… hermanos … - di Francesco Briganti

18.07.2015 08:24

Ieri sera. La trasmissione di Paragone su “La 7”. Tra gli altri due rappresentanti della specie “uomo”. Uno bianco, l’altra nera”. Uno dai caratteri somatici familiari ed usuali, l’altra con un sembiante ad esserlo meno per quanto prossimo a diventarlo. L’uno con una arroganza condivisibile nel merito del proprio dire, ma antipatica, l’altra con una arroganza antipatica, ma assolutamente giusta e funzione del cristiano sentire. Entrambi, però, tanto teorici quanto pragmatici, entrambi alieni alla sostanza di un problema, lo stesso, di cui entrambi, Salvini l’uno, Kyenge, l’altra, disquisivano: gli immigrati, i richiedenti asilo, i poveri dell’ultimo mondo, in una parola assurda e sbagliata, i clandestini.

Evtiamo subito il facile buonismo del “chi ha bisogno va aiutato” e risparmiamoci anche il “ anche noi siamo stati un popolo di emigranti” e la trita affermazione “ la mala gente sta dappertutto e noi italiani ne sappiamo qualcosa”. Tralasciamo, infine, anche il dubbio gusto del “… già, ma a casa loro a noi non permetterebbero di …”. Nel far questo, noi tutti, siamo sicuri di non ripetere all’infinito e senza conclusione alcuna, sempre le stesse medesime identiche cose, gli stessi argomenti pro e quelli contro, l’inutile farsa alla fine della quale chi è per strada all’addiaccio o al caldo più afoso, lì resta e chi s’è visto s’è visto. Chiediamoci, invece : “ mio fratello, è figlio unico?”.

L’ossimoro dialettico contenuto in quella domanda non è un semplice esercizio verbale; esso contiene il fondamento della vita di ogni giorno, la spiegazione al casino sociale variamente sparso per il mondo, l’insoddisfazione soggettiva di ognuno, quand’anche fosse mascherata dal benessere a mostrarsi, la sintesi finale di ogni onesto ragionamento fatto con sé stessi: “ SI’, mio fratello è figlio unico!”. I più cinici aggiungerebbero anche un “ … ed orfano dalla nascita”.

Io mi annovero, senza falsi pudori tra coloro che son più cinici e, per quanto abbia tonnellate d’amore da poter spendere verso il mondo che mi circonda, riconosco a mè stesso la proprietà, nel senso materiale del termine, di altrettante tonnellate di intolleranze, fastidiose idiosincrasie, discriminazioni irrealistiche, meschinità mal celate o sottaciute a me stesso; per cui fermo restando il sentire che mi spinge ad inviare un sms da due euro in aiuto a questo o a quello, so bene che già alla seconda richiesta il tutto mi provoca fastidio, mi induce a pensare a chi potrebbe fare e non fa, a chi dovrebbe fare e non fa, al fatto che donando tolgo a me ed ai miei figli, alla altrettanto reale e veritiera condizione di chi non dà perché proprio NON HA.

Che “questopaese” sia in una condizione disastrata non è un racconto del terrore; che otto milioni di persone su sessanta vivano una condizione di povertà avvertita e quattro di queste rispecchino la condizione di povertà assoluta è un dato statistico accertato; che la nostra Italia sia immersa nei prodromi di uno scontro sociale senza precedenti è cosa che anche i ciechi vedono ed i sordi ascoltano. Sono, QUESTI, tutti fatti non più da sottovalutare e, per questo, negare a sé stessi e/o agli altri che l’esodo verso questa terra non è più gestibile non è buonista E’ STUPIDO!.

Dunque siamo tutti nella condizione per la quale “… mio fratello è figlio unico!”. Ognuno di noi è soggetto ed oggetto di questa situazione e non basta, non serve, non risolve gridare a gran voce che siamo nelle mani di una classe governante incapace a risolvere questo come altri problemi. Non ci sono soluzioni percorribili da chi che sia dovesse un domani sostituirla o sovvertirla; almeno non ce ne sono di immediate che non includano una ulteriore guerra a generare derelitti qui e lì da dove questi figli unici partono disperati.

Questo ed ogni altro aspetto della nostra società, la loro semplificazione e soluzione, dipendono esclusivamente dalla risoluzione che ciascuno deve far sua nel comprendere che l’ora della delega a chi che sia non è più quella a scorrere sul nostro orologio. E’ il momento di chiarire a sé stessi che solo l’azione quotidiana di ognuno può essere risolutiva e dirimente e che ciascuno di noi corre il rischio di essere il “fratello unico ed orfano” di tutti gli altri e riconoscere che quando questo si fosse, io dico si sarà, avverato, per ognuno di quel "noi tutti" sarà, oramai, troppo tardi.

Pensateci: “ … mio fratello è figlio unico ed orfano …”; pensate al senso, al suo significato ultimo e forse capirete che chinarsi a fare solo una elemosina una tantum non è che il modo semplice e giusto per …

poi finire a stendere la propria mano.