… ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto … (Guccini) - di Francesco Briganti

29.09.2015 07:55

Un’alba stanca stamane!. Compagna di fronde sfiancate da tutta una notte di tramontana, tarda a levarsi ad est. Il sole timbra il suo cartellino più per onor di firma che per sincera convinzione abituale. E’ freddo e l’autunno incalza i propri passi accelerandoli ogni giorno di più. E’ stata nera di nubi e prospettive questa notte appena passata. Il cigolio dei rami in giardino ad esprimersi all’unisono con le folate, costanti o a rinforzare, ha cantato il suo inno al divenire quasi fosse l’esecuzione di un grande Paganini naturale: non una nota stonata, non una stecca, ma il fluire incalzante di un crescendo rossiniano. Un esecuzione capolavoro per chi, insonne, avesse avuto la voglia di ricavarne piacere e non tedio dell’attesa.

Un giorno di settembre in un paese che cresce. Cresce nella stupidità di ognuno, nella noncuranza di tutti, nella faciloneria di chi attende il proprio turno senza saperlo e di chi agevola ogni abuso ed ogni sopruso con una complicità da stakanovista dell’acquiescenza. Ogni cosa pur di far finta che nulla ci riguardi, che niente richieda un impegno personale, che ogni frangente abbia il suo lato positivo tanto grande da impedirne la visione negativa. Più che un mondo di ottimisti è un mondo di inabili speranzosi; si spera che la bufera passi senza toccarci, che le onde non sommergano il proprio lido, che nessun uccello del malaugurio a passare cachi sul proprio parabrezza. Sperare è tutto quello che resta a questo paese che cresce.

E cresce l’ingordigia dei suoi politici; l’inflessibilità contro i deboli; l’ingiustizia dei più furbi a comandare; il disagio dei comandati a non sapersi ribellare; le attese nella sanità; la rivincita dei fortunati e l’abiezione degli abbandonati dalla sorte. Cresce l’intolleranza; cresce il desiderio di vendetta non importa ove indirizzata; cresce una rabbia soffusa e diffusa ad esplodere sempre più spesso in modo auto lesivo e sempre meno indirizzata verso il vero bersaglio da colpire; crescono la fame e la sete; il disappunto dei figli; la rassegnazione dei vecchi; l’ignavia dei quarantenni e dei cinquantenni che ancora in possesso di un lavoro accettano ogni cosa che “… vuoi mettere se poi se la pigliano anche con me!”.

Crescono le balle raccontate e quelle sublimate da una verità sempre doppia ed opposta quale che fosse l’angolo di visuale. Cresce il disamore dell’uno verso l’altro in una corsa sfrenata all’egoismo egocentrico vanamente intaccato dal pathos condiviso di una sofferenza specifica e/o comune.

Cresce la capienza di quella rada già fattasi baia a divenire golfo accogliente i migranti della delusione di ogni dove. Da est e da ovest, da nord e da sud, ognuno arriva ad aumentarne una densità in cui nessuno si domanda se ciò che vuole per il proprio futuro sia quello che anche l’altro vuole e per due che si trovano concordi ne trovi cento di pensiero opposto e conflittuale, contraddittorio e persino opposto; ma non importa!, ciò che conta è il golfo che diverrà stato nel momento in cui il proprio peso basterà a scardinare ogni vissuta prepotenza e se, poi e quindi, sarà la propria quella a vincere e, dunque, ad essere combattuta ancora e di nuovo , peggio per chi non avesse capito da quale parte già stava soffiando il vento.

Ed è così che i sopravvissuti corrono; corrono sempre più lontani dalla ragione mediata dall’idea e si affidano ad un cuore malato di stanchezza a spingere verso quella baia a farsi golfo che finirà per scoppiare nello stesso abuso e sopruso che combatte se non saprà darsi quella umiltà che è l’unica ad accettare una collaborazione nell’interesse di tutti ed ognuno; scoppierà esattamente come chi adesso crede, maramaldeggiando, di avere davanti a sé l’eternità e non si accorge di essere arrivato tristemente sul ciglio del proprio turno al burrone.

Qualcuno ciacola ancora avvertimenti dai più considerati come allarmistici e, in fondo, vuoti di un vero significato. Di questo profittano e si approfittano tutti coloro che hanno un proprio interesse da difendere che sia soggettivo, di casta o di partito poco importa, ciò che è veramente esiziale è che chi può continui e chi non può non sia messo in condizione di potere. Statica di posizioni vuole che, confermato da un principio di fisica, un sistema tenda a conservare sé stesso mantenendo la propria inerzia primordiale, quella raggiunta e non importa come, conservandola definitiva agli occhi di chi di quella staticità da tempo sta morendo. Il nostro non è più un paese fatto di e da persone, ma …

una locomotiva impazzita in corsa contro un altro treno.