… io, chi altri? … - di Francesco Briganti

11.09.2015 10:06

Ora è freddo la mattina!; e, dopo una notte insonne, neanche una doccia bollente basta a riscaldarti …

Viale dei Mille è una strada ripida, un’erta che in forte pendenza sale dal ponte della Pietà sino alla Bella: un agglomerato di case, una frazione, superata la quale si continua a salire su per piano Luppino. Alla Bella c’era una sezione del vecchio PCI. Il segretario era un mio amico avvocato, io ero il suo vice. Era il tempo in cui ancora ognuno di noi pensava che un ideale fosse ciò che occorreva per muovere il mondo, che un incarico potesse essere sfruttato a quello scopo, che il Pci fosse una ragione di impegno e non un partito per il guadagno o per una sistemazione presente o in prospettiva. Era il tempo in cui un padreterno, nelle vesti di una puttana, politica di certo quando anche non lo fosse nella vita, ancora non aveva deciso che ero stato io ad infilare una lancia nel costato di suo figlio …, ma questa è un’altra storia!.

C’erano riunioni, c’erano discussioni, c’erano strategie e progetti, c’erano la coscienza di classe, c’erano l’impegno ed anche il sacrificio quando questo occorreva; o, almeno, questo io credevo!. Poi, e piano piano, mi accorsi dei giochi sottili, delle trame a tradire o a subdolamente contrastare, delle sottili furbizie e delle meschine macchinazioni, affinché tizio piuttosto che caio avesse una carica, potesse contare nel direttivo, riuscisse a far passare una linea anziché un’altra: la politica non già quale mezzo per una battaglia comune, ma strumento per una primogenitura che portasse quindi, al seggio di sindaco, ad una poltrona alla regione o a, paradiso del successo, Roma. Mi allontanai, poco a poco e definitivamente da quel risico che non capivo, che non mi sembrava giusto, che, per me, non aveva alcun senso se rapportato a ciò in cui credevo.

Ancor prima, studiavo, si fa per dire, medicina; un po’ di esami li avevo dati, non quanti ce n’erano segnati sul libretto, capisciammè, ed in funzione del narrato era il tempo degli internati in ospedale. Mio padre, allora segretario della confesercenti, aveva un amico primario al quale chiese se io potessi frequentare il suo reparto e fu così, che ogni mattina indossai un camice e cominciai a fare il giro con medici già laureati e con una preparazione ben più solida della mia. Non ho mai, amato far figuracce ed ho sempre avuto rispetto per gli altri, ragione per cui quello fu il periodo più studioso della mia vita al punto tale che imparai più in quei tre o quattro mesi che negli anni precedenti. Dopo una notte di studi arrivavo ogni mattina per primo, studiavo le cartelle, riuscivo anche ad essere utile ed a rispondere alle domande che il professore faceva; ero così solerte che il primario, professore all’università di Pavia, un giorno mi disse : “ … trasferisciti, ti do io una mano a laurearti … “. Io che conoscevo la mia “situazionesami”, io che sapevo quanto ingiusta era la mia presenza in quella corsia, invece di profittare di quell’invito, smisi di andare in ospedale e presi a calci, ma l’avevo già fatto in precedenza, a pensarci bene ed oggi, l’unico mio vero sogno della vita.

MI capitò una volta che, alla mia attività di allora, si presentassero due “coppole” chiedendomi di sfruttare ciò che facevo per far arrivare al loro indirizzo due caterpillar; mi offrivano del denaro, molto denaro per i valori di quel tempo, garantendomi che, a parte qualche naturale fastidio dovuto alla premessa doverosa di chiunque che avrebbe fatto di me un idiota ma non un disonesto, non avrei avuto particolari fastidi. Erano comunque in gioco la mia attività ed il mio nome: non accettai spiegando che l’unica mia risorsa erano il buon nome e la mia dirittura morale e stranamente la cosa ebbe come conseguenza solo attimi di grande tensione, sguardi penetranti che si risolsero con una stretta di mano ed un “ … va bene, abbiamo capito … “ espressi più con un tono di rispetto che con quello di rabbia o di minaccia. Da allora da me non venne più nessuno!.

Tre episodi al centro dei miei pensieri in questa nottata infame che ha impiegato una vita a terminarsi. Cinicamente, ed a distanza di trenta anni ed oltre, mi è capitato di pensare che non ho mai capito nulla della vita sociale; avessi avuto allora l’esperienza che ho oggi, e dopo tutte le vicissitudine passate, forse adesso sarei anche io uno dei bastardi che mutano casacca così come ogni mattina sorge il sole, uno di quei professionisti ad intascare denaro, uno di quegli arricchiti con le ville alle Canarie.

Io, però, so di non essere fatto così e per quanto quella lancia nel costato di quel Cristo, sembra essere ancora adesso, la spina ad aver deciso ed a decidere del mio presente e del mio futuro, preferisco quello che è e non quello che sarebbe potuto essere. Per quanto …

neanche l’acqua bollente riesca a volte a riscaldarmi!.