mai più lardo di Colonnata la sera - di Claudia Petrazzuolo

28.01.2013 09:15

  • Avevo fatto un pasto frugale: sono a dieta da tempo immemorabile … tanto che ormai ho fatto l’abitudine ai sacrifici a tavola; beh quasi!, a volte, proprio come quella sera, esagero e mi lascio andare a strappi alla regola che pur azzerando le privazioni di una settimana sono, però, così auto gratificanti, così colpevolmente soddisfacenti, che dopo mi capita di essere tentato di smettere la dieta per ritornare a pasti luculliani poi, arrabbiato nera nei confronti della mia dietologa, persona seria e capace, ma ferma e dura peggio di una kapò tedesca, persisto e continuo …, ma questo non c’entra!.
    Dunque dicevo: la fettina di lardo di Colonnata ed il crostinone che avevano costituito il mio pranzo mi si agitavano nello stomaco come una leonessa in gabbia davanti ad una promessa di una coscia di gnu; vampate d’acido mi si riproponevano a livello epiglottide, incuranti dei danni provocati al mio esofago e tutto questo mentre dalla televisione la voce suadente della bella annunciatrice si spendeva nel magnificare la trasmettenda puntata di “ Porta a Porta”. Di solito non sono masochista e di regola quando soffro di qualche disturbo faccio di tutto per farmelo passare, ma quella sera mi sentivo troppo stracco per qualsiasi sforzo per cui lasciai che alla gastrite si aggiungesse lo strazio di un Bruno anchorman Vespa che quando non lecca il sedere al pony della politica si trastulla con assassini, cadaveri e plastici vari non dimentico di Santi e Beati che all’occorrenza non guastano mai e tengono buono il Vaticano.
    Finii con l’addormentarmi scivolando in un incubo in cui un cavaliere del lavoro, il cavaliere per eccellenza, in reggicalze, la pelle scura e con la faccia della San Tankè mi supplicava di credergli nel mentre mi diceva che mi ero infettato passando davanti al tribunale di Milano e che, quindi, lo stadio del mio Sarcoma di Gaspari era oramai troppo avanzato perché l’opera congiunta, la terapia medica, del dr. Di Pietre e del Suo collega dr. Napoletano avessero una qualche probabilità di successo. Cercavo disperatamente di svegliarmi, ma un Caronte con la faccia del peggior “Diciamolo” Li Rossa mi tratteneva a forza su quella miserrima barca che ci trasportava lungo lo Stige e verso la riva opposta. Lì, a pochi metri dal fiume, vedevo uno scheletrico Boxi ed un grasso Tremonto che danzavano attorno ad un palo, posto in cima ad una pira ardente, cui era legato un distrutto Veltrone. Tremonto agghindato come uno sciamano sioux aizzava all’indirizzo del palo una miriade di sorci malevoli eccitandoli e chiamandoli per nome:
    “ Bondo mordigli le caviglie e tu Scialoio azzannagli le cosce … Marono sputagli in faccia e tu Borghessio smettila, sei troppo scemo anche per questo terrone…”,
    nel contempo, voltandosi verso di me, di tanto in tanto e via via che la barca si avvicinava alla riva, lanciava degli sguardi interessati e cupidi, quasi amorosi mi sembrò di capire, poi, all’improvviso, lasciò al suo destino lo scheletro ballerino, che nel frattempo continuava a punzecchiare l’Obama italiano con una freccia avvelenata, ed i suoi topi assassini e d’un fiato corse verso il mio approdo gridando come un ossesso:
    “ Eccolo è arrivato, eccolo … è il salvatore mio, ecco chi mi ridarà la Pace … !.”
    “ Giù le mani “ risposi indignato ed offeso “ dovrei essere alla disperazione più nera per acconsentire ed aver accettato di essere il tuo … qualsiasi cosa … ”
    Fingendo di non aver inteso, o forse proprio perché sordo o strafottente, mi afferrò lascivamente la mano e, incurante della mia palese riluttanza, quasi mi trascinò, nonostante recalcitrassi come un sauro carabinierico (concedetemelo, in fondo sognavo) e imbizzarrito, verso un altare attorno al quale una decina di escortoccole in costume adamitico salmodiavano adoranti, ripetendolo a mò di coro da tragedia greca, un tetro:
    “ … meno male che silvio c’è …”.
