… di qualcosa un po’ … - di Francesco Briganti

05.08.2015 08:49

Nero!; di quello scuro lucido al punto da essere quasi riflettente. Cadenza tipicamente toscana in un italiano corrente e ben articolato; uno di quegli italiani di seconda o terza generazione che di diverso hanno soltanto una pelle più scura; a sentirlo, stando di spalle, mai e poi mai ti saresti meravigliato, come disattenzione vuole, del tutto. Cattolico; una catenina d’oro al collo con pendente una croce d’oro; a bere il proprio caffè così come tanti di noi fanno ogni mattina; affabile e amichevole come tutti siamo in un contesto, familiare o divenuto tale per frequentazione come può esserlo un bar ed i suoi avventori che d’abitudine si incontrano ogni volta.

E poi il suo dire; un particolare del suo ragionare liberamente: ” … non c’è lavoro per noi, perché non restano a casa loro visto che con i soldi che pagano per arrivare sin qui, lì camperebbero un anno?”. Da questo l’istintiva deduzione di classificarlo come uno dei tanti imbecilli, che bianchi o neri che fossero, sono sempre più frequenti tra gli italiani. Poi, la riflessione:” … già!, ma se hanno mille, a volte, duemila euro per una traversata, pericolosa, avventurosa, spesso fonte di morte e non di nuova vita, perché, comunque, si mettono in viaggio verso una meta che non li vuole, che è lontana dagli affetti e dai luoghi natii, dagli usi e dai costumi abitudinari, dalle proprie radici?.

Ognuno si dia la risposta che crede; per quanto mi riguarda, ed anche senza darmi risposta, solo per quella domanda meriterebbero di essere accolti come profughi e mai come clandestini.

Il Sud; il mio sud; la mia italianità; il mio essere un immigrato in una terra differente dalla mia. La scelta di abbandonare dei luoghi in cui sei cresciuto, che ami, che ti hanno dato gioie e dolori; nel mio caso anche un ritorno ad origini familiari che pur lontane nel tempo, mia nonna era senese, qualche genetica familiarità conservano. Comunque uno status da immigrato.

Quindi, istintiva diffidenza per chi accoglie e viene accolto; difficoltà a capire usi e costumi; integrazione lenta e non sempre a riuscirsi; solitudine amicale e nostalgia, a volte superabile a volte no: comunque uno sforzo reciproco e alla fine unificante quando ci fosse apertura mentale e sincerità di cuori. Non contano le gradazioni di un olivastro sudista più o meno accentuato, né la religione, la fede politica, la cadenza più o meno evidente; ragioni tutte che spingono la curiosità istintiva ed un certo interesse ad approfondire e, progressivamente, a lasciarsi andare ad un rapporto di normale e civile, quando non altro, convivenza.

L’iter semplice e consuetudinario che regola i rapporti umani ed allora quale è il perché ultimo che invece osta e favorisce il crescere dei Salvini e dei razzisti a prescindere?. Come succede che una pletora sempre maggiore di “genti”, dal nord al sud, si esprime come se i propri guai fossero generati da disgraziati o fortunati che cercano solo una vita diversa?

Altra domanda senza risposta o, forse, con troppe risposte. Giustificazioni, razionali e non, quante ne volete; nessuna che sia dirimente o comunque propedeutica ad una maturazione sociale o, semplicemente, umana. Di certo l’utilitarismo di chi, quale che sia la propria motivazione, sfrutta il sentimento, la paura, l’interesse privati a propri scopi di bottega o personali.

Io lo capisco, io lo racconto, io lo suggerisco. Molti concordano; alcuni condividono; altri si riconoscono in quel dire e ciò nonostante ognuno fatica ad essere, dopo l’istinto, conseguente ad esso. Il lavoro che scarseggia sempre più ed una crisi a mostrarsi senza una soluzione che sia differente dal cappio al collo per tutti, alla fine vince sul “ fai agli altri ciò che vorresti loro facessero a te” ed il “ mors tua vita mea” trionfa su tutto il resto.

Peccato che anche questa sia una pia illusione giacché quel detto popolare ha fatto più vittime dello zyclon B nei campi di sterminio.