... cipputi ... - di Francesco Briganti

22.02.2016 08:47

Avere quarant'anni per un calciatore è come per un operaio dei cantieri navali o di una miniera o di una industria siderurgica aver lavorato per un certo numero di anni.

Non si scatti subito sul'onda dell'indignazione, giacché so benissimo, che le due attività hanno una difformità di caratteristiche di vita e di condizioni, ognuna delle quali, da sola, basta ed avanza per far pendere il piatto di una qualsiasi bilancia a favore dei primi se si considerano i vantaggi e le retribuzioni ed a sfavore dei secondi se, invece, si considerano le condizioni generali e le relative conseguenze.

Se si considerano, però, le due professioni, dal punto di vista dell'attività lavorativa pura e semplice, si potrà convenire che, anche se in rapporti e per ragioni diverse, il fisico degli uni e degli altri ne risulterà logorato e, per i primi, in alcuni casi, compromesso seriamente in maniera simile e nefasta a quello della maggioranza dei secondi.

Il trovarci di fronte a delle retribuzioni faraoniche per i calciatori non dovrebbe essere ragione sufficiente a farci porre cinicamente di fronte alle storture del calcio o dello sport in generale. Tra le tante in essere quella dello sfruttamento degli organismi dei singoli spinto sino al parossismo con una conseguente mancanza di rispetto per il fisico e per la mente degli stessi.

Di certo si può convenire sul fatto che dai tempi in cui un ciclista, ad esempio, affermava all'arrivo " ... sono contento di essere arrivato uno ...", le cose sono effettivamente cambiate; c'è, nell'oggi, una maggiore auto considerazione degli atleti ed una loro ricerca ad una istruzione e cultura personale che li spinge ad essere protagonisti oltre che sui campi, sulle strade di gioco, ovunque e comunque considerate, anche nella vita extra sportiva; ma, e nonostante, resta il fatto oggettivo che, a prescindere dalle conquistate libertà sindacali e di categoria, essi vengono tutt'ora considerati e trattati come merci e come cose; forse consenzienti, ma comunque tali.

Ultimo esempio in ordine di tempo riportabile è quello che vede, in queste ore, protagonista Francesco Totti, atleta romano e della Roma calcio. Il suo essere uomo dedito con impegno e con sacrificio ad una professione che l'ha visto onorare con orgoglio continuato una maglia ed una tifoseria, avrebbero meritato, secondo me, un atteggiamento molto più serio e rispettoso da parte di coloro che anche dai suoi piedi hanno tratto vantaggi e/o soddisfazioni.

Ciò va detto, non solo per quei dirigenti societari ad aver appoggiato decisioni ad escludendum, ma anche, e forse sopra tutto, per quei tifosi che, beceri spettatori da Colosseo, ne hanno condannato lo sfogo schierandosi con chi non solo lo tratteneva in panchina, ma lo ha anche messo fuori squadra.

Quanto sopra e sin qui ha una spiccata corrispondenza con quanto si tenta di fare, in questopaese, nei confronti del lavoro in genere e di quello operaio e/o comunque subordinato in generale: ci sono governanti attesi alla mortificazione ed alla sotto valutazione dello stesso, ci sono mancanze di rispetto che, lungi dal restare eccezioni, stanno diventando regola e prerogativa a favore di chi è padrone o in qualsiasi modo si trovi a reggere le sorti di qualcosa e, ci sono percentuali di popolo che, continuando a credere che a loro non potrà mai capitare, supportano e convengono con costoro.

Dunque, il caso Totti, pur essendo un esempio dorato in un mondo splendente, ha la stessa valenza di chi si trovi nelle condizioni di un lavoratore qualsiasi alla mercé del padrone di turno. E' su questo che bisognerebbe riflettere ed è, anche da questi episodi, che ...

si potrebbe partire per inventarsi una riscossa.