina sembrava ancora un letamaio.
Uscirono insieme: Marra diretto alla sua scassata cinquecento che un collega aveva riportato al comando e lui diretto al letamaio, entrambi indecisi sul da farsi, entrambi insoddisfatti di come erano andate le cose, entrambi rimuginanti propositi di feroci vendette l'uno nei confronti dell'altro e più in generale verso il mondo intero. In più il Dottor Lo Rosso desiderava ardentemente rifare quattro chiacchiere con quel bastardo di impiegato che proprio non lo convinceva, eh no!, proprio non lo convinceva.
Uno strano corteo si allontanò dalla caserma. Una puzzolente BMW rossa guidata da uno zuavo in giacca e cravatta seguita da una scassata cinquecento modello Pininfarina Abarth gialla e nera si avviarono l'una dietro l'altra verso nuove avventure.
Frattanto il nostro eroe, terminato il lavoro, con il suo tesoro in tasca si avviava verso casa; contemporaneamente il Don Vito in sedicesima a bordo della sua macchina era a metà strada tra la sua città ed il deposito ferroviario.
- Chi vuole vada, - pensava - chi non vuole mandi....! - e chilometro dopo chilometro filosofeggiava sul fatto che avrebbe fatto molto meglio a definire la transazione di persona per quanto, spedire un pacco in contrassegno, gli era sembrata la maniera più sicura per concludere un affare che di lecito non aveva proprio nulla e adesso il pacco era sparito, o forse no, c'era solo qualcuno che voleva fare il furbo. Forse il dottore, forse qualcun altro. Lo avrebbe scoperto e, per bacco, avrebbe ben tutelato i suoi interessi.
- Lasciate che arrivi......- pensava tra il minaccioso e l'auto rincuorante.
E nel frattempo …..
il nostro si accingeva ad una serata distratta davanti al televisore perso nelle sue fantasticherie e nei suoi progetti;
Il dottore, portata finalmente la macchina in un garage dove uno schifato addetto gli aveva assicurato un perfetto lavaggio con l'aggiunta di una grossa dose di acqua di colonia, si era ritirato in albergo per fare una profumatissima doccia e piani per il recupero del pacco che, era certo ormai, per qualche strano motivo quel deficiente di impiegato doveva aver imboscato da qualche parte;
fuori dell'albergo il vigile Marra si accingeva ad una sospettosa attesa mangiando una pizza fredda scomodamente seduto nella abarth gialla e nera che spiccava nel parcheggio semi vuoto dell'albergo per la sua normale eccentricità.

Spinte dal vento, qualche ora dopo, alcune foglie ingiallite si inseguivano nella notte in un carosello circolare illuminato dall'ondeggiante luce di un lampione. Nella notte l'intirizzito Marra cercava disperatamente di non addormentarsi sperando, nel contempo, inconsciamente di riuscirci proponendosi comunque di comprare appena possibile una auto che fosse anche solo di poco più comoda.
Don Vito, arrivato finalmente alla destinazione prefissata, cercava con impazienza di: trovare il deposito ferroviario; mettersi in contatto con il dr. Lo Rosso, il quale aveva pensato bene di spegnere il telefonino; rintracciarne almeno l'auto; trovare un albergo dove potersi riposare in attesa del giorno.
A casa sua il nostro eroe, addormentatosi sulla poltrona stava vivendo un incubo tremendo in cui un grosso bubbone maleodorante, a malapena trattenuto da una catena, cercava rabbiosamente di azzannarlo alla gola. Si svegliò fradicio di sudore determinato a rimettere tutto a posto e a far finta che tutto quello che riguardava quel pacco non fosse mai esistito. La mattina dopo avrebbe....; no, no, subito! lo avrebbe fatto subito. Aveva le chiavi e se qualcuno glie lo avesse chiesto, avrebbe ben saputo inventare una scusa: era diventato un maestro in questo ormai. Uscì per mettere in atto i suoi propositi.
Dei suoi tanti progetti Don Vito era riuscito solo nella ricerca dell'albergo che era l'unico esistente e quindi lo stesso dove aveva alloggiato il dottore e, siccome questi era stato l'ultimo ospite della giornata, il nome gli balzò agli occhi facendogli immediatamente cambiare i suoi piani: si diresse a passi da gigante alla camera della sua controparte deciso a buttarla giù dal letto. Volente o nolente!

