… ma tu vuliv’ ‘a pizz’ … - di Francesco Briganti

08.09.2014 16:42

Confesso la mia ignoranza; devo dire di non sapere se il risotto alla milanese ha più di un modo di preparazione. Ignoro allo stesso modo se il ragù alla bolognese abbia delle varianti, se il caciucco livornese si possa ottenere in modi diversi o anche la bagna cauda torinese, la romana coda alla vaccinara, le eseadas, la 'nduja, il pesto, la pasta con le sarde o qualsiasi altra specialità culinaria regionale. Non è di mia conoscenza se ognuna o tutte abbiano tipologie diverse nell'ambito della loro unicità.

So, per nascita ed esperienza, che a Napoli esistono decine e decine di ragù; ognuno differente dall'altro: si diversificano da rione a rione, da condominio a condominio, da inquilino ad inquilino. C'è quello di manzo, quello solo con la cotica, quello misto di maiale e manzo, quello con i nervetti e i tendini e basta, quello con il pomodoro fresco passato e quello con il pelato; insomma per quanti sono i napoletani tanti saranno i ragù ed ognuno di essi sarà quello vero. Uniche caratteristiche comuni: il pomodoro, il basilico, la carne,aglio o cipolla e la cottura: il ragù napoletano deve "puppuliare" per ore ed ore a fuoco lentissimo prima di essere pronto. Il dato di fatto, però ed alla fine, è che ciascuno a gustarlo si leccherà i baffi quand'anche non li avesse.

Nell'attuazione di una ricetta, quindi, ci sono ingredienti e procedure fondamentali, ma a questi, poi, si possono integrare delle varianti che ne determinano il risultato finale che può essere comunque eccellente oppure disgustoso o, addirittura, del tutto diverso da quella che era l'intenzione iniziale. Quando, però, si dovessero usare le stesse componenti, le stesse procedure, gli stessi tempi, il risultato finale non potrebbe, non si può, mai discostare più di tanto dai precedenti, salvo che non si sia dei veri e carismatici innovatori.

Gli Artusi, i Corelli, i Barbieri, i Gracco, insomma quelli che veramente sono capaci di inventare il nuovo, di stabilire una tendenza, di innovare l’arte dell’alimentazione, la nutrizione è un’altra cosa, e della cucina sono rari come i Maradona ed i Pelé, ragione per cui molto spesso anche le pietanze e forse specialmente quelle, preparate seguendo il vecchio e la tradizione si risolvano in piatti immangiabili quando non addirittura stomachevoli e causa di immancabili “squaraus” o patologiche conseguenze.

Quando questo succede, capita perché l’improvvisato cuoco, dopo aver diffamato i suoi predecessori e dopo aver sbandierato ai quattro venti le proprie intenzioni innovative e la propria determinazione in questo, si accorge che le stigliature sono vecchie, gli ingredienti sono stantii, i collaboratori di cucina sono veterani dell’aglio e dell’olio per nulla propensi a lasciargli fare cose nuove, migliorative o rivoluzionarie non avendole mai fatte loro prima.
A quel punto se l’improvvisato chef fosse una persona onesta e corretta chiederebbe ai proprietari del locale di dargli l’autorità necessaria a che, altrimenti manderebbe tutti a friggersi per ritornare nella propria casetta a meditare sui propri errori; viceversa, qualora fosse un arrivista ed un megalomane già soddisfatto dal fatto di poter indossare il classico cappello, continuerebbe a sbandierare le proprie innovazioni di sapore e di ingredienti, non avendole mai realizzate, lasciando, nel frattempo, lo stesso identico menù di sempre.

Dicevamo, però, del ragù; ingredienti fondamentali: pomodoro, basilico, carne, scegliete voi quale, aglio o cipolla e lenta cottura …, lenta ma determinata nella scadenza!.

Secondo Voi, alla bouvette di Camera e Senato, nonostante i tanti che si dicono sazi e appagati, esercita uno chef o un cuoco della domenica?.
Non so Voi, ma io personalmente di persona ed anche solo al odore, ho da mesi dei

grossi mal di pancia.