Lady Luck - di Francesco Briganti

08.10.2013 11:58

Camminavo, come mio solito, stamattina, quando ho alzato gli occhi al cielo: il blu non era già più così profondo e proprio sulla mia testa la cintura d’Orione spiccava brillante, quasi avesse alle spalle una fotoelettrica, tra l’infinità delle altre stelle. L’aria era tiepida, ma fresca; gli uccelli cantavano e non c’erano altri rumori se non quello dei miei passi sul selciato. Mi sono seduto su di un muretto, limite di un giardino e, naso all'in su, sono rimasto a fissarla come un inebetito in attesa del verbo. La brezza, fresca e leggera, che spirava dal mare lontano, solo chi vi è nato riesce a gustarne odori e sapori quand'anche minimi e nascosti, mi teneva una compagnia discreta e, mi è sembrato, si attardava con me allo spettacolo. Poco a poco, mentre la luce dell’est saliva lentamente alle mie spalle, quello splendere prepotente si affievoliva fino a sparire d’incanto lasciando al centro del palcoscenico celeste la sola Venere come ultima dea. Ho, quindi e qualche secondo dopo, ripreso il cammino verso il fantastico cornetto ed il corroborante cappuccino della mia amica Tiziana. A volte mi sento un vecchio “vecchio”, altre un vecchio “giovane”. Il peso degli anni, delle esperienze, delle gioie e dei dolori con l’andar del tempo assume un carico sempre maggiore, ma ci sono dei momenti in cui esso sembra essere eccessivo ed altri in cui, invece, senti con te quella forza giovanile, che prescinde dall’anagrafe e che ti consente di proseguire il cammino indipendentemente dalle condizioni del sentiero o della strada maestra che stai seguendo. Da qualche tempo mi capita sempre più spesso di chiedermi a cosa sono servito. Certamente ho vissuto; ho fatto le mie battaglie; da buon cittadino ho seguito il segno generale: ho formato una famiglia, ho cresciuto dei figli, ho dato a Cesare quel che era suo spesso dimenticando di dare a Dio il proprio corrispettivo un po’ ignorandolo volutamente, un po’ sperando nella Sua bontà e comprensione; ho lasciato un lavoro che mi piaceva e, alla faccia di quelli che hanno la fila per sostituirmi ho la fortunata possibilità di scegliere un’alternativa tra più proposte; eppure, quando cerco di trarre, da tutto questo, un bilancio ho l’impressione che manchi qualcosa, che un senso di completezza non sia possibile e, da qui, la domanda: “ A cosa sono servito?”. Noi tutti abbiamo un compito, ma io credo che ognuno si sbagli quando dovesse credere che questo si esaurisca in quella routine quotidiana fatta di cartellini da timbrare, di figli da accudire e crescere, di obblighi erariali da assolvere, di senso civico da rispettare e trasmettere e proseguire nell’elenco sarebbe facile, lungo, ma inutile perché detta routine è standard per tutti nel suo inizio e nella sua fine, ma diversa per ciascuno durante il cammino. Dunque deve esserci qualcosa di più profondo di cui tutti, ognuno nella propria specificità, dovremmo essere responsabili e attori. Ma cosa?!. Se guardiamo oltre il nostro piccolo privato orticello, se andiamo oltre l’intorno definito di ogni famiglia, se oltrepassiamo quello più esteso del “gruppo”, dell’”associazione”, della comunità, del paese, della nazione e forse del mondo, vediamo che le cose che accadono, che le manifestazioni a ripetersi, che gli scopi ed i mezzi per raggiungerli sono sempre simili tra loro, sia pure in una sfaccettatura infinita di toni di grigio, ma nulla cambia mai veramente in maniera al punto da farti dire” … era ora!”. Leggevo, a proposito chissà quanti di Voi leggono effettivamente ciò che scrivo, i giornali gustando la mia colazione ed i titoli avevano un che di epocale: “ I sacramenti ai divorziati; l’irritazione del Vaticano”; “ Aboliremo la Bossi-Fini, mai più questa ecatombe”; “L’Imu per le case di lusso, Il Pdl si oppone”; “ Si è perso un mese per le tasse sul lavoro e la legge di stabilità”; “ Smantelliamo le armi chimiche” …. . Una rivoluzione se anche solo una di queste cose trovasse una realtà finalmente realizzata in un più o meno vicino futuro, ma il tutto entro qualche giorno al massimo sarà soppiantato da una colica berlusconiana, da un fermo e vibrante monito, da una “fonziata” di Renzi o da una canagliata di D’Alema o da un leopardo di Bersani per poi ripresentarsi allo scadere della prossima strage, del prossimo sciopero, del prossimo spread a rompere i coglioni e dunque, ditemi, a cosa serviamo?. Credetemi, passare dalla prima persona singolare alla prima plurale non è una consolazione perché MAL COMUNE NON FA MEZZO GAUDIO, FA SOLO UNA PLETORA DI SFIGATI.