Controllo Elettronico della Velocità - di Francesco Briganti

23.07.2013 19:56

Ho fatto parte, ai miei tempi, di lotta continua. Quando ero all’università, alcune ere fa, ero uno di quelli che sciarpa al viso ed eskimo, quando d’inverno, provvedevano al servizio d’ordine nei cortei e alla bisogna, prendevano e rendevano randellate. E’ successo qualche volta, così come è successo che una sera di un carnevale avessi uno scontro verbale con un capitano dei carabinieri che sosteneva di essere lo stato rimanendone molto sorpreso al mio “lei si sbaglia” perché “lo stato sono io” e lui solo un funzionario e per di più pagato. Erano anni in cui bastava molto meno per passare una notte in guardina e se ne scampai fu solo perché quella fiorentina piazza della repubblica era piena di compagni in festa e un atto di forza non sarebbe passato facilmente. Erano anni particolari; erano gli anni in cui si teorizzava la lotta armata e qualcuno la rendeva reale; quanto giustamente è difficile dirlo perché le aberrazioni e le brutture commesse in nome di un fantomatico tribunale del popolo furono tali e tante che il popolo stesso ben presto ne disconobbe anche solo l’ipotesi. A distanza di tanti anni, io che c’ero, ogni tanto parto per la tangente e ripenso. Mi tornano alla mente i discorsi in cui si teorizzava sulla sensibilizzazione delle masse, sulla dittatura democratica della Dc, su quella monetaria del capitalismo Fiat e delle altre grandi industrie: lo stato, allora, era un nemico per relata refero e per interposta persona e lo era solo per quelli che, estremisti convinti, seguivano un ‘idea portandola all’eccesso più duro e limite. Lo stato, allora, era per la stragrande maggioranza degli Italiani qualcosa da salvaguardare e da proteggere in quanto icona suprema della libertà e della sovranità di ognuno. A quei tempi, però, si giocava, sotto pelle, una partita sporca, infiltrazioni di anonime identità deviate, sia nella destra che nella sinistra, procurarono morti a decine, tutte inutili e sprecate, tra gli uni e gli altri e nella società civile; in quei giorni esisteva comunque un fermento nella società ben più funzionale di quello illegale e sovversivo che faceva si che quelle lotte progressiste raggiungessero comunque un risultato. Nessuno riuscirà mai a contraddirmi quando dico che ottennero più le sinistre all’opposizione di quanto mai riuscirebbe ad ottenere questa sinistra in mille anni di governo. Agli albori degli anni ottanta c’erano dei ruoli ben precisi; il padrone, la classe lavoratrice, la piccola e media borghesia e lo stato come intermediario ed infine, i pungoli estremi a far da boa di segnalazione per quelle derive che trascinavano fuori rotta e verso approdi sconosciuti. Oggi, non esiste più una destra perché non c’è più una sinistra; le differenze che allora caratterizzavano gli uni e gli altri oggi si identificano in sfumature che si perdono nella nuance di fondo ed è solo la personificazione degli interessi di questi o di quegli a determinare una diversa appartenenza. Non ci sono più ruoli, non esiste più una classe lavoratrice perché il lavoro non è più la cosa più importante da tutelare venendo sostituita dall’avere, comunque sia e quale che sia il modo; non esiste più il padrone perché ognuno è diventato padrone di qualcosa e quindi ricattabile per privazione avveniente; non esistono più giovani che, seppure sbagliando, si adoperino a far da pungolo allo stato e quest’ultimo è diventato il nemico di tutti e di ciascuno. La classe politica è staccata dalla realtà dei cittadini e continua, senza alcuna veste pratica, a sproloquiare su soluzioni impossibili a problemi che essa stessa ha creato e che essa stessa continua a pascere per non rendere edotti tutti della propria inconsistenza ed inesistenza. L’Italia è una repubblica da rifondare!, ma non attraverso voli pindarici di profeti o di rivoluzionari impossibili, quanto e piuttosto grazie a quella Costituzione che è ancora la migliore del mondo e la cui sacralità va osservata e semmai adeguata ai tempi senza per questo snaturarla. Sono convinto che una vera rivoluzione sarebbe possibile solo partendo dal gradino più basso del potere costituito, quello detenuto dai sindaci e dai loro consessi; questi, invece di riempire le strade di inutili e punitive colonnine elettroniche dovrebbero costringere lo stato ad una velocizzazione della propria funzione, rischiando anche in prima persona quando fosse necessario ed urgente. Insomma, il vecchio slogan “la fantasia al potere” non avrà mai più che oggi la sua definitiva consacrazione ed in questo che si vedono i politici ed i salvatori della patria: meglio un robin hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri piuttosto che un savonarola tutto anatemi e grida ottimo come valvola di sfogo, ma con poco realistico costrutto.