    Una piccola folla si era, nel frattempo, riunita attorno a noi che, a nostra volta, seguivamo lo scheletro ballerino il quale, al ritmo di “YES WE CAN”, continuava a girare intorno al palo legato al quale un Veltrone supplicante gridava: “ … io non sono mai stato comunista, io non sono mai stato comunista …” all’unisono con quelli che in coro gli rispondevano: “ lo sappiamo, lo sappiamo …!”.
    Mi sembrava di impazzire: sapevo che si trattava di un incubo eppure non mi riusciva di svegliarmi. La confusione acuiva il bruciore di stomaco e mi sembrava di avere un cesso in bocca dopo che vi aveva transitato una suor Gelmina appena dopo il pasto della Pubblica Istruzione Italiana. Decisi in un attimo la ribellione estrema e con uno strattone liberai la mia mano da quella flaccida e sudata dello stregone Tremonto e non prima e non senza aver schiacciato un millepiedi e uno scarafaggio con la tipica espressione brunetta:
    “ Cosa vuoi da me … sanguisuga ?!? “ gridai indignato e pesantemente nauseato dalla gastrite e dal fetore che emanava lo scarafaggio schiacciato e dall’espressione non più viva tipica della specie scilipota.
    Con un enfasi degna della miglior falsificazione dei redditi dichiarati Tremonto mi guardò e, picchiando sodo sulle schiene di due cani abbaianti che rispondevano ai nomi di Fino, di Dalemo e Casino , con voce cavernosa mi apostrofò:
    “ Voglio il biglietto che hai nella tasca … tasca … tasca … tasca …”
    Va bene che ero in un incubo, ma l’eco ripeté la parola tasca per un tempo che mi parve infinito e smise soltanto nel momento in cui incuriosito frugai con le dita nella tasca della botte che indossavo e che, al neon. portava la firma di Dolce e Gabbana.
    Incredulo e dopo averla sondata con le dita estrassi dalla tasca della botte che adesso era firmata RUBY RUBACUORI, un papiro che non sembrava avere mai fine ed in fondo al quale, in grassetto, corsivo e con carattere Arial Narrow corpo 32 spiccavano:
    6 8 13 14 15 90.
    Guardavo e riguardavo il tagliando che, strappato dal papiro, avevo nelle mani. Non riuscivo ad imprimere nella memoria la sequenza di quei numeri tanto essi mi sembravano cangianti nel colore e nel valore, poi realizzai il tutto in un contesto reale: “ Cribbio e mi consentano!... “ esclamai, avevo azzeccato la combinazione del super enalotto ed il bastardo stregone voleva portarmela via …”.
    Fu allora che mi svegliai; le mani vuote, lo stomaco dolorante, l’esofago arso dall’acido gastrico e Bruno Vespa intento a dare la buona notte ai suoi ospiti …; mi stiracchiai deciso a prendere un po’ di bicarbonato, a fatica mi alzai dal divano e mi diressi verso la cucina in penombra, la lampada sulla credenza lasciava cadere la sua luce ai piedi della credenza stessa con la noncuranza di colui che sa che a pagare la bolletta sarà un’altro … , vagai dimentico per la stanza alla disperata ricerca almeno di un cucchiaino di magnesia, di una pillola antiulcera, di una qualsiasi soluzione tampone, trovai soltanto: avvisi dell’equitalia, solleciti imps, minacce di controlli fiscali, bollette per il pagamento della spazzatura, dell’acqua, della mensa scolastica, due multe, il bollettino del Ticket per le analisi fatte ed il mio certificato elettorale …
    dunque non mi ero svegliato da un incubo, vivevo in un incubo!.
    “ Oh Signore!, mai più lardo di Colonnata la sera, mai più …! (fortebraccio)