… indipendence day … - di Francesco Briganti

30.06.2015 08:30

Siamo stati quasi tutti, qualche tempo fa, Charlie Ebdo. Siamo quasi tutti, da qualche tempo, greci. Siamo quasi stati tutti per la primavera araba; fummo quasi tutti per la perestroika; fummo quasi tutti costernati per la morte di Enrico; fummo quasi tutti antifascisti esattamente come prima furono tutti o quasi fascisti. Quel quasi è la nemesi genetica, la compensazione storica, del popolo italiano. Al contrario!. Ad un periodo negativo segue sempre qualcosa di positivo e quel quasi, indefinito ed indefinibile nel numero e nelle personificazioni, permette a chiunque, durante un dopo, di affermare che anche lui era nel novero di coloro che. Anche le voci, notoriamente e pubblicamente fedeli alle vicende negative, in “questopaese”, avranno sempre il modo, il tempo, la sfacciataggine di un’occasione per riuscire ad affermare che “… sì, ma in fondo …anche io ho fatto la mia parte!” .

Non è una opinione, è un dato storico che fa dell’Italia e degli Italiani la schifezza europea e fa di una terra e di una nazione e del suo popolo, un insieme, “quasi” da tutti amato e, al contempo, “quasi” da tutti disprezzato.

Siamo stati tra gli ideatori ed i fondatori dell’Europa unita, siamo l’ultima nazione europea che conti qualche cosa. Siamo stati tra i perdenti secondi, nemmeno in questo capaci di essere primi, dell’ultima guerra ed allo stesso tempo tra i vincitori parvenus della stessa; siamo stati la culla del mondo e ci trattano, in questo oggi fetido, come la pattumiera di una esodo biblico dove gli uomini vengono trattate da bestie nel mentre stesso che si celebra un sacrosanto disgusto per coloro che mangiano carne; lasciamo che governanti e politici infami, senza distinzione di colore o simil ideologia, facciano i loro porci comodi trattandoci da porci adusi alla melma ed al letame nel mentre stesso che biascichiamo sdegnate adesioni alla lotta di un popolo vero, di una nazione strozzata, di un politico che non vuole piegarsi ai ricatti di una finanza che di economia sociale e politica non ha più nulla da quando le dignità nazionali sono state svendute agli strozzini per passione.

Ho l’orgoglio di dire che, guardando ai miei simili, io mi vergogno di appartenere a “questopaese”. Non fosse altro che per l’immensa vigliacca pazienza che esso mostra di fronte ad un destino il quale più che ineluttabile appare scelto con l’esaltazione del martire folle perso dietro una paranoia più folle ancora.

Il cinque del prossimo mese di luglio, sull’altra sponda dell’Adriatico, ci sarà un ennesimo esempio di dignità umana, quel referendum popolare, giammai populistico come afferma chi non conosce la differenza tra i due termini, che costringerà un popolo ad assumersi le proprie responsabilità vere o presunte che fossero. Quale ne sarà il risultato, quel popolo dovrà affrontare un lungo, lunghissimo, periodo di sofferenze le quali in caso di vittoria dei no avranno lo sbocco possibile di una rinascita mentre nel caso contrario saranno l’agonia ultima di una infezione a trasformarsi da quel momento in poi in una pandemia senza soluzioni nemmeno per coloro che ne godranno gli acidi frutti.

Facile la parte della Cassandra che mi vado scegliendo; il finale tragico e maledetto che ogni circostanza a ritmo circadiano a succedere mostra non dovrebbe, in un mondo anche solo prossimo ad una intelligenza, che spingere tutti o “quasi” ed ognuno o “quasi” a ribellarsi ed a prendere provvedimenti. Non succede, così come non è successo in passato, se non allor quando la disperazione più nera ha reso “quasi” tutti quali le vittime verificate di ogni male possibile.

Così sarà anche questa volta.

Che i Greci vincano con il loro orgoglio o perdano per la propria paura, per questo paese sarà solo il solito “… mica mi chiamo pasquale … “. Esso continuerà a lanciare lai ed a mostrare aulico pathos fino a quando …

qualcuno finalmente non gli sparerà diritto nel culo!.