… in nome di Dio … - di Francesco Briganti

09.01.2015 15:09

“ Dio è grande! ; questo il grido che anima e spinge ogni fondamentalista, quale che sia il suo credo, quale che sia la sua origine, quale che sia il suo fine. Quel dio, così intensamente invocato non è, non può e non deve, per forza, intendersi come un essere trascendente o superiore, ma può anche rivelarsi, subito o nel tempo, come il più meschino degli uomini, il più improvvisato dei profeti, il più assurdo ed improbabile dei risolutori. Alla stesso modo il fine la cui essenza, in questo mondo e questa società, prescinde dall’utilità diffusa, dall’essere espressione di un bene comune, dal rendersi protagonista di una scalata ad un vertice condiviso, ma è spesso e piuttosto un rivelarsi una discesa ad un fondo di ignominia e di interessi privati e schifezze spacciate per pubbliche virtù o addirittura per guerre la cui santità è tanto millantata quanto falsa e menzognera. “

Viviamo un contesto sociale in cui Dio e fine sono la vera finzione di un mezzo funzionale a qualcosa che con ogni divinità concepibile e fonte di credo non c’entra assolutamente nulla.

“ Il mezzo, infatti, sembra essere la soluzione di ogni male. Prendiamo ad esempio l’indubbio squilibrio dettato da una immigrazione selvaggia, incontrollata, deleteria per gli stessi migranti che vengono a sperdersi in un paese allo sbando e senza futuro, stanti le cose, come il nostro.
Questo problema giacché, per quanto lo si nasconda dietro un buonismo di maniera ed una visione sinistroide e farisaica di accoglienza cristiana, di problema si tratta, dovrebbe affrontarsi con cognizione di causa, con praticità di effetti, con una interventistica globale e revisionista dello statu quo; tutto questo invece non si fa e si sfrutta il problema per poter sfoggiare il mezzo dell’adunata contro, del talk a favore, dello spettacolo comunque organizzato e diffuso in funzione di questo o quell’altro fine che intenda servirsene per esaltare e raggiungere i propri scopi
.
Un altro esempio molto calzante dell’importanza del mezzo rispetto al fine o al dio portato a vessilo è l’esportazione della democrazia, l’imposizione di una pace, l’intrusione in realtà e storie del tutto diverse dalla propria: con la violenza, ecco il mezzo, si vorrebbe tacitare la violenza, il che è come dire che con un antivirus si può uccidere la causa e poco importa se si uccide anche il malato.
Non si capisce, mai, che l’utilizzo della guerra, funzionale alle industrie belliche e limitrofe in interessi, non è una soluzione giacché, alla fine, ogni cosa quand’anche non fosse stata inasprita maggiormente resterà comunque esattamente come prima e, forse, sarà solo cambiato il gestore del vapore. “

Ancora in queste ore le manifestazioni a partecipazione della tragedia francese in corso sono, in tutto il mondo, numerose e pregne di calore umano, ma quando sarebbe occorso essere compatti ed uniti per bloccare azioni militari di polizia (sic!) in terre straniere, quando sarebbe stato necessario richiamare all’ordine un governo che tradiva la Costituzione inviando truppe a destra ed a manca in operazioni di peace forcing,quando avremmo dovuto riflettere su di un atteggiamento a parti invertite, ci siamo accontentai di esporre bandiere multi colore ed abbiamo gridato al vento il nostro sdegno senza pensare, mentre tornavamo alle nostre case se pure ne eravamo davvero usciti, che qualcuno, molto spesso ex alleati traditi, un giorno, avrebbe potuto decidere di renderci il favore importando da noi la “ PROPRIA DEMOCRAZIA ”, QUAND’ANCHE NULLA AVESSE A CHE FARCI facendocene assaporare il significato.

Viviamo in un mondo di contraddizioni senza prenderne atto; ci muoviamo su di una scacchiera non già in funzione di una nostra volontà autonoma, ma come attori a recitare una parte non dettata da un copione lineare, condiviso e finalmente risolutivo, bensì seguendo un canovaccio di massima a cui ognuno applica le proprie variazioni svolgendone il filo conduttore di volta in volta e soggettivamente in modo diverso.

Altra cosa sarebbe ed altra importanza avrebbe ogni mezzo se a ciascuno di essi seguisse, poi, una consecutio facti politico e sociale ragionata e tesa ad una finalizzazione certa, esaustiva; e questo sia detto per ogni campo e per ogni iniziativa e per ogni motivo ed aspetto che sensibilizzi l’animo umano.

Insomma, non basta e, certamente, è inutile piangere o associarsi per un dolore diffuso, per una tragedia altrui, per un fatto eclatante se, poi, da tutto questo non si trae nessun insegnamento per il futuro.

Il farlo, per fortuna e sin ora, stando dalla parte di chi osserva e non da quella di chi è colpito è esattamente solo ciò che ho detto …

un puro e vero colpo di culo!.