Avvolto in calde lenzuola felpate, protetto da una soffice coperta, il dottore faceva due sogni distinti. Con l'emisfero destro era alle prese con quel bastardo di impiegato che voleva ostacolare i suoi propositi di arricchimento e si vedeva sbatterlo ripetutamente contro le pareti di quel maledetto ufficio fino a quando questi non confessava la sua colpa e gli restituiva finalmente il maltolto. Con l'emisfero sinistro si vedeva nella sua clinica, lussuosa, vista sul mare, non convenzionata S.S.N., selezionare i pazienti a cui destinare la morfatostatina in ragione del loro reddito e ad ogni dose corrispondeva un tintinnio di registratore di cassa: i due sogni combinandosi assieme sortivano una strana espressione sul suo viso che per metà era sorridente e per metà trucemente adirato; il tutto poi, combinandosi a livello gastrico con quella realtà che solo lui conosceva, stava lentamente riscatenando la sua ulcera. I crampi gastrici, un reflusso acido in gola e i decisi ed insistenti colpi alla porta finirono per ridestarlo da quello che era diventato un incubo doloroso.
- Un attimo, arrivo, - gli riuscì di dire prima di vomitare sul contenuto della sua valigia che sembrava messa lì a posto per quello scopo.
- Santissimo santo! – esclamò il Don Vito entrando - che puzza!, - aggiunse - sembra sia passato un cane con problemi intestinali in questa stanza.
Il dottor Lo Rosso gli vomitò sul panciotto di cachemire che era costato un occhio in una boutique di C.so Umberto a Napoli.
Dopo essersi ripuliti alla meglio e lavati, rinverdirono la loro non vecchissima conoscenza raccontandosi a vicenda, rispettivamente, l'uno i sospetti maturati, l'altro le preoccupazioni per aver fatto un investimento che rischiava di rivelarsi un grandissimo bidone:
- Sia chiaro dottore, - concluse il padrino evitando un ennesimo conato di vomito - che se ci sarà un perdente, quello non sarò io. O comunque non sarò il solo!.
- Questa la vedremo - pensava il dottore ingoiando l'ennesima pillola di omeprazolo nella speranza di calmare i crampi allo stomaco. Decisero alla fine che avrebbero fatto, insieme e
subito, una visita clandestina nel deposito ferroviario onde accertare, se non altro, la storia di quel impiegato: il quale poteva anche essere solo un deficiente, ma di contro poteva anche essere un furbo di tre cotte che, in un qualche modo, doveva aver intuito la possibilità di estorcere qualche lira di straforo.
Uscirono nel parcheggio dell'hotel che l'alba era ancora lontana.

Il vigile Marra in preda ormai ai primi sintomi di congelamento e con la leva del cambio che tentava ostinatamente di fargli una laparotomia esplorativa della cavità addominale, era riuscito finalmente ad abbracciare un Morfeo alquanto dispettoso che lo costringeva di tanto in tanto a subire traumi corneali da parte della luce del lampione ballerino. Durante l'ultimo di questi accidenti, la visione di uno zuavo in giacca e cravatta seguito da un orso tremante di freddo lo svegliò repentinamente e staccatosi a fatica dalla leva del cambio, ormai in simbiosi con il suo colon trasverso, si accinse a riprendere il suo pedinamento:
- Te la do io la BMW rossa fiammante, - pensava crudelmente faticando ad avviare il motore della sua FIAT - dove vai a quest'ora di notte, eh?; dove vai?. Bene, dove vai tu vengo anche io. E ti frego - si disse - vedrai se non ti frego... - sentenziò seguendoli a distanza di qualche decina di metri.

Il deposito ferroviario, normalmente deserto o quasi anche di giorno, stava per diventare il posto più affollato al mondo dopo la città di Hong Kong.

Il primo ad arrivare era stato il nostro eroe. Il suo piano, semplice e lineare, consisteva nel ritrovare il pacco maledetto, riaprirlo, sistemare le bustine nel caffè, richiuderlo alla meglio, metterlo nel suo sito originale, ritornarsene a casa da dove, il giorno dopo, darsi ammalato per almeno una settimana dimenticandosi dell'intera vicenda.
- E amen - chiocciò entrando furtivamente - Meglio lasciare accostata la porta farò prima quando esco. - Pensò poi, facendosi coraggio e inoltrandosi nel buio del locale.

