… il processo del giorno dopo … - di Francesco Briganti

02.10.2015 08:48

La passione per il calcio è uno degli aspetti più (s)consolanti degli italiani. Gli uomini e sempre più donne attestano con la loro presenza negli stadi e con i dati auditel delle trasmissioni televisive che l’italiano è un popolo capace di un sentimento chiamato passione. I capannelli nei bar, sempre meno “dello sport” E SEMPRE PIU’ AGORA’ destinate al pubblico commento condiviso, rendono l’atmosfera che, nel bene e nel male, contribuisce a suggerire una partecipazione attiva a qualcosa ritenuta di interesse generale; un qualcosa che pur dividendo tra pro e/o contro si dimostra essere il collante necessario a che si discuta, ci si animi ed infervori, ci si senta parte attiva di una società. Niente di male, anzi è, senza dubbio alcuno, qualcosa di estremamente positivo. “ La libertà “ cantava un filosofo dei nostri tempi “ non è star sopra un albero, libertà è partecipazione … “.

I tifosi di una squadra hanno quella capacità di spesa e di pressione che induce molto spesso gli organi costituzionali, proprietari, direttivi e tecnici di una squadra a seguirne i desiderata, le pretese ondivaghe, le paturnie esagerate ed esagitate a mostrarsi in funzione di un andamento positivo o negativo conseguenza illogica non del piano programmatico e degli obiettivi da raggiungere, ma solo e soltanto dell’illusorio e temporaneo risultato di una partita al suo novantesimo minuto. Perciò molto spesso capita che, a seguire periodi negativi per risultati e punteggi, un allenatore venga sostituito, un presidente si dimetta, un calciatore venga messo in disparte o addirittura ceduto per andarsi a cercare altrove quelle fortune mancategli.

Dunque la “passione”, quel pathos che è espressione di sentimenti e perciò dell’essere vivi. La curva di uno stadio, l’affluenza allo stesso, la coreografia sempre immaginifica e folcloristica, le famiglie, i crocchi, gli sfottò, a volte crudeli e beceri, danno dimostrazione di un interesse condiviso e partecipato. In uno stadio di calcio, ma anche di qualsiasi alto sport, l’italiano dice a sé stesso ed al mondo “ eccoci, noi ci siamo!”. Persino, è proprio il caso di dirlo, quando gioca la nazionale, squadra a superare le divisioni “bandieristiche” e localizzate, l’italiano dimostra di essere vivo, di tenere al proprio paese, fa di una vittoria all’estero motivo di rivincita ed orgoglio per mesi ed anni, riscopre che sentirsi uniti è l’afflato necessario per diventare di fatto tutti fratelli.

L’italiano diventa quel patriota eroico famoso nel orbe terraqueo per essere un poeta, un cantante ed un navigatore. L’italiano riscopre in tutte queste occasioni il piacere dell’onore, della dignità, della lotta sia pure di complemento, dell’ansia del futuro, imminente ed in divenire, della consapevole di poter essere determinante nel succedersi delle cose.

Il patriota italiano, nello sport, è ponto in qualsiasi momento a trasformarsi in quel partigiano risolutivo che ridarà vigore e vita al proprio paese!.

E dunque, dove cazzo siete tutti, quando politici corrotti, collusi e senza palle

mandano affanculo la Vostra vita?.