… la marsigliese … - di Francesco Briganti

20.11.2015 11:14

“ … Vengono fino alle nostre braccia per sgozzare i nostri figli e i nostri compagni! … “
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Capita sempre più spesso di chiedersi come faccia l’uomo, essere senziente e dotato, si presuppone, di anima trascendente ad essere così bestiale da annichilire di stupore una bestia feroce. Succede che ci si domandi come faccia un popolo, per antonomasia sofferente come può esserlo quello ebraico ad essere così spietato verso i palestinesi; ed ancora ci si meraviglia quando un pastore di Cristo, fedele della bandiera della tolleranza e dell’amore, stupri un bimbo o si arricchisca alle spalle della carità altrui vivendo nel lusso privato a fronte della povertà pubblica professata; accade, infine, di scegliere di subire le peggiori angherie da politici attesi ai propri cazzi pur di non rischiare nulla di quel poco o tanto che si possiede.

Tutto questo ogni giorno; tutto questo oramai d’abitudine; tutto questo quasi fosse la normalità di un vivere comune.

Poi succede che un padre uccida un prete; che un popolo si ribelli ai propri politici; che un altro scagli pietre contro i carri armati; che una banda di assassini compia una strage di innocenti in nome di un dio, nella migliore delle ipotesi, apparentemente menefreghista di ciò che succede in nome suo. Il sentimento allora comincia a scorrere a fiumi; i pro ed i contro si affrontano verbalmente quasi bastasse una chiacchiera più urlata di un’altra a stabilire la ragione; il desiderio di vendetta e l’aura del perdono schierano le proprie legioni sugli opposti fronti; e le interruzioni pubblicitarie nei talk giornalieri ingrassano il guadagno di chi del motivo se ne fotte purché il guadagno aumenti, la propria ideuzza trionfi, la propria parte ne tragga un qualche vantaggio, il popolo continui beota ad essere beota.

Intanto che le “genti” gongolano beate e beote nella propria stupida, scelta, preferita, tranquilla inettitudine; intanto che ci si interroga sui perché delle ragioni; intanto che si spacciano per vendette nazionali le rincorse alla tutela di interessi economici e privati, fossero di stati più che di persone; intanto che il sangue scorre a fiumi, le persone soffrono; alcune, si fa per dire, muoiono per mano altrui o propria o per scelta di bombe intelligenti; i bambini continuano a subire violenze e sfruttamenti di ogni genere; le discriminazioni perseverano, i forti se ne fottono dei deboli, i deboli se ne fottono dei debolissimi ed i debolissimi si rassegnano al destino che quel dio, Allah, Eloim, Padreterno, Manitou o Quetzalcoatl si chiami, sembra aver destinato loro.

Il tutto fino allo scoppio di una nuova eclatante faccenda dalla quale possa ripartire il pathos di qualche giorno di partecipata e commossa sofferenza e, quando di fragoroso non ci fosse nulla, si può sempre sommergere l’intorno per la pietà resa ad un leone proditoriamente ucciso da un dentista, per la sorte di un orso sfortunato, per gli agnelli a Pasqua o per un cane ucciso nell’adempimento del proprio lavoro. Il tutto, sempre e solamente, ben chiusi nel proprio orticello; ben certi di non subirne danno alcuno, ben certi di essere sul carro giusto o più affollato onde confondersi nella folla e non essere particolarmente additabili o protagonisti o, nella più spregiudicata delle risoluzioni, partecipando a proteste programmate ad orari di ufficio che lanciano quel tipico segnale italiano al grido di “ … guarda che prima o poi … “ verso chi sa più che bene che quel “poi” mai vedrà l’alba di un giorno.

… Aux armes, citoyens!, Formez vos bataillons!, Marchons!, Marchons!, Qu'un sang impur, Abreuve nos sillons! … : perché un inno nazionale non è una canzonetta da cantare in uno stadio ed una bandiera non serve a colorare la propria immagine su di un social; essi dovrebbero identificare un popolo …

sarà per questo che il nostro sembra una tarantella?