… il piave mormorò … - di Francesco Briganti

16.08.2015 09:12

Tre vicende tre. 8 settembre, il vaffanculo di Salvini ai vescovi, altri 40 morti tra i migranti.

La meno importante: A ponte di legno, ridente località del nord, al raduno leghista, un fascista di nuovo corso ha dedicato parte del suo tempo a stigmatizzare il dire dei prelati della chiesa cattolica. Siccome né Salvini, né i vescovi sono, per me, di particolare interesse, ne parlo solo perché la vicenda mi ha ricordato una bazelletta datata e risentita più volte; questa. Per strada si incontrano due amici, poco udenti entrambi. L’uno dice all’altro : “ vado al cinema, vieni?” “ No! “ risponde l’altro “ io vado al cinema “ ed il primo ancora “ AH!, pensavo volessi venire al cinema …! “.

Così come tra i due amici suddetti, tra salvini ed i Vescovi italiani c’è un completo disinteresse di ciò che l’uno dice all’altro; disinteresse che non è funzione di un andicap di qualche genere, ma rappresentazione mediatica di un ruolo ipocrita, quello del difensore dei diritti di una nazione inesistente, sia essa la padania o quest’italia, il salvini e quello di un amore cristiano, i vescovi, che in tutt’altre vicende è totalmente inesistente. Solo per fare qualche esempio, la tutela dei privilegi della chiesa, l’omertà sulla pedofilia, lo ior, la benedizione di armi ed eserciti, e la ricchezza e l’opulenza a fare da contraltare a Gesù Cristo ed alla sua fede.

L’otto settembre del 1943, settantadue anni e tre generazioni fa, quattro se si considera quella che allora aveva venti, venticinque anni, il generale Badoglio annunciava urbi et orbi che la patria in armi aveva sottoscritto la resa agli anglo americani e, dunque, tutti coloro che ancora li avessero combattuti diventavano fuorilegge e traditori della patria. Scrive E. Scalfari stamani e come credo tutti sappiano, la patria di Badoglio in quel momento era costituita solo da parte dell’Italia, quella relativa al centro sud. Nasceva così, al nord, la guerra partigiana, l’unica che, nonostante le strategie guerriere degli alleati che avrebbero preferito mantenere occupate le forze tedesche al di sopra della linea gotica, fu la vera protagonista della sconfitta del nazi fascismo sul suolo italiano.

Ne parlo, in anticipo rispetto alle celebrazioni annuali e di rito, per due motivi: a) perché ancora una volta riuscimmo a sancire il nostro essere, finalmente e per una volta a ragion veduta, dei voltagabbana scendendo ulteriormente nella considerazione del mondo e b) perché, come ricorda Scalfari, l’otto settembre di quest’anno l’aula del senato riaprirà, dopo le meritate (?) vacanze estive ridiscutendo sul proprio suicidio.

Per ordine di Renzi e dei suoi accoliti e seguaci sembra quasi un de profundis sbeffeggiante che proprio in quella data si discuta del secondo passo, primo l’italicum, per uccidere la nostra Costituzione; in quella data si compirà, o si comincerà a dare un valido contributo, alla restaurazione di ciò che i partigiani, con sacrifici e sangue, avevano sconfitto. Entreremo, di fatto, nella seconda metà del quarto anno della nuova era fascista e di questo dobbiamo ringraziare il cerchiobottista re giorgio primo (il minuscolo è d’obbligo) e tutti coloro che gli si sono asserviti.

Ogni giorno muoiono nel mondo miliardi di persone: vecchiaia, malattie, condizioni penose ed affamanti, guerre, guerriglie, attentati, criminalità, stupidi fanatismi sono le cause più frequenti. Siamo, perciò, abituati alla morte e se essa non riguarda qualcuno che ci è particolarmente vicino ed amiamo la cosa ci lascia più o meno indifferenti. Questo non giacché la morte è, in fondo, parte della vita, ma perché essa è meglio sia capitata ad altri anziché a noi. Siamo troppo occupati dalle preoccupazioni del presente, dagli svaghi a risollevare un quotidiano sempre meno possibile; siamo assuefatti al sangue che scorre a litri nei film, nella cronaca e persino nei videogiochi che regaliamo ai nostri figli.

La sensibilità di ciascuno ha una soglia di tolleranza sempre più alta e dunque si ignora, si fa di necessità, di non soffrire oltre, cinica virtù. Tutto questo si vanifica, però, quando a morire sono dei personaggi famosi o dei migranti. In questi due casi è un correre generale a partecipare al cordoglio, a mostrarsi contriti e fraterni, a dichiarare al mondo il proprio pathos o lo sdegno genetico rispettivamente per il vip o per il povero cristo. Però, poi e nonostante, il primo sarà immediatamente sostituito e dimenticato nel proprio sentire da uno degli altri vips ancora vivi ed il secondo, quello non affogato, non asfissiato, non ucciso dagli stenti e dalla fame, diverrà un fastidio, un rapinatore d’occasioni, un lercio guerrafondaio a imporre le proprie abitudini ed i propri costumi nella patria di santa romana chiesa.

Ed eccoci al punto di unione delle tre vicende: la parola patria intesa come terra di un popolo CHE SIA TALE, come AFFERMAZIONE di un credo religioso comune, preponderante E NON IN CONTRADDIZIONE CON SE’ STESSO, come ricerca di una PACE e di una TRANQUILLITA’ impossibili nei luoghi di partenza. PATRIA!. In “questopaese” mai concetto fu più astratto, bistrattato, vilipeso e mortificato come quelli di patria, patriottismo, politica, etica e religione.

Niente di che. Siamo Italiani!.