… l’amarissimo che fa benissimo … - di Francesco Briganti

28.12.2013 10:27

Una vecchia pubblicità rimandava al consumo di un amaro onde risolvere il problema del logorio da vita moderna e questo accadeva già in quegli anni in cui la vita pur essendo “modernamente paleolitica” non era comunque ai livelli odierni di sfibramento. Ragione per cui è facile immaginare che il livello di stress oggi presente richiede una dose ben più massiccia e ben più efficace di un semplice amaro. Quando poi questo livello di esaurimento psico-fisico fosse riferito ad una età avanzata con presenti le caratteristiche relative all’usura del tempo ed all’impegno profuso, le dosi dell’antidoto da usare come terapia necessaria onde tendere ad una prognosi favorevole al paziente diventano nel merito e nella sostanza di natura extraterrena, urgentissime nell’uso e continue nel tempo. Infine, allorché lo stress fosse poi e addirittura frutto di un sacrificio consapevole ed auto inflitto, allora a me sembra addirittura altruistico sperare in una eutanasia compassionevole e dirimente.
Il sacrificio dell’uomo sull’uomo è sempre stato, al mondo, molto più frequente di quello dell’uomo per l’uomo. Si contano, infatti ed in funzione della popolazione mondiale, con un numero a milioni i sacrifici umani eseguiti in nome di un dio, di una credenza superstiziosa, di un’idea politica o filosofica, mentre solo in ragione di qualche decine di migliaia, piccolissima percentuale, è la corrispondenza di coloro che hanno sacrificato sé stessi per il bene di uno o dei tutti al di là ed al di fuori del sé.
Il nostro, per antonomasia paese di navigatori, poeti e santi, ha una percentuale molto elevata degli uni e degli altri. Di sacrificati dall’uomo ne ritroviamo al tempo dei romani, e poi nel medio evo con le persecuzioni religiose e con i roghi che ardevano streghe e filosofi non normalizzati alla teologia vigente ed ancora, durante le guerre di indipendenza, i patrioti martiri dello straniero o del papato o di re e principi poco illuminati; quindi e di nuovo li contiamo tra gli antifascisti, tra i partigiani, tra gli innocenti vittime degli opposti estremismi e di quella strategia di stato che ancora oggi non desiste sia pure usando altri modi ed altre armi; fino ai nostri giorni in cui alla categoria dei sacrificati si possono iscrivere tutte quelle persone che suicide per propria mano o arresesi ad una situazione disperata e dunque stanche di combattere hanno preso la via del sacrificio subito accettandolo come soluzione ultima di una vita ritenuta alla fine immutabile.
Abbiamo però, occorre dirlo per onestà personale e giustizia condivisa, anche degli eroi il cui ruolo, quando non si possa e si debba, anzi, definirla vocazione, si identifica con la volontà del sacrificio dell’uomo per l’uomo: in Italia, anche ai giorni nostri, c’è chi accetta un martirio per il bene degli altri. C’è chi, in nome di questo altruistico sacrificio, spinge la propria resistenza al limite dell’umana sopportazione fino a rasentare, quando vi cadesse addirittura dentro, il paradosso ed all’incongruente espressione del tutto contemporaneo e biunivoco al suo contrario. Quando questo avviene si presenta la necessità, oserei dire il dovere, dell’esercizio se non del senso civico almeno della pietà cristiana provvedendo ad alleviare le pene di colui che, evidentemente, è arrivato al punto di non ritorno.
Queste sono le considerazioni che mi derivano dall’apprendere che il nostro Presidente della Repubblica in vista del messaggio di fine d’anno lancia ai parlamentari italiani rimproverando loro di utilizzare troppo lo strumento del decreto legge; a me pare evidente che il nostro amato Presidente, illustre protagonista di un grande sacrificio personale, sia al limite di quella sopportazione di cui sopra e sia preda di quel super stress particolarmente descritto prima, altrimenti non si capirebbe perché, dopo aver firmato decine, centinaia di decreti, ciascuno dei quali poteva ed alcuni dovevano, per impudicizia se non altro, essere rispediti indietro, improvvisamente la cosa gli dia fastidio.
Io auspico, quasi pregherei, Donna Clio, a convincere il suo autorevole e geriatrico compagno a desistere proprio sacrificio, arrendendosi all’evidenza dell’intervenuta insofferenza patologica e decidesse di godersi quel riposo e quella tranquillità che ha meritato dopo anni di itinerante percorrenza politica.
Amorevole consorte, non volesse farlo per gli Italiani, lo faccia almeno per amor di Suo marito!. Auguri!.