… il ventre molle della vacca ( W. Churchill) … - di Francesco Briganti

19.04.2016 09:44

Voglio raccontar Vi una storia; riguarda le vicende di un popolo che attraverso i padri fondatori di uno stato repubblicano, antifascista e fondato sul lavoro, sognarono di costituire, e per questo si impegnarono, una unione sociale-politica-economica di più stati: l’Europa Unita, affinché mai più vi fossero guerre o lotte per la supremazia di un popolo su di un altro.

In quello stato, tutti avevano pari diritti, pari doveri e pari dignità senza distinzione alcuna e sempre in quello stato, per legge scritta e costituente, addirittura lo stato, nella istituzione dei propri governi, si impegnava a rimuovere ogni e tutte le cause ostative quei diritti, quei doveri, quella dignità, quelle pari opportunità di partecipazione e di miglioramento di ogni singola condizione; quello stato vantava di fronte al mondo intero, la COSTITUZIONE più bella mai scritta dalle origini delle società civili ad oggi.

Quel sogno si realizzò nel tempo, ma, il tempo, qualche volta non è galantuomo giacché risente delle atmosfere, dei momenti storici e, come scriveva Einstein, si piega alla potenza della gravità e quando questa si identifica con la finanza perché il momento e le atmosfere ne sono anch’esse influenzate, ecco che le vicende prendono una piega diversa da un sogno ed una unione, immaginata salvifica, diventa uno strumento sottaciuto, nascosto e determinante la supremazia di un popolo su di tutti gli altri: ne prevale la volontà sfacciata e la prepotenza; ne vince la superbia del nessuno come noi; ne attua pedissequamente quel rigore morale a fasi alterne del “è valido quando mi conviene”, “non lo è se non dovesse convenirmi”.

Condizione naturalmente riservata al cosiddetto “cerchio magico europeo”.

Geograficamente quello stato derivato da quella Costituzione così bella si identificava con la linea di confine tra quell’unione ed un continente classificato come terzo mondo per le sue povere condizioni, per le guerre che lo affliggevano, ma e sopra tutto, per lo sfruttamento che il primo, de che?, ed il secondo, de che che?, mondo ne avevano fatto in maniera cinica, assoluta ed egoistica senza ridistribuire alcunché di quello che in secoli di abuso avevano asportato.

Stanche delle proprie miserande condizioni le popolazioni di quel terzo mondo decidevano in quei tempi di tentar la fortuna raggiungendo le sponde di quello stato linea di confine senza tener in alcun conto, forse per non conoscenza o forse perché qualsiasi condizione era migliore della propria, che quella terra di confine, poteva, oramai considerarsi “terzo mondo” anch’essa ed anzi probabilmente tale era considerata dal resto dell’unione; quest’ultima a pretendere, a dirigere, a toglierne, passo dopo passo, la sovranità nazionale diritto insindacabile di quel popolo di quella terra di confine.

Capitava a quel tempo che un giovin signore fosse assurto, con i mezzi più subdoli e privi di scrupoli, al rango di padrone di un governo forte; lo era più in virtù di ricatti politici verso una casta imbelle che per forza propria, e tentasse di accreditarsi presso quella unione come l’uomo del rinnovamento e del domani; per farlo, quel giovin signore, non mancava mai di soggiacere agli ordini ed alle imposizioni che da quell’unione derivavano: l’unione aveva eletto a propria religione ufficiale quella a scendere dal dio denaro.

In quei particolari momenti, attraverso una fatina, tutta miele e nessuna esperienza, egli riusciva ad strappare dai sacerdoti di quel credo uno pseudo consenso ed una fittizia adesione ad una ridistribuzione tra stati della infinita massa di profughi che, oramai in modo non più gestibile, sbarcavano di continuo sulle coste di quella terra di confine. Sparsi un po’ dovunque su di essa quei malcapitati, divennero poco a poco, il bersaglio prediletto dei più biechi e oscuri tra i proci a pretendere il trono di quel giovin signore.

Costui, allora, per rintuzzarli parlò al proprio popolo e si vantò di quel successo, fece sì che ogni credulone lo adorasse ancora di più e ottenne, anche, che qualcuno tra quelli più scettici circa la sua valenza cominciasse a vacillare; il tutto era ammantato da una aura di successo, di soddisfazione e di sollievo; le fanfare risuonavano nelle televisioni e video del giovin facevano mostra della sua maestria esplicativa davanti ad una vecchia, obsoleta lavagna. Insomma si dava agio ad un accrescersi di consensi che lusingava ed accresceva la vanagloria di quei potenti.

Ma, in ogni millantato successo, a ben vedere, c’è un “ ma “ spesso e grande come una montagna, c’era sotto traccia un particolare di cui nessuno raccontava al popolo di quella terra di confine di quella unione nata salvifica diventata cappio soffocante. Succedeva, infatti, che nel frattempo, i paesani bassi, gli inglesi (ops, m’è scappato), i cechi (ed eccomi di nuovo) e gli slovacchi (chi?) minacciassero di sfasciare la grande economica unione, illico et immediate, se anche un solo profugo fosse sbarcato sul proprio sacro, inviolabile, puro suolo nazionale.

Nessuno lo raccontava e men che meno quel giovin signore!; qualcuno , però, cominciò a far circolare la voce ed allora quel giovin signore pensò fosse arrivato il momento di rafforzare il proprio cerchio magico e, quindi, iniziò quei cambiamenti che, in patria, gli avrebbero assicurato un dominio, lui a credere duraturo nel tempo.

Si sa, è storia già accaduta, che i favori del popolo sono direttamente proporzionali a ciò che il popolo riceve, ma è noto altresì che i favori ottenuti servendo chi ti proteggerà anche dal popolo possono essere più redditizi ed immediati; quindi quel giovin crebbe in protervia, aumentò in vanagloria, nominò senatori, cavalli e cavalle anche tra le serve guatemalteche, sollecitò lobby di ogni genere e si asservì mani e piedi ad interessi che lo innalzavano sempre più sul podio e tutto tutelavano tranne che quel suo popolo sempre più frustrato, bastonato, convinto di non riuscire a difendersi.

A questo punto la storia non dice come finì quella vicenda; la storia ci dice, però, che quel popolo di quella terra di confine di quella unione salvifica di fatto diventata matrigna continuava a soggiacere a patti rivelatisi maramaldi e capestro nel mentre che nessuna delle proprie esigenze, diventate intanto estremi bisogni, veniva in alcun modo soddisfatte.

La storia, per ora, non dice altro; ma chi ha tempo non aspetti tempo, perché la cronaca, a volte, si sostituisce alla storia e si sa …

la cronaca, spesso, diventa nera!