… lone wolf … ovvero la parafrasi di ciascuno - di Francesco Briganti

06.06.2015 08:46

Anni fa, quando ancora ero all’università credendo di poter incidere sulle cose del mondo, alcuni amici della maremma ebbero in sorte di trovare dei cuccioli di lupo. Appena nati guaivano disperati al fianco del cadavere della madre, abbandonati dal branco ne avrebbero di certo seguito la sorte di lì a poco. Li raccolsero e ne ebbero cura salvandone almeno tre, di quei (s)fortunati animali uno scese con me in Calabria ad iniziare una nuova vita in coincidenza di un natale di cui ignoravano l’esistenza. Lo chiamammo Duck, papero, perché nero come un tizzone spento da secoli, aveva, però, l’espressione ingenua e sconcertata di quel paperino di fronte alla sfacciata fortuna di un Gastone al quale bastava aprire gli occhi per diventare bersaglio di ogni tipo di fortuna.

Di carattere indeciso tra il diffidente ombroso e la riconoscente bonomia di un affetto indiscusso, cresceva giorno per giorno, tentando a più riprese di ritagliarsi un posto di una qualche importanza in quel consesso familiare che credeva essere il proprio branco. Aveva una dentatura di un bianco candido e due canini che spaventavano al solo vederli; due orecchie ritte, radar indefessi di tutto ciò che gli accadeva intorno e due occhi profondi e luminosi che, osservandoti, sembravano dire alla calabrese “ … ok, va bene ogni cosa, ma solo fino alla curva …”. Di tanto in tanto ringhiava qualche sua ragione, ma poi finiva per adeguarsi alle sevizie della mia, allora, piccola sorellina o dell’ancor più tenero fratello. Unico indiscusso suo signore e padrone era mio padre al quale bastava un gesto per immobilizzarlo e lasciarlo in attesa degli eventi quali che fossero.

Passarono, credo, un paio d’anni dal suo arrivo a Lamezia prima che quella che è una delle indoli meno domabili al mondo decidesse di manifestarsi in tutta la sua essenza; una mattina Duck decise di non esser più papero e di stabilire chi comandava cosa. Fummo costretti a lasciarlo chiuso da solo nella stanza che aveva eletto a sede del proprio comizio di insediamento in attesa dell’arrivo di mio padre a cui, e solo, per un qualche disegno del dio dei lupi, a stento ancora una volta dette ascolto. Fu l’ultimo giorno in cui lo vidi. Caricato in auto che lo ebbe, papà lo affidò ad un pastore sui monti di Girificalco; le ultime notizie che ne avemmo furono relative al suo ultimo exploit atteso alla decimazione sistematica di un pollaio ed alla sua fuga nei boschi inseguito dai pallettoni di una lupara.

Mi piace immaginare, a distanza dei tanti troppi anni trascorsi, che il capo branco di allora, papà, e quel lupo solitario si siano ritrovati in un mondo migliore.

So che alcuni, tra i tanti amici, virtuali e non che mi onorano della loro attenzione, molti sanno leggere tra le righe e so, anche, che ognuno di noi è fatto in modo unico e speciale; riconosco che non tutti hanno coscienza della propria grandezza mai dipendente dal ruolo o da altri fattori contingenti e per questo si adattano a vivere in un mondo che non è quello, forse non lo è mai stato, per cui sono nati. Io, per quanto questo possa poco valere per chiunque, mi sono sentito sempre molto simile a quel lupo. Sono ombroso, diffidente, sempre attento al circostante, irascibile e, in alcuni casi e qualche volta, violento nella parole e nei modi, rarissime volte senza controllo. Ho, forse avevo, come unico credo irrinunciabile, la mia libertà in ogni sua forma possibile.

Le cose della vita a volte ti prostrano e spingono a cambiamenti forzati; oppure si sceglie per affetti, amori, interessi più o meno materiali o elevati, di abdicare ad alcune proprie caratteristiche intrinseche per adeguarsi ad un ruolo, ad una situazione o a degli affetti, che prevalenti, si aspettano o pretendono un certo tipo di mutazione. Si tira avanti e si prosegue in un cammino comune credendo di essere cambiati, adottando atteggiamenti e modi di essere più simili al apparire che al essere, fino a che si arriva a quella famosa curva nel affrontare la quale esce prorompete e fiera quella che è la natura vera di ognuno.

Chi è lupo e, sopra ogni cosa, colui che lo fosse in solitario ha nelle sue viscere più nascoste i cromosomi di un mondo che è completamente al opposto di ogni canone vigente di questa realtà bastarda quel tanto che basta per impedire ad ognuno di riconoscersi attore protagonista al posto del ruolo di miserabile comparsa dal intorno scolpita per lui; fosse ciascuno un primo cittadino o l’ultimo degli homeless.

La mia curva è arrivata, già da un po’; lo so e ogni giorno che passa diventa sempre più difficile far finta che la si possa affrontare secondo quei cambiamenti imposti, scelti, e non secondo natura; la rabbia pari solo alla stanchezza ed alla delusione, affiora sempre più spesso lasciando il sapore di un controllo sempre minore; razionalmente dunque è necessario, urgente, evitare stragi o singoli dolori anche ad un solo pollo di qualche proprio pollaio e decidere di affrancarsi da ogni catena prima che ci siano …

pallettoni ad inseguirmi o ad auto escludermi.