… gocce di memoria … - di Francesco Briganti

29.12.2015 10:07

A nord e a sud la spiaggia, ininterrotta, si perdeva in lontananza inerpicandosi quasi lasciva, ad est, in un pendio crescente di pini e di pioppi, così a formare una macchia mediterranea odorosa e fitta nel suo sottobosco. Il profumo intenso del mirto e del rosmarino calava a fiotti mischiandosi con l’alloro ed il ginepro; fusti alti sventolavano chiome frondose a cullarsi nella brezza marina che, iodata saliva su sino alla cima della scogliera; giù, qualche decina di metri più in basso, il bagnasciuga faceva da argine ad un mare poco profondo, ma di un azzurro intenso e cristallino nel quale, a qualche centinaio di metri dalla riva, un pezzo di terra troppo piccolo per assurgere al rango di isolotto, spezzava la linea dell’orizzonte nascondendo un sole deciso a spegnersi alle sue spalle.

A mezza costa tra il mare ed il pendio tronchi arsi dal sole e da mille falò notturni fungevano da panchina per chi avesse voluto godere dei colori di ogni tramonto: gabbiani stridenti, stanchi di facili menù da discariche, si tuffavano in cerca di pesci, anche per loro, oramai merce rara e preziosa. Più indietro, dove la spiaggia lasciava spazio alla pineta, una terrazza introduceva ad un locale, pugno di cemento nello stomaco della natura, ad eterna memoria dell’esistenza dell’uomo.

All’interno, tra gli altri, loro. Si erano trovati, dopo mille consci ed inconsci rinvii e finte e malcelate ignoranze, ad un tavolo di ristorante… quasi fosse una tappa dovuta, predestinata, scritta nella storia e nel tempo.

“ Cosa fai domani “ le aveva chiesto per telefono. “ Lavoro…, come al solito….”. “ Anche io ho molti impegni domani, ma… “ l’aveva interrotta spinto da coraggio improvviso, “… posso invitarti a pranzo?, facciamo due chiacchiere … prima di riprendere il lavoro…..”. Lei, titubante nel rispondere, pareva rendesse una sensazione di ritrosia, pareva timorosa di offrire spazi ad una sinergia carica di sviluppi sott’intesi, li temeva o li desiderava?; stette lì per negarsi, ma poi, quasi d’impulso e quasi fosse una liberazione, aveva accettato: “ Va bene, raggiungimi a … ho un appuntamento poco dopo pranzo però, quindi le chiacchiere saranno giusto un paio….” Parole disperanti pronunciate con un calore che apriva, però, infiniti orizzonti possibili. “ Mi troverai ad aspettarti... quando arrivi…, a domani….” concluse lui espirando più di sorpresa che di compiacimento. Interrotta la comunicazione era rimasto a guardare il telefono per qualche minuto senza sapere se ridere o piangere dalla gioia, “ domani … domani…” continuava a ripetersi “ domani…”

Il resto della giornata passò quasi senza che se ne rendesse conto.

Il ristorante apriva la sua terrazza sul mare ed offriva, nella inusueta giornata di sole di fine dicembre, un’atmosfera di tranquilla routine. Entrambi, quasi a seguito di un tacito accordo, erano arrivati ben prima dell’ora prestabilita, ciascuno adducendo una giustificazione palesemente estemporanea ed imbarazzata. Davanti ad un aperitivo colorato, pian piano, sciogliendo quel reciproco riserbo, avevano cominciato a raccontare e a raccontarsi, ben presto dimentichi persino del cameriere che, sorridente, eseguiva distratte ordinazioni. Più volte si sfiorarono le mani: mentre lui le versava del vino o lei gli passava il sale e tutte le volte gli occhi s’erano incontrati in un guardarsi reciproco che, mirabile visu, aveva fatto arrossire entrambi fino a farli scoppiare in una risata comune.

“ E’ bello sentirti ridere” le disse fissandone gli occhi di mare a sciorinare le sue melodie “ … quasi quanto guardarti…”. Mano nella mano si alzarono sazi del poco che avevano mangiato e del tanto della reciproca compagnia.

L’acciottolato levigato da più e più suole di scarpe. L’alito del pomeriggio inoltrato lavora ai fianchi la resistenza delle ultime foglie strenuamente decise a non lasciarsi morire; scompiglia i capelli dei coraggiosi che si vivono l’umido freddo di un inverno insolito e indeciso; cheta desideri e speranze e dolori e gioie: poche le ore di luce oramai.

Voci! … Voci si rincorrono nell’aria miste a rumori e suoni, testo della sinfonia, cacofonica e dissonante eppure melodia della natura nel suo divenire; sono vicine e pure lontane come quelle al di là della veranda di quel piccolo immenso terrazzo. Simbolo, quasi fosse l’ultimo, dei pochi polmoni tesi a lenire polveri fini che appestano il respiro dei vecchi e dei bambini. Di ognuno!.

L’orologio girava, ignorato, le sue lancette: continuarono a parlare seduti sulla terrazza dove, persi nel salmastro di un mare sempre più nervoso al calar della sera imminente, erano dimentichi di ogni altra esistenza che non fosse il loro ascoltarsi e guardarsi. Ebri, delle proprie voci più che delle parole. Scesero sulla spiaggia in una passeggiata che li vedeva ora vicini, sfiorasi delicatamente, ora lontani mentre si ritraevano all’onda e pur tesi a cercarsi subito dopo. Le insegnò a far rimbalzare i sassi sull’acqua; lei, allieva attenta di una miglior causa, gli sorrideva ad ogni tentativo riuscito. I lunghi capelli al vento, gli parlava della sua poca dimestichezza con il mare offrendosi oggetto alla sua delicata irrisione, quasi contenta che la prendesse un po’ in giro.

Parlarono per ore e senza accennare a quello che in realtà entrambi volevano dirsi. Le mani nelle mani unico segno di nuovi coscienti sentire, gli sguardi malinconici del dopo nell’essere allegri dell’ora. Spalla a spalla sedettero al tramonto ormai oltre l’orizzonte, entrambi in un silenzio crescente, quasi melanconia, all’aumentare del buio a spegnere gli ultimi rossastri bagliori . Si incamminarono sulla riva del mare incuranti dello sciabordio delle onde che impregnava loro d’acqua e di rena le scarpe. Vicini, tenendosi per mano, passo dopo passo, proseguirono una via fatta di silenzi e pensieri comuni, di frasi interrotte e di sospiri improvvisi, di sguardi a sfuggirsi e di mano a cercarsi … già preoccupati e desiderosi di un seguito che ancora non aveva avuto principio ... .

Nel parcheggio le auto li videro arrivare mano nella mano: attendevano, solitarie e testimoni, una promessa di pioggia da nuvole che, improvvise, correvano veloci lungo le strade del vento di ponente. Accarezzandole il viso ed i capelli poggiò teneramente le labbra sulle sue:

“ Hai un buon sapore di vaniglia “ le disse sorridendole “ fai attenzione nel guidare … ti prego”
“ Anche tu…” rispose arrossendo come una scolaretta al primo appuntamento.
“ ciao Principessa… a presto! ”.

Le due automobili si allontanarono in direzioni opposte ciascuna sognando e pregustando la strada che avrebbero avuto in comune.