“Il Che“ … ovvero rivoluzionari d’oggi. - di Claudia Petrazzuolo

03.03.2013 12:27

Il nove ottobre 1967 moriva in Bolivia Ennesto Guevara de la Serna, medico professionista, rivoluzionario per ideali ed indole genetica; era detto il “ CHE “ per quella sua abitudine di usare questa allocuzione familiaristica nel richiamare in maniera confidenziale l’attenzione degli altri e dei suoi “COMPANEROS “ in particolare. A chi piacesse interessarsi del perché un eroe e protagonista della rivoluzione cubana, ministro di Fidel castro, morisse poi di imboscata e tradimento in quel della Bolivia, non ha che da sfogliare uno delle migliaia di libri che parlano di quest’uomo: di quest’UOMO!. Rivoluzionari si nasce e si diventa: si nasce perché la sensibilità innata di questi soggetti è talmente elevata che ogni bruttura, abuso, sopruso, prevaricazione, subornazione di, su, contro, ad altri da sé, dalla più piccola alla più grande, diventa qualcosa di intollerabile e da combattere. Il rivoluzionario genetico è un uomo che vive degli altri e per gli altri e, nella maggior parte dei casi, non ha un effettivo personale bisogno di ribellione; il professionista della ribellione è un parvenu allo stato ribelle; può divenirlo per sopraggiunte esigenze personali, per adesione ad una causa altrui, per un esercizio equestre cavalcante un disagio generale e crescente, per improvvisa autocoscienza, reale e sincera, di un bisogno di rinnovamento ed, infine, per un interesse futuribile quest’ultimo a volte confessabile, a volte no. Quanti dell’una categoria e quanti dell’altra siano i rivoluzionari presenti in Italia io credo sia impossibile dire; Ci sono stati periodi della nostra storia dove le condizioni socio politiche ambientali hanno spinto all’emersione esempi dell’una e dell’altra categoria, tra i primi sicuramente Garibaldi, sicuramente gli strenui primigeni oppositori al fascismo, tra i secondi i vari Cavour e le nostre formazioni partigiane: in un paese vigliacco, fondamentalmente prono al capo ed al padrone, gregge di pecore impaurite ed incapaci di difendere la propria stessa condizione e vita, c’è stato da sempre bisogno di qualcuno che si immolasse o che desse voce al disturbo generalizzato accodando alla propria urlante azione dapprima gli incoscienti, poi i meno pavidi, poi gli ignavi, quindi, quando il carro si prospettava essere vincente la quasi totalità di tutti gli altri. Come Giovan Battista Vico preannunciava nel “ … suo corsi e ricorsi della storia … “ tutto ciò si è ripetuto infinitamente in questo paese e, puntualmente, sta riaccadendo di nuovo!. Marzo 2013 ad elezioni avvenute, nel quadro politico esistente riscontriamo: uno sconfitto definitivo non più utilizzabile nemmeno come comparsa tecnica avendo egli sputtanato l’aurea che ne aveva consentito l’utilizzo; un perdente di successo che pur primo nei numeri non ne ha a sufficienza che per questuare a destra ed a manca ed, infine due rivoluzionari: uno perdente nei numeri nell’etica, nella morale, nell’intelligenza, ma sicuro imbonitore di folle, di semplici, di schiavi liberti e di parassiti pronti al servilismo ben pagato; l’altro in auge e sull’onda tsunaminca di una sin troppo scontata rabbia popolare figlia di una PERSECUZIONE sistemica e sistematica di un popolo oramai alle soglie della fame, quella vera!. Il primo è un opportunista egoista ed egocentrico, disposto ad ogni sacrificio dell’altrui genti e delle proprie pur di raggiungere e mantenere i suoi fini ed i suoi interessi; ha la faccia come il didietro ed il senso dello stato di un ameba autistica in preda al morbo di Alzheimer: è UN PERICOLOSO EVERSORE, un ducetto in fieri, un predestinato alla vendetta popolare. Il secondo ha iniziato il proprio percorso con il “ castigat ridendo mores “ di una classe politica inetta, insulsa, autoreferente e disonesta nella sua maggioranza; è divenuto protagonista visibile di un mormorio di fondo sino a farlo diventare un urlo di piazza devastante, destabilizzante al punto da innescare un cambiamento, al rischio anche del pur che sia, se non altro per manifesto abbandono ed incapacità ad un progetto serio del/dei nemico/i; da qui il suo grido di vittoria : “ ARRENDETEVI! “. Da qui l’inquietante stato di prona frustrazione non solo della vecchia politica, ma dell’intero paese che non vede, PERCHE’ NON SI VEDE, una soluzione possibile ai suoi problemi se non scegliendo una radicalizzazione ed un integralismo dell’una o dell’altra parte: una collaborazione a due o a più voci allungherebbe un’agonia in essere e quella sofferenza che ha dato numeri a ciascuno dei quattro poli di questi risultati. Il pericolo c’è ed è grandissimo: un popolo alla disperazione, una politica inesistente, una considerazione internazionale al livello della battuta e della derisione, due rivoluzionari (piccolo e nero l’uno; sincero (spero), ma integralista l’altro) a spartirsi un popolo … ecco che WEIMAR si avvicina sempre di più. Chiunque decida alla fine di sobbarcarsi l’onere di un governo!.