… ma che colpa abbiamo …io?. (2) - di Francesco Briganti

27.02.2015 21:08

La democrazia dovrebbe essere la gestione della cosa comune in funzione della volontà popolare; la parola, come ognuno sa, deriva dalle parole greche demo (gente, popolo) e cratìa (regno, potere) che sono, quindi, a rappresentare una gestione tra le più semplici in assoluto: quella espressa da una volontà condivisa da e comune a tutti. Ma già quando questa volontà cominciasse a scontrarsi con interpretazioni diverse e/o discordi di un aspetto ecco che il significato della parola cambia per trasformarsi nella materiale attuazione di un programma condiviso da una maggioranza rispetto ad una minoranza di parere differente. Quello che dovrebbe avvenire nel rispetto dei diritti e delle esigenze di quella minoranza, essendoci perciò una sorta di mediazione tra le due visioni onde riuscire ad averne una, di nuovo comune, non solo non è la regola ma quasi mai riesce a soddisfare gli uni e gli altri mentre sempre più spesso produce scontri: continui, feroci, padri di tradimenti e fregature reciproche.

Il termine democrazia è uno di quelli esaustivi a sé stessi; sono termini che indicano un che di assoluto!. Non dovrebbero essere oggetto o soggetto di attribuzioni particolari, né di superlativi o di comparativi; indicano una situazione la cui unica caratteristica è “l’essere”; infatti, una democrazia o è tale o NON E’. Non dovrebbe esistere, ad esempio, un paese più democratico di un altro e non dovrebbero avere senso alcuno specificazioni del tipo democrazia partecipata, parlamentare, maggioritaria, plebiscitaria, consultoria o, che dir si voglia, al sapore di fragola o di prosciutto o di vera mortadella di Bologna o a denominazione di origine controllata. Semmai queste dovrebbero essere forme di ordinamento, ma non essere qualificazioni di un che di assoluto: un dio se c’è è tutto quindi non buono cattivo o onnisciente o disinteressato e così via.

Eppure, oggi e nelle nostre società, questo tipo di specifiche non solo sono concepite come distinzione, ma esistono come realtà quotidiana ed ognuna di esse risponde a gradienti diversi per zona, per storia, per usi e costumi; esattamente così come esistono altri ossimori ideologici, altri assurdi biologici, altre vere false verità quali sono una peace enforcing o una peace keeping o la pulizia (Gesù!) etnica, la guerra di religione, la violenza in nome di un dio di pace e carità, il conflitto di interesse dal quale si sfugge uscendo da una stanza, la mortificazione di un diritto in nome di un altro ritenuto superiore, dei bambini a morire di fame, dei padri e delle madri a piangere per la propria ritenuta insufficienza, dei suicidi che valutano sé stessi non più capaci di continuare a vivere; eccetera eccetera eccetera.

Tutto questo al fine di non ammettere, nemmeno con il proprio intimo sé, per non doverne prendere provvedimenti, che al mondo e tra gli esseri umani, in “questopaese” come altrove, non esiste più alcuna forma di vero rispetto per la vita in generale e per ciascuno. Non si rispettano le persone quali singoli individui e soggetti liberi e razionali per cui, e di conseguenza, non c’è rispetto per le derivazioni che da una persona o da un gruppo di esse discendono a cascata. Si arriva facilmente, così, fino al concetto stesso di pensiero e di libertà ed alle istituzioni massime come può esserlo una nazione, uno stato ed i loro rispettivi ordinamenti politici, giuridici e sociali.

Se ciò non fosse e queste mie fossero solo sterili elucubrazioni, delle seghe mentali, allora non esisterebbero i Marchionne, i Berlusconi, i Renzi, i delinquenti, i furbi, gli approfittatori; né avrebbero diritto di voce in capitolo i loro sodali, fossero complici, semplici arrivisti o, peggio ancora, dei servi genetici dalla lingua lunga la cui unica ragione di vita è l’avere un padrone da ossequiare riuscendovi nel essere persino più realisti del loro stesso re.

Non ci sarebbero caste né plebe; non ci sarebbero gradienti di realizzazione personale funzione ognuno non delle capacità soggettive, ma e piuttosto delle soggettive possibilità economiche di ciascuno; non ci sarebbero, infine, paranoici pazzi da sfruttare o che sfruttano loro stessi per attuare i più micidiali misfatti, i crimini più efferati, gli abusi ed i soprusi più smaccati, pacchiani e meschini al estremo specularmente opposto delle azioni dei santi, degli eroi, di quei fessi, tutti intimamente e generalmente considerati tali, da ciascuno di coloro che sono in mezzo a separare i primi dai secondi.

In assenza di rispetto, a cominciare dalla mancanza verso il proprio sé ed intorno, non ci si può lamentare alla luna come dei cuccioli abbandonati nel buio di un bosco e non si può, proprio non si dovrebbe, adoperarsi in uno scaricabarile, qualunque fosse l’argomento soggetto, che non porta mai nessuno ad assumersi una responsabilità propria, che sia al contempo oggettiva per tutti ed ognuno, di ciò che capita al sé, al proprio intorno ed agli intorni, soggettivi ognuno, di ciascuno degli altri.

Tutto ciò nonostante, e non vi sorprenda, io affermo, però, che non ci sono persone irrispettose, ma ci sono, invece, soltanto persone che non si rispettano e non si fanno rispettare e di conseguenza :genti, popoli, paesi, nazioni, stati, governi, religioni, partiti ...

eccetera eccetera eccetera … .