L’asteroide … - di Francesco Briganti

29.08.2013 08:20

Abito al numero quattro di una via lunghissima. Una via che potrei definire “working in progress” in quanto per la sua gran parte essa corre tra i campi a congiungere due strade perpendicolari che si congiungono tra loro a distanze siderali dalla mia casa, bella con un po’ di giardino intorno ed un cane che vi scodinzola dentro felice. Ho una bella famiglia e, se è vero che ogni scarafone è bello a mamma sua, è altrettanto vero che la mia bella lo è alla grande. Ho un bel lavoro; soddisfacente per il suo essere, deprimente per la crisi persistente, soffocante per certi versi, decisamente impegnativo, assolutamente esaustivo in quanto al tempo ed aleatorio come tutto a questo mondo. Sono certo di esserne all’altezza e me ne vanto. Ho pochi altri affetti oltre quelli familiari, ma per pochi, e lo sono, che siano sono sinceri e profondi, esaustivi anch’essi al bisogno di socialità che ognuno di noi avverte per costruzione genica e per indole personale. Ho fatto della mia vita carne da macello più volte ed altrettante l’ho ricostruita; ho qualche rimorso, chi non ne ha?, e davvero pochi rimpianti; avrei potuto essere qualcosa e/o qualcuno d’altro ed in altro, ma va bene così, ho imparato che nella vita lamentarsi non serve a nulla se non si è, contemporaneamente, disposti anche a fare ogni cosa per dare valenza al lamento stesso. Anni fa, ai vecchi bei tempi, questa mia età sarebbe stata quella di una persona anziana al parco la mattina magari con i nipotini, al pomeriggio alla bocciofila, e la sera assieme davanti al televisore con la dolce compagnia o in pizzeria oppure impegnati in qualche saltuario estemporaneo revival giovanile; ma, la vita si è allungata, la sua qualità è decisamente migliore ed io faccio parte decisamente di quella generazione che, cresciuta nel mito di cambiare il mondo, è stata extra parlamentare, rivoluzionaria, salutista, in qualche modo innovatrice e spregiudicata, irriverente e persino disposta al sacrificio personale e, dunque, i miei sessantuno anni sono ben portati e non mostrano segni di stanchezza se non, qualche volta, assolutamente mentale: essi non sono altro che la giovinezza della mia vecchiaia!. La mente è lucida e, per quanto fumi come un turco, agli ultimi controlli non vi sono segni di degenerazioni di alcun tipo. Ho una voglia di fare paurosa!. Potrei farmi i cosiddetti casi miei; godermi il poco tempo libero che resta; trovarmi un hobby qualunque; terminare quel libro giallo che da sempre sto scrivendo e che ogni volta che lo riprendo mi sembra sempre più banale rispetto alla realtà, quand’anche fosse solo sottostimata, che viviamo; eppure, tutto questo non mi riesce!. Da anni non dormo più di quattro o cinque ore per notte; da anni sono sempre incazzato come una bestia feroce; da anni non sopporto la gente ed i chiacchieroni in particolare, i servi genetici, i leccaculo, i parassiti e quelli che dall’alto di uno scranno, rubato, colto al volo, improvvisato o avuto per dipendenza lecchina, prendono in giro chiunque semplicemente dicendo loro quello che questi vogliono sentirsi dire. Da anni ho iniziato, continuato e perseverato in una mia personale e solitaria guerriglia sociale, intellettuale e, per quanto nelle mie possibilità, materiale a questa che ritengo la peggior forma di collusione possibile fra inettitudine, deficienza, inefficienza, delinquenza ed ignavia ognuna e tutte fuse insieme in una sorta di stato democratico dove l’unico vero capo e padrone è il caos eletto a sistema. Per cui, scrivo!. Spero sempre in un risveglio del libero pensiero; in una rinnovata auto coscienza; in una presa d’atto di ciascuno nelle proprie possibilità di ragionamento, deduzione e conseguente azione; in una folla di filosofi che cessando la felicità dell’indottrinamento subito si affidino al dolore dell’adesione partecipata; in un popolo che, cassato il ruolo di comprimario, si attribuisca quello di primo attore e decida finalmente e per davvero della e per la propria vita. Alla fin fine sono qui, a raccontarvi di me, a mettere dieci parole dieci in croce nella speranza di poter essere utile a qualcuno o a qualche cosa, ma con la convinzione sempre più desolatamente radicata che: “ … questo era un pianeta bellissimo una volta, dove la pace regnava secondo natura e l'aria era respirabile ed il profumo dei fiori e delle felci riempiva i polmoni ... poi Iddio decise di sterminare i dinosauri ... ed eccoci qui!”.