Il mio cane … - di Francesco Briganti

19.07.2013 07:45

Ho un dobermann. Non è un esemplare di quelli altezzosi, coda ed orecchie tagliate, che quando ti guardano sembrano vogliano prenderti le misure per poi decidere dove affondare i propri denti. E’ slanciato come tutti quelli della sua razza, ma pacioso, un po’ fesso e assolutamente disposto a vendersi il mondo per un tozzo di pane duro da sgranocchiare festante e guardandoti di sottecchi nel mentre che scodinzola come un pazzo. Ha un pedigree di tutto riguardo e risponde al nome imponente di Douglas Fayrbanks terzo. E’ un dobermann Isabella o dobermann Blu, una specie non ancora completamente codificata, ma assolutamente pura nella sua genia. Non è di colore nero, ma piuttosto di uno champagne omogeneo. Nell’ambito della nostra famiglia, dopo svariati tentativi di assumere un ruolo preminente, ha capito che il capobranco sono io e che il suo ruolo è quello di facente parte ma con la specializzazione alla guardia del territorio a lui affidato. Si muove liberamente nel giardino, lungo la terrazza che gira intorno all’abitazione ed abbaia soltanto nei casi in cui qualche estraneo si avvicini oltre misura o qualche gatto o talpa sfidi la sua funzione:giurerebbe sulla verginità di una nipote marocchina se io glielo chiedessi. Non ama le novità, ma, per quanto molto attento ai miei moniti, non esita a sgroppate volenterosse e indipendentiste quando, a cancello dimenticato aperto, riuscisse a prendersi una qualche mezz’ora di evasione. Torna. Ogni volta ritorna con quella espressione soddisfatta di chi ha contribuito all’incremento dei bastardi sulla faccia della terra. Si paralizza letteralmente quando io dovessi puntargli, appoggiandoglielo con una certa pressione, l’indice tra gli occhi. Sia ben chiaro, non è una marionetta disposta sempre e comunque a subire; lancia, di tanto in tanto, qualche sommesso ringhio e, talvolta, tra il serio ed il faceto, discute animatamente con mio figlio: mordicchia, finge di assalirlo, poi si allontana per ritornare, correndo all’impazzata come per aggredirlo, fermandosi a pochi centimetri col fare di quello che “ potrei!, ma poi chi me lo passa il pastone?” ed infatti, subito dopo volge lo sguardo alla ciotola e, lingua a passare sulla bocca, inghiotte a vuoto quasi preda di gastronomiche memorie. Adora gli ossi, sopra ogni altro, quelli di ginocchio sui quali arrota i denti con una rumore sordo che sembra avvisare ognuno con un “… attenzione, perché sono una forza della natura … e se solo me lo permettessero, il mondo lo aggiusterei io!”. Non disdegna la compagnia dei suoi simili, associa in giochi estemporanei quei suoi colleghi di specie, anche se di razza differente quando, liberi nei prati, si rendesse necessario fare gruppo per una ragione, incomprensibile ai più, di interesse comune anche fingendo, in qualche occasione, profferte di amicizia in realta sottese al proprio tornaconto momentaneo. Mantiene un ruolo di leadership pur entrando in un improvvisato branco, in cui l’evidenza nascosta è quella di un capo dietro le frasche ad abbaiare l’ultima parola. Gli voglio bene, si può dire che lo visto nascere e crescere peraltro non sempre condividendone le manifestazioni, più volte, anzi, venendone costretto a decisi e perentori richiami all’ordine ed all’obbedienza; ma ho imparato che i cani sono animali affettuosi però un po’ vigliacchi e maramaldi e non disdegnano di leccare la mano a chi dovesse dar loro da mangiare o carezzarli per il verso giusto, per cui lo tengo sempre a guinzaglio corto e sotto stretto controllo non fidandomi mai completamente della sua dirittura etico morale canina. Ultimamente i suoi comportamenti hanno un che di strano e confuso, gira spesso attorno al proprio asse tentando di mordersi la coda, lancia guaiti improvvisi al mondo e sembra soffrire di personalità multiple dall’insofferente al collaborazionista, dal disposto al sacrificio all’irredentista ad oltranza. Ne ho parlato con il veterinario, profondo psicologo canino, il quale previo compenso del 25% delle mie sostanze, mi ha suggerito di cambiargli nome: “ lo chiami PD …” mi ha detto “ … vedrà, ritroverà la sua normalità!. Absit iniuria verbis.