La terra dei Cachi … - di Francesco Briganti

23.09.2013 18:25

Quarantasei anni fa, don Lorenzo Milani, prete cattolico del dissenso, pibblicò il libro “ lettera ad una professoressa “ in cui gli studenti di una scuola in provincia di Firenze documentavano le storture ed i pregiudizi classisti del sistema scolastico italiano dandone prova con i mille esempi del tronfio trionfo dell’individualismo. Nello stesso periodo prendevano sempre più corpo pubblicazioni come “Quaderni Rossi” e “ Quaderni Piacentini” ed assumevano sempre più ascolto le voci di quegli intellettuali di sinistra (leggi Pier Paolo Pasolini) che contestavano apertamente il sistema vigente, anche se, la posizione del regista e poeta assunse, poi, una dimensione di contrasto alla lotta studentesca a difesa delle forze dell’ordine efinite vero proletariato rispetto agli studenti classificati come “figli di papà”. Alla fine del sessantasette, in autunno, iniziarono le occupazioni delle sedi universitarie a cominciare da Trento, proseguendo per la cattolica di Milano e la facoltà di lettere di torino. Il “Sessantotto” scoppiò, poi, in tutta la sua contestazione partendo dalle università di Roma, Napoli e Bari dove si contavano come iscritti decine di migliaia di studenti in strutture le quali non potevano contenerne che quattro/cinquemila al massimo. Ben presto al movimento studentesco risultarono strette le aule e la contestazione tracimò nelle strade e, partendo dall’autoritarismo didattico con una conseguente richiesta di un diverso rapporto con i docenti, la protesta si estese alla famiglia, ritenuta alienante e prigione di ogni voglia di cambiamento, e successivamente ad ogni forma di gerarchia e fonte di potere. L’obiettivo principe fu la richiesta di democrazia diretta , da articolarsi in assemblee di massa, a dispetto di ogni forma di delega che veniva guardata e considerata con estremo sospetto. I testi di Marcuse, Mao tze tung e di Marx divennero i vangeli delle generazioni a quei tempi rampanti e vogliose di cambiare il mondo. Si inquadrò in questo contesto anche la rivoluzione sessuale e la lotta al bigottismo ed alla religiosità di maniera, ipocrita e farisaica che portarono ad un effettivo cambio degli usi e costumi italiani. Il sessantotto, dunque, fu qualcosa in più rispetto ad una semplice rivolta studentesca, fu il tentativo di rivoluzionare la società italiana, contando anche e soprattutto sul collegamento con la classe operaia e le fabbriche. Da quel momento e da quel connubio nacquero, poi, quei gruppi extra parlamentari di sinistra e le vicende che caratterizzarono L’Italia negli anni immediatamente successivi. Dopo un salto temporale eccoci ai giorni nostri. Altre vicende e condizioni di partenza ci vedono, tutti, impegnati in una situazione contingente simile a quella che l’innesco di allora. Oggi, però, la nostra società si mostra in una maniera totalmente differente; ci sono, in verità, alcuni movimenti come il 5 stelle, ad esempio, che professano un credo di democrazia diretta e di assemblearismo popolare, ma che alla resa dei conti ed alla evidenza dei fatti inficiano loro stessi inquinando il tutto con una sottomissione ad un’idea verticistica e dispotica della getione e ad una intolleranza verso il dialogo e gli altri da sé che ne rendono, secondo me, molto difficile l’espansione ed il conseguente affermarsi. Ciò detto, va sottolineato che altre sono, in più ed ancora, le differenze sostanziali; intanto c’è una gioventù che noi, sessantottini di allora e seguenti, abbiamo cresciuto nella bambagia e nel culto del sogno americano; quindi va detto che i media hanno coltivato, esasperando, tali concetti ed inculcando loro una visione della vita del tutto aliena ad ogni e qualsiasi realtà effettiva la quale, invece, arride solo a chi mette in conto il vendersi ed un sacrificio, di fatto, della propria dignità; a tutto questo si aggiunga che quelli di NOI che hanno raggiunto posizioni di potere e di governo hanno dimenticato da dove provengono, che cosa erano e quali erano i loro motivi ed i loro sogni e che la società moderna ci ha, poco a poco e tutti, resi “comeanimaliaddomesticati” più avvezzi al gioco per il biscotto che alla caccia per fame ed ecco che troveremo ogni e tutte le spiegazioni necessarie a convincersi del come sia necessario ricominciare tutto dall’inizio. I giovani, nostri contemporanei, sono visti come dei concorrenti e non degli eredi e sono, sopra ogni altra cosa, sbattuti continuamente contro una presentazione di un futuro il quale a prescindere, li vede soccombenti o comunque in difficoltà: non ne solletica ed esalta la voglia di cambiamento, non ne fa di ciò un motivo di scalata sociale e non presenta, questa ambizione, come primo passo sul cammino dell’avvenire. Dobbiamo, deve essere questo il nostro compito, insegnare ad i giovani ad avere MENO RISPETTO per questa società e se questo significasse correre qualche rischio, dobbiamo far capire loro che FATTI NON FUMMO PER VIVERE COME BRUTI, MA PER SEGUIRE VIRTUTE E CONOSCENZA e, dunque, che solo partendo all’avventura per mari sconosciuti che fu scoperta l’America, avendo ben chiaro, questa volta, che re e regine pronte a sfruttarne la scoperta non devono essercene e che i frutti saranno solo e di chi saprà andare a raccoglierseli. Abbiamo fallito in altro, riscattiamoci così.