… dell’elmo di scipio … - di Francesco Briganti

02.06.2015 09:20

Tra le cose più esilaranti raccontate da un film comico, quella che si articolasse nei meandri dell’assurdo sarebbe, è, di certo la più divertente. Vedere un “CHI?” che, ad esempio, in un mondo alieno andasse in giro vestito da sera a parlare con dei minatori, ognuno allo stesso modo agghindato, in cerca del metallo più raro esistente nel mentre che si spaccia tale ricerca per opera di emancipazione di quello stesso mondo, sarebbe comico fino alle lacrime: ognuna amaramente sapida che fosse degli spettatori e/o di quel mondo.

Nessuno, quasi, crederebbe mai alla altruistica intenzione; quasi nessuno, con un minimo di cervello, penserebbe ad un transfert umanitario in quello spingersi nello spazio profondo; quasi nessuno riuscirebbe a non pensare al ritorno interessato di ogni minatore; quasi nessuno saprebbe ignorare il ricavo comunque di immagine, per quel “gerarca” in visita, che da quella immensa spesa avrebbe origine. Ecco scattare, perciò, la risata; per alcuni sardonica, per altri ironica, per i più semplici di beata soddisfazione nel vedere cotanto “personaggetto” fingersi minatore tra i minatori e dispensatore, non richiesto, di emancipazione.

Renzi in tuta mimetica a sancire la quarta festa del regno in quel Afganistan distrutto prima dai conquistatori succedutisi gli uni agli altri a cercare minerali rarissimi, quali che fossero in pratica ed in teorie, e poi da quegli autoctoni che integralisti e fondamentalisti prima beceramente sfruttati come alleati e, in un seguito non più utile, combattuti come nemici, ricorda molto la parodia di Charlie Chaplin quando impersona l’Adolf conquistatore del mondo.

Il bamboccione santifica sé stesso, ignorando lo sganassone appena beccato in patria (sic!), camuffandosi da soldato tra gli altri di ventura, offrendosi alle telecamere di regime, ai fotoreporter all’uopo remunerati, nella segreta speranza di un colpo di mano talebano a sancirne l’importanza. Il bamboccione spera, con quel suo gesto mediatico ed inutile, di accreditarsi al mondo come capo di stato, come temerario ed eroico politico, come l’uomo del potere che rischia parimenti ai propri militi. Non fosse che la sua presenza è in un’area del tutto priva di pericoli militari o terroristici, ai quali nessuno mai l’avrebbe esposto e non fosse per altro che di lui, del suo scalpo, militari avversi e/o terroristi seri non saprebbero che farsene non valendo egli e l’intera sua cricca lo spreco di una pallottola o di un colpo di cannone.

Dunque oggi è il due di giugno festa dell’ex Repubblica Italiana. Non è ancora sancita per legge la sua trasformazione in regno, ma dal secondo mandato di Giorgio 1° il partenope, preceduto dal colpo di mano del governo Monti e proseguito con i governi Letta e bamboccione, la cosa è oramai accettata da tutti e, quasi, da ognuno. Il due e tre giugno del 1946, sessantanove anni fa, si teneva il referendum per scegliere tra monarchia e repubblica. La cronaca ci racconta che vince il modello repubblicano; la storia ci dirà se fu una vittoria vera o fu una combine decisa a tavolino come sin da allora si mormorava nelle segrete stanze e tra gli addetti ai lavori. Quello che è certo sta nel fatto che visti i risultati dell’oggi quella data può dirsi non a sancire una vittoria, ma a decretare una sconfitta annunciata.

Quindi il due di giugno 2015. Non mi interessa assistere a parate militari; non volgerò lo sguardo al cielo a veder sfrecciare piloti, anche loro lautamente pagati, sulla testa di persone affaticate dall’accoppiare pranzo e cena, disperate per la vana ricerca di un lavoro, mortificate dall’approvvigionamento estemporaneo in qualche cassonetto dell’immondizia, indecise se farla finita subito o dopo la parata, disastrate dalla ignominia di una classe politica tanto auto referenziale quanto inutile e dannosa. Non guarderò le facce beote di vecchi generali, di ministri insulsi ed in mini gonna, di quel nuovo re, figlio dei tanti giochi a governare, che ha, subito, ringraziato tutti per la nomina con una firma ad una legge elettorale ennesima porcata della politica.

Lascerò scorrere il tempo subendo le facce estasiate del popolino, figli sulle spalle, a battere le mani alla lenta processione di armi distruttive, di soldati a parafrasare un passo dell’oca più tentato che riuscito, a benedire una finta maestria ed una potenza militare che, da Cucciolone in poi, sempre più costa miliardi e fa sorridere di scherno il mondo intero.

Altri soldi spesi per un nulla togliendoli ancora una volta dalle cose utili ed urgenti di cui questo paese avrebbe estremo bisogno. Noi, di cui nessuno al mondo si fida in campo militare, affamiamo un popolo, il nostro, pur di smentire quella sfiducia; andiamo a infondere democrazia quando non ne abbiamo per noi; ci illudiamo di avere una parte protagonista essendo tra gli ultimi dei comprimari. Novelli maramaldi di noi stessi ci lasciamo celebrare il nulla costituito nel mentre stesso che quel nulla subiamo ed accettiamo vigliaccamente.

Ed allora, bandiere a garrire al vento e il “fratelli de che” cantato ad inno per le prossime quattro cinque ore; poi, tutti a casa, si esce dal film e si torna alla vita reale.

Buon INDIPENDENCE DAY!