… il dire ed il fare … - di Francesco Briganti

30.09.2015 08:03

Due fatti due. Fatto A) Condizioni economiche internazionali, quali ad esempio il crollo del prezzo del greggio tra gli altri, rendono, in Italia, i fattori di crescita pari ad uno 0,7% con una tendenza al rialzo; Fatto B) Se tali condizioni non ci fossero, l’Italia sarebbe ancora in piena recessione. Deduzione conseguente è: “ … aiutati che Dio t’aiuta, ma fallo nella maniera giusta …”.

In questa situazione di “grazia ricevuta” l’economia italiana, comunque, pare trarre qualche beneficio; ma se è vero come è vero che il cosiddetto mercato del lavoro mostra segni di nuovi posti di lavoro è altrettanto vero che la novità di quell’incremento non sta nella caratteristica “nuovi”, ma e piuttosto nella “trasformazione” di vecchie assunzioni a tempo determinato diventate a tempo indeterminato nel mentre che i veri “nuovi” si contano nell’ordine delle poche centinaia . La cosa di per sé è, quindi, una miglioria relativa, giacché su ciascuna di esse pende la spada di Damocle della possibile ed incontrovertibile libertà di licenziamento; se poi a tutto ciò aggiungiamo che ognuna di essa costa, in termini economici e di liquidità, un mancato gettito fiscale, pari ai bonus promessi dal governo alle imprese, sarà proprio evidente a tutti che per il lavoro e per questo paese la notizia vera non è altro se non la cronaca di una vittoria di Pirro.

La Confesercenti rende noto che nei primi mesi di questo 2015 quarantamila esercizi commerciali hanno abbassato la serranda della propria attività per non riaprila il mattino dopo: 40.000 indotti di esse e 40.000 famiglie, mediamente mezzo milione di persone hanno visto liquefarsi come neve al sole la propria fonte di reddito andando ad accrescere la povertà avvertita e quella reale che, loro sì effettivamente, crescono in “questopaese” in progressione quasi geometrica.

Non è vero, perciò, che la disoccupazione diminuisce, non è vero, che le imprese commerciali si riprendono, non è vero che si viva una condizione di miglioria e non è vero, dunque ed infine, che l’Italia sia uscita dalla crisi o stia per farlo. Continua ad esser vero, invece, che per cinquantamila, mal contati, esodati ancora non c’è una soluzione, che migliaia di imprese ancora attendono il pagamento da uno stato imbroglione, che la povera gente sta sempre peggio in funzione dei continui tagli ai servizi, che non ci sono tagli agli spechi ed anzi questi vengono incrementati, che la casta non affronta nessun tipo di sacrificio, che la politica di tutto si occupa tranne che del benessere di un popolo sempre più abbandonato a sé stesso ed in preda ad uno sconforto profondo.

In questo quadro generale il regime, giacché di questo oramai si tratta, lubrifica a dovere la macchina della propaganda e magnifica realtà inesistenti; cura sino al parossismo il look dell’apparire mostrandosi alla recita dei talk show secondo un copione ben imparato da ciascun teatrante e curato sin nelle mimiche smorfie di ciascun protagonista del momento; imbroda sé stesso lodandosi di continuo e alzando, ogni volta, l’asticella “ delle promesse e dei faremo “ a fronte di un presente tutto atteso a realizzazioni di cambiamenti ognuno diretto verso uno scopo ben preciso: quello di rendere il potere per il potere, chiunque fosse a gestirlo, franco da ogni controllo e perpetuo nel suo essere.

Nel mentre che il “duce da paese dei campanelli” di nascita gigliata si spara all’Onu la posa del condottiero pronto a guidare una invasione della Libia, tra le risatine generali di chi crede di conoscere la maestria degli italiani; nel mentre che il bamboccio fiorentino urla all’Europa di farsi “icazzisuoi” e promette l’abolizione della tassa sulla casa, comunque essa si chiami; nel mentre che il putto gigliato preferisce continuare a mortificare il lavoro anziché facilitarne lo sviluppo abolendo o almeno diminuendo le tasse che lo mortificano e lo sviliscono; nel mentre che ci si avvia ad una sofferenza crescente sin già dalla metà della seconda settimana del mese, ecco che il “sogno americano” più frequente tra gli italiani è quello di potersi esprimere in libere elezioni per gridare al mondo intero quanto ne abbia pieni i coglioni di una situazione ogni giorno più insostenibile.

Quelle elezioni, se e quando ci saranno, comunque e si sappia, chiunque fosse a vincerle, non cambieranno la situazione giacché nessuno degli aspiranti al soglio presidenziale ha e/o avrà una bacchetta magica atta a risolvere, a meno che davvero quel colui non fosse capace di rivoltare “questopaese” e “questipaesani” come si farebbe con un calzino sporco, liso e sdrucito.

Intanto, come tal Benito di funesta memoria insegnò a suo tempo, il giovin lestofante viola continua a spostare, quotidianamente, le solite poche, smagrite, vacche italiche da un pascolo all’altro per illudere i beoti, i servi genetici e ciascuno a volersi illudere di essere …

un ricco ranchero sudamericano!.