Liebe - di Francesco Briganti

21.07.2014 06:41

... una custodia, grossa, goffa, vintage per non dire vecchia, a custodire un tesoro bello, dolce imprevedibile; affinché domani sia un altro giorno senza pensare che ciò che deve essere, è, esattamente, quel che sarà !.
Comunque ed a prescindere

Liebe

Camminava; il vento sul viso a scarnire le rughe d’espressione radicate e giovani sulla pelle liscia dei suoi mille anni di età concentrati in pochi decenni di storia.
La sabbia sotto le suole scricchiolava passiva ad ogni calpestio mentre la risacca, di onde più nervose che arrabbiate, cantava ripetitiva e fragorosa una melodia diversa ad ogni istante e, pure, conosciuta ed antica come quelle stelle dallo spazio profondo che sfidavano il nero della sera inoltrata offrendo un freddo luccichio al immenso sepolcro sottostante.

Aveva attraversato le dune spinto da una voglia improvvisa di liberazione che, visto da lontano, quel mare impetuoso gli inspirava: ne aveva assaporato il profumo di iodio lasciando che l’aria, invernale e fredda, entrasse a valanga dal finestrino abbassato contro ogni logica ragionata di un corpo, vieppiù intirizzito al passare dei secondi e fino a che, imboccato un sentiero improvviso, si era inoltrato tra la macchia a raggiungere quella distesa sabbiosa ultimo baluardo al mare incombente. Le ruote anteriori insabbiate e stanche, disperate di poterne uscire, ferme di fronte al orizzonte marino.

Folate improvvise e ripetutamente fedeli a sé stesse scuotevano il mezzo quasi residuo assestamento di un terremoto appena finito; cespugli di gariga spinosa, a nascere tra le pietre, si alternavano al rosmarino odoroso mentre pini marini agitavano un ombrello di foglie, nero più scuro del nero al intorno; appena visibili, le nuvole nel cielo mostravano l’indecisione di una pioggia, forse imminente, nel ricorrersi perse ad una destinazione sconosciuta e lontana. Il ritornello speciale cantato sulla battigia mischiava al suono l’odore e le visioni delle migliaia di storie di mare: pirati in caccia e pescatori affannati, bagnanti distratti e bambini gioiosi, sirene ammaliatrici ed esploratori dell'infinito a fare da attori su di un palcoscenico a scenografia cangiante.
Scese verso di esse lasciandosi alle spalle l’auto a chiedersi se sarebbe tornato.

Contando ogni passo, metro dopo metro, giunse a farsi lambire le suole da un’onda capricciosa e stizzita dal arrivo del nuovo venuto; un gabbiano curioso volse il becco a guardarlo mentre, smarrito nei propri pensieri, arrancava scansando pozzanghere improvvise, poi scosse le ali indifferente per spiccare un volo impennato per ridiscendere al suo culmine in picchiata su una vittima ignara, ultimo e designato boccone, di una giornata finita per entrambi; mentre preda e predatore assolvevano al destino loro assegnato, l’uomo continuò ad andare lungo il bagnasciuga incurante di piedi in scarpe ad ogni centimetro sempre più zuppe.

“ … ma voi …? “ la domanda, gioco e segreto tra due persone stranamente perdute l’una dell’altra, si ripeteva costante tra i suoi pensieri assaporando la risposta istintiva che, automatica, sgorgava ogni volta sulle labbra prima ancora di essere formulata in pensiero; il “ … si, io ti amo …” passato presente e futuro era lapalissiano quale che fosse il modo estemporaneo, uguale e sempre diverso, con cui veniva espresso e proferito e, quali che fossero le condizioni o le situazioni.
La presenza indipendente dalla fisicità dello stare insieme; la vita, diversa ed organizzata per ciascuno dei due, comunque a correre unitaria e parallela: un inseguirsi cercandosi desideroso dell'allontanarsi una volta trovati; un gioco a nascondino di sentimenti e desideri inconfessati ed irrealizzati mai a generare il vagito di un giorno compiuto ancor prima dell'alba.

“ Un giorno io me ne andrò! ...”
pensò mentre un rombo lontano seguiva al lampo di un fulmine impietoso a squarciare di luce illusoria ogni cosa di quel orizzonte lontano.
“… in un paradiso simile finirò la mia vita attendendo la caleidoscopica compagna di un prosieguo sconosciuto e non più temuto; seduto su di uno scoglio a guardare il mare mentre il sole, solo e solitario, mi concerà una pelle scurita ed arsa dal sale e dal tempo. L'aspetterò e quando la sentirò arrivare, sorridendo la accoglierò felice di aver coronato il senso di una vita … “.
Un turbinio di sabbia gli graffiò sadico il viso mentre giochi di vento accavallavano le onde e spume bianche festeggiavano languide, ma tenaci e decise scogli affioranti e rassegnati. L'erta da cui era sceso gli sembrò troppo ripida e nemica per non pensare di cedere a quel richiamo misterioso che ancora aleggiava nella mente.
Guardò distrattamente la punta delle scarpe, oramai fradice, salate e ricoperte di quella sabbia polvere di una lava di tempi remoti e lontani.
“ … e tu non sarai con me …!? ”.
Concluse il pensiero conscio di una realtà vera al di là di ogni sogno o irrealizzabile speranza.

Improvvisamente intristito e stizzito volse la schiena al mare quasi a sfidarne la rabbia crescente e avvelenata dal maestrale sfuggito alla otre di un Eolo compiacente a goderne i pensieri.
In lontananza i fari dell’auto, lasciati accesi a disprezzo o a memoria delle cose reali, intenti a squarciare un cielo sempre più nero e scontroso sembravano affievolirsi al unisono con la sua voglia di futuro.
Batté i piedi per terra e scrollando qualche inutile granello di rena, si avviò dimentico dei propri pensieri, schiavi liberti di una mente troppo assuefatta all’ineluttabilità di una vita a cui sempre più spesso sentiva di partecipare più da comparsa che da protagonista.

Il rombo dell’auto a sfuggire la morsa della sabbia si confuse al tuono improvviso insieme a tacitare le infinite sirene che dal mare l’avevano chiamato mentre la strada riprendeva, rassicurata, a correre sotto le ruote …

giacché, panta rei ... tutto scorre!.