… inri … - di Francesco Briganti

05.04.2015 08:40

E’ una Pasqua fredda, ventosa; cammino per le strade del borgo tra finestre chiuse e rami che cigolano al soffiare del vento. Per chi come me lo ha respirato sin dalla nascita l’avvertire, tenue, appena accennato, quasi miraggio nasale, il profumo del mare a frangersi sui lidi è vivo e rassicurante. E’ acqua che si muove; è acqua in perenne agitarsi, in un rincorrersi, onda su onda, la cui sola immaginazione basta a dare un senso alla vita che scorre, che nasce, che muore.

Oggi, mentre resuscita quel Cristo, in nome del quale infiniti sono stati gli eroismi e le barbarie, seppelliscono una mia cugina calabrese: aveva ostentatamente voluto ignorare il suo male che, invece, di lei ha fatto trasformazione e distruzione; da un paio di giorni in coma, ha atteso poco prima di decidersi a partire per l’ultimo viaggio. Se c’è qualcuno ad aspettarla saprà accoglierla nel migliore dei modi.

Il Cristo e la Pasqua. Una festa ebraica di cui il cristianesimo s’è appropriato acquisendola con un altro significato così come la stessa Bibbia non è che la trasposizione fatta da un popolo di miti e tradizioni più antiche e diffuse. Prima gli Ebrei e poi i Cristiani hanno preso e sublimato racconti, reali o immaginari che fossero, scegliendo fior da fiore ed esaltandone i principi che più li avvicinavano a quell’idea di un Dio superiore e trascendente di cui l’animo umano ha bisogno dal suo primo momento di autocoscienza.

Sarebbe troppo lungo e, forse, blasfemo per alcuni stare a ricordare quali e quante le similitudini, addirittura le eguaglianze, che fanno della religione, di tutte le religioni, qualcosa di ancestrale e di richiamato a qualcosa di altro e di precedente sino a risalire alla notte dei tempi e, probabilmente, ad ancor prima che una memoria, comunque relativamente recente, possa ricordare e far suo. Non farò quindi un inutile elenco fine a sé stesso e di nessuna valenza in un giorno quasi universalmente di festa. Mi piace, però e per quel che questo possa mai valere, soffermarmi sulla figura di Joshua ben Joseph di Bettlemme in Galilea.

Io sono un cristiano; lo sono nel senso che credo nell’esistenza di un uomo la cui fede era talmente forte e radicata da scegliere e perseguire la strada, predetta dai testi sacri ebraici, che identificava quel messia che avrebbe riscattato le pene del popolo ebraico. Joshua ben Joseph predico il riscatto di una specie e non di un singolo popolo; trasformo la pace passiva del “non fare agli altri” in quella attiva del “fate agli altri ciò che vorreste glia altri facessero a Voi”; innalzando in una sinfonia corale quell’amore dell’uomo per l’uomo, chiunque fosse, ovunque fosse, qualunque fosse, che mai prima aveva avuto così forte voce ed insegnamento.

Delle due una, o l’intera narrazione dell’esistenza del Cristo è una favola assoluta oppure la sua esistenza ha, comunque ed a prescindere, una valenza trascendente e divina, quale che sia il Padre di cui si dichiarava figlio.

Se fosse una favola assoluta allora occorrerebbe presupporre che una furbizia preveggente la storia a venire avesse sin dall’inizio conoscenza di come ogni vicenda conseguente si sarebbe sviluppata, cosa questa che, in un tempo dove la forza bruta era l’unica legge ad essere vincente, diventa per niente credibile presupponendo che a quella conoscenza si doveva per forza associare una filosofia del lungo periodo per darne una ragione di attuazione.

Per cui, duemila e rotti anni or sono, una Forza non umana ha spostato dall’ingresso di un sepolcro una pietra tombale e ha dato testimonianza di un corpo che resuscitava e si dimostrava redivivo a chi nel suo possessore aveva creduto. Quale fosse quella Forza e quale il nome da attribuirle non è dato a nessuno di sapere. Ognuno, persona o popolo o specie animale, creda in quel che più si avvicina al proprio essere ed alla propria indole, ma che quella Forza sia un qualcosa di evidentemente mostratosi, su questo c’è poco da essere increduli o scettici. Duemila e rotti anni fa l’Essenza stessa della nascita dell’universo, quella che ha fatto del big bang il primo attimo del tempo conosciuto ha, ancora una volta, dato un segno della propria esistenza.

Il mio credo, dunque, nasce e muore per quel attimo. Tutti quelli successivi sono vicende umane che belle o brutte, esagerate in un senso piuttosto che in quello opposto, non possono e non devono essere attribuite come colpa o come benevolenza a e di quella Forza. Essa E’ il resto è solo terreno divenire.

Oggi si festeggia secondo usi e costumi; oggi si nasce si muore come in ogni altro giorno del anno, ma oggi, per tutti ed ognuno, è comunque un giorno particolare anche e sopra tutto per coloro i quali non vedranno mai risolti in questa vita i propri problemi, giacché essi devono sapere che in un paradiso piuttosto che in un altro, al cospetto di un nome piuttosto che di un altro, particelle immortali tra altre particelle immortali, comunque fosse la loro vita avrà per sempre avuto una sua sacrosanta ragione d’essere quandanche si fossero sempre lasciati andare e per essa non avessero mai combattuto.

BUONA PASQUA ad ognuno di Voi.