... I N R I ... - di Francesco Briganti
La notte ha timbrato il proprio cartellino di fine turno stamane alle sei. Un pallore indeciso ha timidamente cercato di squarciare il buio venendone sconfitto all'inizio, ma, poi, ha lentamente e doverosamente trionfato; ora, circa un'ora dopo, il sole spunta dalla collina ad est e mi abbaglia attraverso il vetro smerigliato della finestra sul giardino. L'aria è fresca ed il cielo è terso. In lontananza un mare verde curato di fresco lascia appena intravedere la mano del contadino e sussurra placido allo scorrere tra i fili indistinti al soffio leggero della brezza; tutt'intorno al suo perimetro case coloniche sparse si svegliano pian piano al sabato di riposo, ognuna assaporando quelle ore distratte in divenire ed aliene ad un quotidiano sempre più difficile e disturbante.
In mezzo a quel mare, stamattina, quella che sembrava un blob nero e brulicante si muoveva disarmonicamente attorno a qualcosa. Non riuscivo a distinguere di che si trattasse, ma ne ho provato, istintivamente, un disgusto quasi genetico. C'era una frenesia convulsa che sembrava aumentare ed attenuarsi in una logica inesistente; senza pormi troppe incertezze mi sono avviato in quella direzione, dovevo aver ragione della cosa. Arrivato ad una ventina di passi di distanza quell'agitare indistinto s'è come bloccato all'improvviso per poi scoppiare in un indistinto aprirsi di uccelli in volo: uno stormo di corvi, neri come può esserlo la desolazione più estrema, banchettavano sul corpo di un qualcosa, altrettanto animale, di cui non c'era più sembianza alcuna. Un conato ha rovinato il piacere della precedente colazione.
Se fossi solo un po' più cinico e stronzo di quanto in realtà sono direi che la morte non è che una porta attraverso la quale chi resta passa da uno stato ad un altro. Lascerei alla filosofia ed alle credenze religiose il destino di chi muore e mi fermerei a considerare quello di coloro che rimangono.
Se fossi solo un po' più cinico e stronzo di quello che in realtà sono direi che se esiste un dio, quale che sia il suo nome, ha uno strano senso dell'umorismo ed una ben strana considerazione dei viventi se è vero come è vero che tra questi solo una piccola minoranza gode mentre, e decisamente, tutti gli altri sbattono sé stessi come sugheri tra le onde; direi che non esiste colpa che non sia già stata scontata in vita; direi che se non esiste un paradiso, lo si dovrebbe materialmente inventare quale risarcimento dovuto e non in quanto premio immaginario da conquistare.
Se fossi solo un po' più cinico e stronzo di quello che in realtà sono direi che morire a diciassette anni, in quel modo assurdo, in quella realtà, in questo contesto societario, in questa condizione di crisi, in questa incertezza del domani, non è assolutamente una tragedia, ma è una fortuna immensa. Una fortuna insperata per chi maledettamente colpito, per chi devastato e afflitto, per chi orgogliosamente disperato troverà in quella morte quel coraggio e quella ragione di esistere che altrimenti non avrebbe mai creduto di possedere.
Succederanno poche cose. Coloro che nell'oscurità di una caserma predicano l'inflessibilità e la necessità di dare degli esempi chiari e definitivi negheranno di aver mai dato ordini in tal senso; coloro che armati e stupidi, per quanto intelligenti fossero, obbediscono senza domandarsi mai quale interesse stanno curando, attraverseranno momenti difficili per poi essere promossi ad altro incarico; coloro che si struggono e piangono e si disperano, con ragione e con dolore vero, lancinante e straziante, alla fine si organizzeranno e combatteranno una battaglia legale sicuri di vincere, e vinceranno, dandosi un credo ed una fede legittima che avrebbero dovuto sentire, avere, sfruttare e seguire ancor prima di essere colpiti personalmente; coloro che devono pagare materialmente, unico ritorno possibile ad un dolore incancellabile, pagheranno immancabilmente non senza prima aver distratto, distolto, tergiversato senza costrutto e vergogna alcuna nel mentre, nel mentre che chi giace si disfa e chi vive si dà pace.
Se fossi solo un po' più cinico e stronzo di quel che in realtà sono direi che mai più quel ragazzino di diciassette anni avrebbe avuto una funzione da vivo migliore e maggiore di quella che avrà da morto. Direi che se solo Noi tutti fossimo solo un po' meno vigliacchi e tremebondi di quello che siamo non aspetteremmo tragedie immani per far seguire alla nostra disperazione quelle azioni e quei provvedimenti necessari a che una situazione mortificante e martirizzante diventi routine permanente; direi che tutto quello che succede, ogni cosa, non è altro che quello che inevitabilmente ci tocca per il nostro inutile esistere.
Se solo fossi un po' più cinico e stronzo ..., ma forse lo sono!.