... effetto farfalla … - di Francesco Briganti

06.08.2015 08:48

Quando di notte si dorme poco si pensa molto. Quando si pensa molto si finisce per porsi delle domande. Quando ci si pongono delle domande occorre che ci si dia delle risposte; quelle risposte non sempre rispecchiano quello che ci si aspettava. Quando questo succede diventano necessarie la massima onestà ed il più cinico disincanto nella disamina dei fatti, degli antefatti, delle conseguenze a questi ultimi lungo il cammino che ha portato alla notte insonne madre di quel pensare.

Nel corso di una vita ci si imbatte in incroci con strade che vanno in direzioni differenti; prendere l’una anziché l’altra può sembrare determinante, quando si considerasse solo la decisione del momento, ma in realtà affinché una vita fosse diversa da quella che si vive nel presente, occorrerebbe poter ritornare al primo di quegli incroci e, funzione dell’esperienza accumulata nel frattempo, decidere di seguire una via diversa da quella intrapresa quella prima volta. Nasce, però e subito, una difficoltà, giacché è presso che impossibile decidere con esattezza quale è stato il primo bivio determinante, infatti per quanto indietro si torni nel tempo, ci si accorgerà che si riscontra sempre qualcosa di anteriore che ci ha portati a quel punto e cosi risalendo nel passato si può giungere sino al momento della propria nascita arrivando alla conclusione finale che nulla di quanto si è fatto o si è scelto è vera funzione della propria volontà, ma è solo un aspetto, consolatorio, di un libero arbitrio che altro non è se non la scelta di un cammino verso un traguardo comunque già determinato e stabilito.

Dunque, non scegliamo di nascere, a parte casi più unici che rari, non scegliamo di morire e non scegliamo di essere quel che siamo o di arrivare dove siamo arrivati o arriveremo, quale che sia la meta raggiunta o ancora da raggiungere.

Volendo portare il discorso su di un piano religioso si potrebbe accusare un dio cinico e baro di distribuire carte truccate avendo deciso a priori chi ne usufruirà nel bene e chi nel male considerate, naturalmente, tutte le gradazioni possibili; disquisendone, invece, da un punto di vista estremamente fatalista si potrebbe incolpare il caso di ogni cosa a succedere e convincersi, perciò, nella immutabilità del divenire per quanto esso , invece, fosse cangiante e vario. Ne parlassimo seguendo un ottica sociale e politica la determinazione finale non potrebbe essere altra che: “ … chi è causa del suo mal pianga sé stesso” rinnegando e allo stesso tempo affermando quei presupposti di cui sopra. Considerazioni scientifiche non ammettono altra deduzione finale che si distolga dal principio di causa ed effetto, ma anche qui si ritorna, gioco forza, ad una causa primigenia a generare un effetto che ha generato un’altra causa che ha generato un altro effetto e così via: risalendole tutte si arriva di nuovo al big bang ed eccoci di nuovo a bomba nel dire che non c’è un momento di vera scelta volontaria.

Homo non arbiter fortunae suae sed libertus; l’uomo, quindi, non più padrone del suo destino, ma schiavo liberato a seguire una volontà non propria.

Sarebbe ben triste un mondo che fosse figlio di una evoluzione prevista della scimmia a scendere dall’albero; che avesse già considerato e deciso i ruoli del Cristo e di Giuda; che vedesse solo Colombo, e nessun altro possibile al posto suo, ad intraprendere viaggi di scoperta; che avesse già determinato la presa della Bastiglia o della rivoluzione d’ottobre o i morti di Hiroscima e Nagasaki; che sapesse già e fin dall’inizio dei tempi che nel 2015 un inetto e presuntuoso millantatore fiorentino reggesse le sorti, ed infierisse sulle stesse, di quasi sessanta milioni di italiani.

Sarebbe veramente lo spreco, dichiarato e sancito, di ogni respiro effettuato dalla nascita dell’universo ad oggi se ci dovessimo, quindi, rassegnare al fatto di non essere alto che stupide marionette e non entità libere e vere.

Sì, sarebbe molto triste!.

Ma se così non è, allora com’è che non riusciamo mai cambiare niente?.