Lasciata la macchina del padrino poco lontano, alcuni minuti dopo, si appropinquavano al deposito mittente e destinatario del pacco. Lo zuavo precedeva guardingo con, al seguito, l'orso tremante di freddo che ogni tanto gli strattonava la giacca chiedendogli in che modo sarebbero entrati, suggerendo alternative impossibili, rilanciando, rassegnato ma speranzoso, l'idea di accettare la perdita dividendola a metà.
Omettere il fatto che in questo modo lui avrebbe limitato di molto, ma di molto, i propri danni era in fondo un particolare secondario. Dopo un poco il dottore smise di ascoltarlo quasi deciso a mollarlo lì per ritornarsene alla sua clinica in riva al mare. Se almeno lo stomaco avesse cessato di fargli male; se almeno quel maledetto giorno in cui doveva discutere la tesi non avesse picchiato quel assistente antipatico, ora certo sarebbe stato in una situazione diversa. Di sicuro non avrebbe avuto l'ulcera e forse, avrebbe potuto essere anche un medico serio e non un ciarlatano che abusando del titolo, per quanto con maestria ormai, speculava sulle disgrazie della gente.
- Me ne vado - pensò, ma accortosi della porta appena accostata, la aprì cautamente e trascinandosi dietro la sua appendice si inoltrò con essa nel buio del locale

Il vigile Marra per poco non si fece scoprire quando, al seguito dell'altra macchina, arrivando nei pressi del deposito ferroviario, il motore della sua cinquecento cominciò a scoppiettare come un fuoco d'artificio la notte di capodanno. Credendo di risolvere la cosa estirpò letteralmente dal quadro la chiave di accensione riuscendo solo ad ottenere il completo grippaggio dei due pistoni e l'immediato arresto dell'autovettura. Bestemmiando come un ottomano dovette proseguire il pedinamento a piedi giungendo affannato e trafelato anch'egli all'ingresso di quello che gli sembrò un baratro nero carico di minacciosi pericoli.
- Ti frego - pensava avvicinandosi all'uscio - Ah se ti frego....! -

Il nostro era quasi arrivato in quell'angolo del deposito che considerava il suo ufficio privato quando aveva cominciato a sentire delle voci: dapprima sommesse poi più chiare e decise man mano che si avvicinavano all'ingresso; pentendosi settantasette volte sette di aver lasciato la porta socchiusa cercò a tentoni una cassa che sapeva essere vuota e vi ci si ficcò dentro con un balzo felino ed un atterraggio sul fondo tanto doloroso quanto rumoroso. L'inerzia dell'impatto fece rovesciare la cassa con un rumore di terremoto e fuoriuscire il nostro eroe che, rotolando rumorosamente su delle bottiglie che tintinnarono allegramente mentre si frantumavano, finì pesto e ammaccato tra una cassa di concime chimico e la parete di fondo del locale.

Immersi nel buio più scuro che entrambi ricordassero, il dottore e Don Vito cercavano di evitare ostacoli immaginari centrando puntualmente tutti gli spigoli che il Padreterno aveva creato emettendo perciò, in rapida successione, un insieme di - Ahi ! - - Maledizione ! - - Porco Giuda ! - e cosÏ via che si interruppero simultaneamente allo scoppio di una sinfonia di rumori improvvisi pochi metri davanti a loro.
Marra appena superata la soglia del deposito fu anche lui schoccato dall'improvviso fracasso e facendo un balzo indietro andò a sbattere ad una pila di cassette metalliche che precipitarono in un crescendo rossiniano di suoni e rumori di ogni genere. Il frastuono sembrò perpetuarsi all'infinito e nella sua eco si persero i disperati tentativi di ognuno che cercando di nascondersi voleva sottrarsi a quello che sembrava essere l'inizio del giudizio universale.

Il silenzio che ne seguì fu totale ed assoluto.
Un beep beep alternandosi ad una lucina rossa cominciò ad allertare la locale stazione di polizia ferroviaria dove il maresciallo di turno, stanco di una veglia noiosa e di routine, si accinse a fare un giro di perlustrazione benedicendo quel topo o quel gatto che gli forniva la scusa per uscire da quel ufficio puzzolente come una latrina di una stazione. Lui che aveva sempre sognato di emulare le imprese di Serpico era finito a sfrattare qualche barbone infreddolito che si infilava proditoriamente, il vigliacco, nelle sale di attesa per i passeggeri.
- Potessi tornare indietro... ! - pensò uscendo nella notte.

