… lasciate che i pargoli vengano a me … - di Francesco Briganti

10.10.2015 09:15

Ignazio Marino, sindaco di Roma, dimissionario pro tempore, è la dimostrazione ultima che quando ci si siede su di una poltrona di comando riuscire a mantenere un equilibrio da uomini veri diventa, più che una utopia, qualcosa di estremamente raro ed unico. Badate bene!, io non mi riferisco alla storia delle cene o alla carta di credito comunale con la quale esse pare siano state pagate; pretendere, infatti, che in un paese dove in altri posti con carte dello stesso tipo si compravano mutande colorate, vibratori da sesso quanto meno particolare ed altre amenità di genere più o meno simili, sarebbe stupido al limite del ridicolo.

Dunque, Marino se responsabile di peculato, quale ne fosse il grado, pagherà il prezzo della propria colpa per questo.

Ciò di cui Marino è l’emblema ultimo, ciò che dovrebbe indignare ognuno di noi al di là del abuso perpetrato, ciò che si dimostra espressione e verifica del clima mafioso, viscido e fuorviante oramai insito nella atmosfera politica, ad ogni importanza considerata, sta nella sua oramai non più ritrattabile eleganza di reazione: “ … adesso parlo io … ora li porto giù tutti … “, “ … pur di costringermi a dimettere mi avrebbero infilato della cocaina nelle tasche … “.

Frasi e concetti che, anch’essi, vanno al di là del loro significato palese. Significato che oltre ad indicare colpe diffuse e sin qui sottaciute, perché?, rendono in modo perfetto non solo il sospetto, ma la certezza del complotto, della sovversione, della “infingardia” quali armi della politica per eliminare, anche fisicamente quando occorresse, chi dà fastidio e/o non si adegua.

Partiamo dalla affermazione: “ … chi dà fastidio e/o non si adegua … “. E’ fuori di ogni dubbio che il sindaco capitolino, dimissionario pro tempore, si classifica in testa alla graduatoria delle persone, relativamente, sic!, oneste che si sono succedete al soglio di Romolo: la sua immediata denuncia del clima disonesto che permeava l’amministrazione romana è certificata dal fatto di aver chiamato quale assessore alla legalità un magistrato di indubbia professionalità e correttezza. Che egli non fosse imputabile di altro se non di quell’uso interessato di una carta di credito, poca cosa, ripeto rispetto all’abominio nazionale, si dimostra con l’assenza di altre accuse nel trascorrere del tempo.

Che egli fosse un “non capace” a risolvere i problemi romani è, però, cosa oramai risaputa, accertata e certificata allo stesso modo. Ed è questo l’unico motivo che avrebbe dovuto pesare sulla bilancia delle decisioni sia di un sindaco ad avere rispetto di sé stesso, sia di ognuno degli altri a fargli la guerra.

Marino è un frutto della decisionalità di un certo giglio fiorentino a comandare. Fu Renzi a sceglierlo e ad imporlo; fu Renzi a farsi vanto della sua estraneità relativa alla politica; fu Renzi che lo dipinse come sua dimostrazione di essere un uomo di sinistra ed è stato Renzi che, dalle sollecitazioni di un certo tal cardinale in poi, ha cominciato a boicottalo in ogni modo. Renzi, Renzi, Renzi ed ancora Renzi: sempre lui, solo lui, comunque lui!.

Per chi non lo sapesse Roma è sede del prossimo giubileo. Milioni di fedeli arriveranno a Roma e miliardi di euro pioveranno sulla città come gocce d’acqua in una tempesta tropicale; uno come Marino è un impedimento; lo è stato sin dal primo momento del suo insediamento a sindaco e con lui in quella carica intrallazzi, giochi sporchi, amenità complici con la curia capitolina in genere, con alti prelati variamente interessati e con i soliti noti di mafia capitale, non se ne sarebbero potuti fare o, nella migliore delle ipotesi, non se ne poteva pretendere una visione non vedente o cieca del tutto, quindi, era necessario indebolirlo, colpendolo ai fianchi di continuo per portarlo alle dimissioni o all’impeachment come si sta facendo ora.

E qui veniamo allo schifo della politica ed alla mafiosità dello stesso Marino. Il nostro caro medico sindaco, comunque persona onesta nei limiti che la politica consente ad ogni arrivatovi, ha subito fatto sua la maliziosità maligna del mafioso: si è dimesso pro tempore, il che significa due cose sostanzialmente; a) che ha impedito al consiglio comunale di sfiduciarlo e b) che si è riservato il diritto di ripensarci. Nello stesso tempo, egli ha cominciato a lanciare avvertimenti, ha preferito indurre in sospetti gravissimi, ha mostrato, urbi et orbi, quanto virulenta e infettante sia diventata la politica in “questopaese”.

Per tutto ciò la conclusione è una sola: i problemi del paese sono immensi; il malaffare non si distingue più che si considerino i buoni e/o i cattivi, ma pervade l’animo di chiunque; dai seguace di Cristo, a quelli di Marx, dagli agnostici a quelli di puzzolente e fascista memoria, la merda è diffusa ovunque e Roma come capitale di “questopaese” non fa eccezione, anzi ne esalta e ne acuisce la pericolosità.

Per ritornare a Marino e poi mi taccio, credo si possa dire che egli, in cuor suo, speri di restare, o, comunque, di ricevere qualcosa in cambio del suo andar via; mi sembra impossibile credere, invece, che voglia finalmente denunciare ogni cosa sbagliata ci sia. Avesse voluto …

l’avrebbe già fatto!.