I nostri padri … - di Francesco Briganti

15.08.2013 08:21

IL mio era del 24. Napoletano, primo di tredici figli, aveva, assieme al proprio padre e, naturalmente, assieme agli altri fratelli cui si poteva per età raggiunta delegare questa responsabilità, l’arduo compito di aiutare la famiglia. Mi hanno sempre affascinato i suoi racconti di come, aveva una patente C, nel guidare i camion americani riuscissero, lui e suoi tra parenti ed amici, a trasformare parte dei carici in fonte di sostentamento egoistico ed altruistico. Non era ladrocinio, era bisogno e del resto gli americani chiudevano tutti e due gli occhi non per stupidità, ma e forse, per conscia inconscia collaborazione !; ma non era quella la sua vita, né per educazione familiare, né per indole; per cui passata l’epoca dell’emergenza, come tutte le persone per bene, si diede da fare per cercarsi un lavoro. Cosa rara per quei tempi, aveva una cultura di scuola superiore e grazie a questo ed a studi di dattilografia, entrò come dattilografo nel “Giornale di Napoli” diventando poi correttore di bozze ed infine giornalista di cronaca, sportiva e non. Continuò ad aiutare in casa e nel contempo si “fece” una famiglia. A seguito dei capricci della proprietà il giornale chiuse e mio padre dovette ricominciare da capo. Tentarono, subito dopo, lui ed alcuni suoi colleghi di aprire un loto giornale, ma erano altri tempi e la cosa non riuscì; per cui, eclettico ed intraprendente qual’era, non alieno all’avventura, Luigi Briganti divenne ingegnere. Oh, non nel senso della laurea, ma piuttosto dovendosi occupare di impianti di irrigazione, vendita ed installazione, né studiò le informazioni necessarie per poter espletare con cognizione di causa e persino con maestria il proprio incarico. Ricordo, nel frattempo ero nato e cresciuto io, come la domenica mattina da Mondragone e dintorni, i contadini portassero a casa nostra fiaschi e di vino e mozzarelle come ringraziamento personale all’opera di mio padre. Non era, però, neanche quella la sua strada, per cui dopo qualche tempo assieme ad un fratello, zio Gennarino, intraprese l’attività di tipografo ed assieme raggiunsero anche degli ottimi risultati, sino a che, l’Italia è il paese delle crisi economiche ricorrenti, si separarono e l’intera nostra famiglia si trasferì in Calabria dove, da quell’uomo responsabile e “faticatore” qual’era, impiantò una attività commerciale che, tra alti e bassi, permise a noi tutti di vivere dignitosamente e con orgoglio il nuovo e definitivo indirizzo. A Lamezia Terme, già Nicastro, mio padre fu nel direttivo del partito comunista italiano; esperto di commercio fu segretario della Confersercenti ed ebbe contatti con tutte le personalità politiche del settore e del partito, compreso quel Berlinguer a cui assomigliava anche fisicamente e che venerava, cosa che ci ha trasmesso e che Enrico meritava ampiamente, come un’icona sacra. Arrivata l’età della pensione, fumando come un turco dall’età di nove anni, dalla sera alla mattina trasferì a me ed a mio fratello la sua attività commerciale e si dedicò solo alla politica fino a rimanerne disgustato e nauseato per tutti quegli intrallazzi e quei biechi giochi dietro le quinte che, esistenti già in quel partito in via di trasformazione, non gli piacevano ed a cui non aveva mai voluto partecipare e dai quali non aveva mai tratto vantaggi personali, né in quanto a cariche elettive né di ordine economico. Una cosa ricordo in particolare di quel periodo, non ha mai avuto alcuna stima per un deputato di allora, oggi alta carica dello stato. Arrivati a questo punto qualcuno si chiederà, se non lo ha già fatto, perché io mi sia dilungato a raccontare di mio padre; altri, forse, staranno dicendo a sé stessi : “ … embé?!, anche mio padre …”, ed io proprio a questo volevo arrivare e cioè al fatto che ciascuno di NOI può sempre essere fiero di ciò che i propri genitori hanno fatto della loro vita e dei loro trascorsi. Ciascuno di NOI sa, che quali che fossero le condizioni economiche, i propri genitori hanno fatto di tutto per rendersi degni di stima e di ricordo da parte dei loro discendenti attraverso una vita normale o di sacrifici o di agiatezza raggiunta e sudata in anni di lavoro e dedizione familiare. NOI tutti, quindi, SIAMO ORGOGLIOSI della nostra storia familiare ...; mi è permesso, per chiudere questo discorso, chiedermi se L’AVER GRAZIATO BERLUSCONI, una volta che lo avesse fatto, sarebbe motivo di vanto per i discendenti del PRESIDENTE NAPOLITANO?. Comunque la pensiate e la pensino loro stessi, IO CREDO di NO!. Una vergogna simile sarebbe, da sola, sufficiente a cancella poco che di buono anche Lui ha fatto!.