… il LUPI perde il pelo, ma non l’indole in camicia … - di Francesco Briganti
Il diritto di sciopero (1) si esercita (2) (3) nell'ambito delle leggi che lo regolano (4) [c.p. 503 ss.]. (art.40 Costituzione)
Note
(1) Lo sciopero, in quanto diritto, va collocato fra i diritti soggettivi pubblici di libertà e trova tutela anche a livello sovranazionale, precisamente nell'art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Come diritto di libertà, esso opera nei rapporti tra lavoratori scioperanti e Stato, nel senso che quest'ultimo non può vietare o punire l'astensione collettiva dal lavoro né può emanare leggi che, comunque, contrastino con il diritto di sciopero (CALAMANDREI). Come diritto soggettivo, lo sciopero esplica i suoi effetti nei rapporti tra lavoratori-scioperanti e datori di lavoro: tale efficacia ha trovato conferma nella stessa legislazione, e più precisamente dapprima nella legge 604/66, che ha dichiarato nullo il licenziamento determinato dalla partecipazione ad attività sindacale e, quindi, allo sciopero, e successivamente nello Statuto dei lavoratori (artt. 15, 16 e 28).
(2) La titolarità del diritto di sciopero va attribuita al singolo prestatore di lavoro (sia pubblico che privato), il quale lo può esercitare senza alcun benestare sindacale. Se però si tiene conto della prassi sindacale, si deve convenire che, in sostanza, tale diritto si configura come individuale quanto alla sua titolarità, ma collettivo quanto al suo esercizio e innanzitutto al suo riconoscimento. Pertanto solo l'abbandono collettivo dal posto di lavoro di una pluralità di lavoratori (sufficientemente consistente) può qualificarsi come esercizio del diritto di sciopero, per realizzare i fini per i quali è proclamato. Si ricordi che è inammissibile lo sciopero per alcune categorie di lavoratori, quali i militari e le forze di polizia, per il fatto che la loro astensione dal lavoro può ledere altri beni costituzionalmente protetti (libertà, integrità fisica, difesa della Nazione etc.).
(3) Poiché lo sciopero è un diritto costituzionalmente garantito, il suo esercizio da parte del lavoratore costituisce un fatto giuridicamente lecito, da cui non può derivare alcuna responsabilità contrattuale nei confronti del datore di lavoro. Con lo sciopero si ha soltanto la sospensione bilaterale delle due prestazioni fondamentali del rapporto di lavoro, e cioè la prestazione di lavoro da parte del lavoratore e quella della corresponsione della retribuzione da parte del datore.
(4) Per oltre un quarantennio (dal 1948 fino alla emanazione della legge n. 146/1990 sulla disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali) lo Stato non ha emanato alcun provvedimento, di carattere generale, sui limiti di esercizio del diritto di sciopero, a causa della forte opposizione dei sindacati, ricreando così la stessa situazione di inerzia già riscontratasi per il procedimento di registrazione [v. 39] dei sindacati. A seguito delle sfavorevoli reazioni dell'opinione pubblica nei confronti di alcune forme di sciopero nel campo dei servizi pubblici essenziali, è sorta l'esigenza di un'autoregolamentazione (congruo preavviso, garanzie di un minimo di funzionalità dei servizi etc.) dell'esercizio del diritto di sciopero. La tecnica dell'autoregolamentazione si è rivelata, nella pratica, fallimentare, anche a causa del disaccordo tra le diverse organizzazioni sindacali. Così si è giunti, non senza contrasto, alla legge 146/90, che costituisce il primo provvedimento organico di regolamentazione del diritto di sciopero nel nostro Paese. Anche se conmotivazioni di pubblico interesse e limitatamente ai soli servizi pubblici essenziali (cioè sanità, igiene pubblica, protezione civile, raccolta rifiuti, approvvigionamento di beni di prima necessità, trasporti, telefoni, poste, istruzione etc.), si è incontestabilmente affermato il principio della limitazione «regolamentata» del diritto di sciopero, affinché esso non contrasti con il godimento di altri diritti costituzionalmente tutelati (alla libertà di circolazione, alla vita, allasalute, all'assistenza sociale etc.). In caso di violazione, vige il diritto da parte del Governo di precettazione, cioè l'ordine obbligatorio ai lavoratori di prestare la propria opera anche se è stato proclamato lo sciopero. La L. 83/2000 ha modificato la disciplina originaria della L. 146/90. Essa ha tra l'altro rafforzato l'apparato sanzionatorio e affinato la disciplina della precettazione. Il campo di applicazione della legge, inizialmente relativo ai soli lavoratori subordinati, è stato esteso alla quasi totalità dei liberi professionisti, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori. “
A ciascuno il suo; al buon Maurizio, ministro di questo governo di questa sinistra RETTO DA QUEL DUCETTO in sedicesima, l’arroganza, OGGI, della precettazione …
DOMANI?