… fate come dico e non come faccio … - di Francesco Briganti

13.09.2014 07:58

Nel mio paese circola una leggenda metropolitana che vede protagonista un avvocato. Costui, personaggio folcloristico e furbo, si rivolgeva ai clienti, affrontandone i problemi con due forme verbali ben precise: “ qui li fottiamo “ e “ qui ti fottono “ . Essendo, l’avvocato, professionista di gran parlantina, la distinzione rare volte veniva rilevata dal cliente già di per sé preoccupato e distratto dal motivo che l’aveva spinto su quella scomoda seggiola di uno studio legale.
Un minimo di attenzione, però, fa rilevare immediatamente che lì dove ci fosse da “ fottere ” a goderne erano entrambi, avvocato e cliente; laddove, viceversa, c’era da “ essere fottuti “ il malcapitato era solo il cliente. Il buon senso avrebbe voluto che di un tipo così si fosse stati alla larga se non altro perché evidente era ed è lo scarico di responsabilità che in tal modo si opera nei confronti di una sconfitta e l’intrinseca e sotto intesa partecipazione agli utili eventualmente ricavati da una vittoria certa.
Nonostante questa leggenda, però, l’avvocato, persona realmente esistita, godeva di fama di principe del foro ed aveva un portafogli clienti ben nutrito. A ben guardarsi in giro, oggi, non v’è politico che non adotti lo stesso metro; non v’è figura istituzionale che non lo imiti; non v’è personaggio pubblico che non ne abbia adottato il fare; non v’è cittadino di “questopaese” che non ne sia sistematicamente un seguace. Dal più alto in grado al più comune dei viandanti a percorrere l’iter quotidiano l’interesse di bottega, quale che sia, è prevalente su di ogni altra cosa; mi spingo a dire che persino un gesto di bontà, per quanto spontaneo e istintivo, se analizzato rivelerà, sotto sotto, un fine recondito e interessato: foga religiosa, autocompiacimento, edonismo narcisista, vocazione ad una santità etica e/o sociale; comunque sia la santità e la dannazione, con tutte le sfumature e le gradazioni a dividerle ed a congiungerle, come effetti e non come cause.
Fatte le debite ed innaturali eccezioni, considerazioni, valutazioni eccetera, eccetera, eccetera.

I marò ed i pescatori, il carabiniere ed il diciassettenne, il tifoso ucciso ed il suo assassino, l’orsa e la narcosi. Quattro vicende che spopolano in questi giorni nel nostro quotidiano.
Già datata, e da un po’, la vicenda indiana; un po’ meno quella romana, recente quella napoletana, recentissima quella trentina. Male e bene a confrontarsi, intrecciarsi, confondersi. Solita, invereconda, divisione tra innocentisti e colpevolisti contemporaneamente presenti nell’una e nell’altra valutazione; doppiezza di interpretazione in ognuno dei casi; impossibilità concreta di stabilire alla luce dei semplici accadimenti, cronologicamente e palesemente, esaminati dove sia la ragione e dove sia il torto e quando la ragione si è trasformata in torto mentre quest’ultimo passava alla ragione. La tendenza unanime è quella di appropriarsi di una verità, quale che fosse e predicarla comunque come l’unica vera e su quella e per quella battere la grancassa fino ad ottenere una convergenza di quante più anime è possibile.
Non riconosco in questi atteggiamenti nessuna vera esasperazione dell’animo; vi riconosco, invece, un desiderio di protagonismo spesso sottaciuto anche a sé stessi. Se non fosse così, e sia detto con tutto il rispetto anche per la povera orsa, figuriamoci per ognuno degli altri casi, quella stessa foga, quella stessa partecipazione, quella stessa indignazione e volontà di denuncia, sarebbero tutte ed ognuna ad occupare le piazze di “ questopaese ” riunite e decise a rivoltare nella spazzatura una situazione globale puzzolente e disastrante.

Non è così!.
Ed allora, perché io, o chiunque altro al mondo, dovrebbe credere, sinceramente, in un trasporto che si mostra massimo solo a compartimenti stagni?.

A me, personalmente, importa molto di più un anziano che scava tra i rifiuti, un giovane disilluso, un padre di famiglia alla fame, una realtà devastante nel suo complesso che un’orsa o dei violenti, ovunque fossero e comunque fossero, uccisori e/o uccisi.

Ma, tanto, a che serve?.