… massimo decimo meridio … - di Francesco Briganti

08.04.2016 10:09

Immense sfaccettature danno anche alla persona più semplice e lineare la prerogativa di essere unica. E' l'unicità di ciascuno di noi che rende speciali e fa sì che, quale che sia la nostra storia, ognuno non debba permettere a ciascuno degli altri di prevaricare. Il problema dell'uomo consiste nel fatto che non tutti si rendono conto della propria importanza o meglio la società, le convenzioni, le regole, le nazioni, gli stati ed infine i loro governanti, esaltando cose a dispetto di altre, hanno mortificato l'essenza dell'uomo in quanto succedaneo del trascendente.

L’uomo comune può rappresentarsi quale appartenente ad una di queste mie personali categorie: a) i suicidi; b) i rassegnati; c) i pazzi; d) i geni. Il grado personale di autocoscienza è l'ascensore per passare da uno stadio all'altro. .

La percezione del mondo è cosa comune ad ogni essere umano, ma avere o riuscire a sviluppare quella sensibilità tale da rendersi conto che il mondo non deve essere, per forza e solo, così come appare non è cosa alla portata della coscienza di tutti. Coloro che, per eredità genetiche o perché capostipiti di una genia o perché temprati ed edotti alla reale visione del circostante dalle esperienze vissute, compiono il primo passo verso l'autocoscienza e la contemporanea conoscenza del mondo, si possono considerare dei fortunati.

Il sapere è potere, ma il sapere è un peso che bisogna aver la forza di sopportare e non tutti reggono questo sforzo e per questo il primo gradino dell’autocoscienza è quello dei “suicidi”. In questa categoria vanno intesi non solo quelli che materialmente pongono fine ai loro giorni, ma anche coloro che “suicidano” il loro futuro arrendendo senza combattere i loro sogni e le loro speranze.

L’aspetto egoistico è di solito caratteristica di coloro che arrivano e per lo più si fermano al grado di rassegnati, di coloro cioè che pur avendo in fieri tutte le capacità per scalare le vette della vita si lasciano intimorire dalle loro apparenti altezze. Costoro mancano di fiducia in se stessi e si rassegnano, appunto, agli schiaffi, virtuali e non, che ricevono, lasciando poco a poco che l’autocoscienza diventi fonte di sofferenza senza diventare per questo uno stimolo e per alcuni di essi, poi, regredire allo stadio di suicidi veri e propri è quasi una conclusione naturale.

Quelli che poi riescono a superare questo primo scalino, devono sentire il dovere di proseguire nel cammino dell'evoluzione personale e non solo per un fatto puramente egoistico, aspetto questo già di per sé sufficiente, ma anche per una sublimazione, alla fin fine, estetica e didattica; che poi questa evoluzione progressiva dia adito alle manifestazioni le più varie e configurabili, ciascuna nel bene e/o nel male, questo è tutto un altro discorso. L’aspetto egoistico è di solito caratteristica di coloro che arrivano e per lo più si fermano al grado di autocoscienza immediatamente successivo, quello cioè dei “rassegnati passivamente attivi”, coloro che subiscono il circostante limitandosi ad una automatica reazione meccanica senza perseguire una azione di scelta, volontaria funzione del divenire quotidiano.

La sfaccettatura invece positiva dell’aspetto egoistico dell’evoluzione è quella che caratterizza i “pazzi”, coloro, cioè, che avendo assorbite le esperienze comuni ai rassegnati, ne fanno, però, fonte di ispirazione indirizzandosi o verso un mondo di fattura assolutamente immaginaria ( i pazzi veri autoesclusi o esclusi dal mondo reale, ma soggetti del tutto sani nelle proprie realtà alternative) e coloro che invece barricano, perfettamente integrandosi nel circostante, il loro vivere e sentire con le loro conoscenze, le proprie sensazioni e convinzioni, prendendo dal mondo il possibile, aspettandosi il niente e limitandosi, quindi alla soddisfazione puramente egoistica del” ti conosco mascherina” e del “ io so, ma me ne frego” o, ancora, del “ a me non mi fregate”. Convinti, perciò e quindi, che oltre non sia possibile andare né, e tantomeno, che sia possibile cambiare la situazione.

Non v’è passaggio consequenziale dal grado di “ pazzi” a quello di ” geni “ non c’è, quindi, una sublimazione di questo stato a quello successivo, ma pure, comunque e a volte, succede. Il senso comune della parola genio non è l’accezione che, in questo esposto già assurdo di per sé, si intende dare al termine; con la parola “genio” si intendano colui o coloro che trasformano il mondo intorno a loro piegandone il cammino per il solo fatto di esistere, influenzando di conseguenza l’esistenza degli altri. Gli aspetti “estetico” e “didattico” sono prerogative esclusive dei geni.

L’estetica: perché non c'è assolutamente niente di più bello del sentirsi liberi, liberi di poter amare il circostante per il solo gusto d'amare e non in funzione di una partita di ritorno, quindi il gusto del fare per il fare, il gusto del dare per il dare, il gusto del vivere per il solo fatto di esistere quale che sia la vita da vivere. In sintesi il bello della libertà di essere indipendentemente dal quale sia questo “essere”.

La conseguenza assoluta dell’estetica è la didattica. Infatti, siccome non ci sono persone migliori o più capaci di altre, ma solo gradazioni di autocoscienza, l’edonismo del proprio piacere estetico finisce per essere da esempio e con la manifestazione continua del proprio essere, alla fine si penetra negli altri e si insegna. E’ così che quanti più prenderanno autocoscienza ed evolveranno sé stessi, tanti altri ancora impareranno, dando inizio all’unica vera rivoluzione possibile: quella dell'anima.

E poi quando anche non tutte le anime divenissero “anime buone” questo dipenderebbe soltanto dal fatto che, essendo “solo” dei succedanei del trascendente, possiamo consentirci di addossare le nostre eventuali colpe al trascendente stesso e con questo giustificare ogni cosa: buona o no che sia, per poi chiederne eventualmente perdono.

Dunque, ciascuno di noi, quale gladiatore a scendere nell’arena, a quel punto, diventa l’unico vero padrone della propria vita e può scegliere tra l’essere il destinato morituro a porgere l’ultimo saluto al Cesare di turno oppure …

il rivoluzionario eroe che restituisce Roma al popolo sovrano!.