All'interno del capannone il nostro eroe, soffocato dalla paura e dalla puzza del concime chimico, respirava a malapena per evitare che qualcuno individuasse il suo nascondiglio;
il dottore ed il suo alter ego, separatisi nel buio, non avevano il coraggio di manifestare la loro posizione;
Marra, a cui in seguito all'insonnia ed all'urto era scoppiata un'emicrania di quelle da Guinnes dei primati, sbavando per il dolore e la rabbia, preso il coraggio a due mani si erse in tutta la sua maestosità e minacciando di aprire il fuoco alla cieca intimò al buio che gli stava di fronte di palesarsi nella sua fisicità quindi, fatto un passo avanti, scivolò su uno straccio unto e, cadendo all'indietro, sparò un colpo di pistola che si perse nell'eternit del tetto.
Lo sparo fu la goccia che fece traboccare il vaso della paura crescente in ognuno dei protagonisti della nostra storia per cui mentre il vigile Marra cercava di riprendersi dallo stato confusionale in cui era precipitato battendo la testa per terra, il nostro impiegato d'un balzo attraversava la vetrata che separava il capannone dall'ufficio prenotazione cuccette e, lasciata la busta di carta ecologica in cui aveva raggruppate le bustine di Morfatostatina, scavalcata la finestra del bagno di quel ufficio, si dileguava nell'alba imminente non senza pensare che lui non ce lo aveva un bagno a disposizione.
Contemporaneamente il dottore e don Vito si lanciavano all'unisono verso quella promessa di libertà rappresentata dalla luce che entrava dalla porta semi aperta; quindi dopo essere sbattuti l'uno contro l'altro, uscivano travolgendo il guardingo maresciallo appesantito nei riflessi dai troppi anni di vita d'ufficio. Raggiunsero alla velocità del suono la macchina e sgommando si diressero verso quel sicuro porto rappresentato dall'albergo da dove, nel giro
di qualche minuto, ripartirono ciascuno diretto al proprio luogo di provenienza. Separandosi non tralasciarono di lanciarsi vicendevolmente velate minacce ma, anche, promesse di futuri chiarimenti per più fortunati affari.

Un dolente vigile Marra ed un frastornato Maresciallo Lisapia, dopo aver corso il rischio di spararsi l'un l'altro, si scoprirono increduli che tutto ciò stava succedendo a loro in un capannone oramai illuminato dalla chiara luce del giorno che avanzava.
- Ma insomma, - chiedeva Lisapia - cosa diavolo Ë successo, come mai si trova qui, chi era quella gente, - incalzava perentorio - risponda.
- Lo frego..... - rispondeva Marra parlando a sé stesso più che al maresciallo - Lo frego!. - Poi accortosi finalmente della presenza dell'altro prese a raccontare tutta la storia:
- Bisogna avvertire il comando - concluse soddisfatto del ruolo di eroe che lo aspettava senza contare che forse gli sarebbe toccata anche una promozione, anzi ne era quasi certo.
Dal canto suo il Maresciallo che si rendeva conto del ruolo decisamente marginale che aveva avuto nell'intera vicenda, cercava di allungare i tempi per vedere se riusciva in qualche modo a ritagliarsi uno spazio per ricavarne una bella figura. Riuscì, alla fine, a convincere Marra che sarebbe stata un ottima cosa cercare di scoprire che cosa fosse che aveva attirato l'attenzione di quelle persone …
e fu così che iniziarono una solerte anche se poco convinta perquisizione del luogo del misfatto.
E fu così che insieme trovarono, appesa ad uno spuntone di vetro pendente da una porta sfondata, una busta ecologica.
E fu così che vi guardarono dentro.
E fu così che individuatone il contenuto, guardandosi negli occhi improvvisamente spiritati da raptus di varia ispirazione, come un sol uomo esclamarono :

- Maledetti gatti…, guarda che casino hanno combinato!..... -

CONTINUA?!.

No. La nostra storia finisce qui.

Però, per quanto ogni riferimento a fatti o a persone realmente esistenti sia puramente casuale è nella vita di tutti i giorni che essa diventa causale e continua.

Eccome se continua......!