… compagno di scuola … - di Francesco Briganti

11.04.2015 14:34

Questa è la storia di un disagio. Questa è la storia di vite insoddisfatte. Questa è la storia di un fallimento?.

In un film di Marco Risi, “Mary per sempre” si narrano e vicende di alcuni ragazzi in un carcere minorile; è un film da vedere, da capire al punto da farne spunto di riflessioni varie con conseguenti deduzioni e cambiamenti del proprio sé quando quelle deduzioni avessero sortito un qualche effetto. Nello scorrere della trama, ad un certo punto, uno dei protagonisti, siciliano della Vucciria, il film è ambientato a Palermo, dice una frase senza speranza che è uno dei cardini del film; dice … . No!, rimandiamo a dopo.

C’erano una volta delle vite e c’era un tempo passato; c’era una città che rinasceva dalle rovine della guerra, c’era un mare meraviglioso ancora con sparse qua e là delle navi semi affondate. C’era un paese intero in cui si trovava quella città così come molte altre ed in quel paese c’erano una atmosfera di quotidiano ed una spensieratezza da sopravvissuti che si respirava ad ogni angolo di strada, in ogni cittadino alle sue faccende, in ogni massaia alla propria casa, in ogni chiesa alle sue orazioni, in ogni istituzione impegnata a ricreare sé stessa, in ogni scuola dove, tra uno scapaccione giustamente assestato ed una carezza al momento giusto, si coltivavano quei germogli che si sarebbero voluti donne ed uomini del domani. Un domani che era l’orizzonte sicuro di tutti e di ciascuno giacché ognuno lo poteva vedere davanti a sé, nessuno lo giudicava irraggiungibile e ad ognuno era data una stessa possibilità di crescere e di diventare ciò che la propria indole, la propria voglia di cambiare suggeriva. Il “provaci … perché no?” come mantra a decretare una probabilità anche ai sogni!.

Questa è la storia di un disagio. Questa è la storia di vite insoddisfatte. Questa è la storia di un fallimento?.

C’erano una volta delle vite e c’era un tempo di mezzo; quei bambini di quella città sul mare e quelli di ogni altra città di quel paese erano cresciuti e diventati uomini e donne a sognare di cambiare il mondo. Avrebbero voluto un mondo di pace, un mondo senza guerre, senza distinzioni e senza discriminazioni, avrebbero voluto che almeno quel loro paese diventasse quel mondo diverso per il quale i loro nonni ed i loro genitori avevano combattuto. Era, però, quel tempo di mezzo, anche un tempo sornione e laido; era, quel tempo di mezzo, un tempo di sordide trame e di progetti nascosti, dove la rabbia e la vendetta di una sconfitta sacrosanta tramavano nel buio adoperando i più tristi sistemi a porre, gli uni contro gli altri, quegli stessi giovani che giocavano liberi per le strade nel tempo che fu. E ci furono scontri, e ci furono bombe, e ci furono assassini, fino a quando quella migliore gioventù non si rese conto di essere stata solo strumentalizzata, vilipesa e sfruttata per fini tanto squallidi quanto inconfessabili e allora tutto scemò, lentamente, con code ancor che dolorose, fino a scomparire del tutto, mentre non scompariva ed anzi ordiva altre e peggiori trame quella rabbia e quella vendetta a far rinascere morti appesi e filosofie maligne.

Questa è la storia di un disagio. Questa è la storia di vite insoddisfatte. Questa è la storia di un fallimento?.

Cerano una volta delle vite e c’è il tempo che è. La finanza figliastra degenere di economia e di padre cornuto che risponde al nome di “benedelpaese” ha sostituito le camice a colorarare le adunanze del sabato; quei bimbi del tempo che fu sono adesso un passato a sostenere un presente; sono le ultime sirene ad allarmare chi ancora voglia sentirle; sono coscienti di aver tradito sé stessi ognuno vendendosi a quella sottile ingordigia del possesso e del successo; sono quelli che non hanno saputo trasmettere alla loro discendenza quella smania di cambiamento che puntata ad bersaglio ne aveva colpito un altro facendo di loro quel che adesso sono; sono quelli che responsabili e finalmente consci non riescono più nemmeno a fare di loro stessi esempio a pungolare ed a risvegliare un mondo che va in catalessi continua senza reagire. Ad ogni giorno che passa minor tempo resta e nel frattempo nessuno di loro capisce e, facendolo, diffonde la speranza certezza che cambiare il mondo, ancora si potrebbe.

Questa è la storia di un disagio. Questa è la storia di vite insoddisfatte. Questa è la storia di un fallimento?.

C’erano una volta delle vita e ci sarà una volta il tempo che sarà; per ché questa è la storia di un disagio; perché questa è la storia di vite insoddisfatte; ma questa non è, ancora, la storia di un fallimento!.

Questa è la storia in cui la“Spes ultima dea” che ha cominciatocon il "domani è un altro giorno" e forse proprio nel tempo che fu, ad uccidere molto, molto lentamente nel nutrirsi e pascersi di quel tempo frenetico, fiducioso e forse felice, può ancora riscattare sé stessa e tutti coloro che in lei hanno creduto infondendo quel coraggio e quella consapevolezza che serve ai bimbi del tempo che fu, ai bimbi del tempo di mezzo e, oggi, “bimbicresciutiegiovani” per finalmente infilarsi negli ultimi spiragli rimasti; altrimenti questo sarà ...

" nu paese tintu ... " esattamente come il ragazzo protagonista di quel film.