… nel mondo io camminerò … - di Francesco Briganti

18.01.2016 09:48

Camminare: un verbo che sottintende molti aspetti dell’andare umano. E’ acclarato che il muoversi, l’attività fisica in genere è, per esempio, un forte fattore limitante l’insorgere dei tumori, dunque viene di conseguenza che stare a poltrire pone in una condizione di rischio particolarmente grave. Ora, se questo vale per un fattore di natura meccanica e materiale, a maggior ragione ciò assume gradienti eccelsi in funzione dello spendersi quando il camminare divenisse una allegoria per intendere l’esercizio della mente: camminare sui sentieri del pensiero affinché dal panorama circostante si possano derivare cause ed effetti, analisi e deduzioni, convinzioni e/o cambiamenti, azioni e/o reazioni, obiettivi e traguardi.

Fisicamente impossibile da zero poter correre una maratona; impossibile sarà scalare una montagna se non si è mai nemmeno salita una scala; difficile per chiunque nuotare sott’acqua per più di qualche metro se si fumano 40 sigarette al giorno; dunque, l’allenamento, il rispetto per il proprio fisico, conoscendone lo stato e le caratteristiche, sono condizioni peculiari per cominciare ad essere conseguenti senza apportare danni.

Così come ognuno di noi possiede una essenza materiale, fisica, ciascuno di noi possiede anche un’altra essenza, quasi metafisica; è quella una ricchezza la cui genesi viene da un organo particolare: un ammasso di cellule nervose che nel loro insieme identificano il cervello. Quest’ultimo, parte di una sinergia globale fatta di segnali elettrici trasmessi in andata e ritorno, di processi di feed back ormonali e di interazioni costanti e continue, trasforma dei processi elettrici e chimici sublimandoli nella auto coscienza e nel pensiero razionale conseguente. Si sale quindi quasi alla vetta del possibile trasformando uno sforzo fisico ed un processo meccanico e chimico, quindi misurabile e quantificabile, in qualcosa di trascendente e divino ad oggi non ripetibile e non spiegabile da mano e voce umane rispettivamente considerate.

Dicevamo di ricchezza e di vetta quasi al limite del possibile: ricchezza giacché è una dote materiale e trascendente di cui ciascuno di noi è dotato: tutti abbiamo un cervello e tutti siamo capaci di pensare e dunque di ragionare, di osservare, di analizzare, di derivare considerazioni cui fare seguire azioni e/o reazioni. Non ci sono distinzioni di sesso, di religione, di razza o quale che fosse il parametro scelto; è ricchezza personale che non è alienabile ad altri né da altri può essere rubata o violata se non con la completa ed assoluta collaborazione volontaria del soggetto ipotizzato; perciò tutti noi siamo, di fronte al mondo ed in origine, uguali e ricchi allo stesso modo con le stesse potenzialità e con uguali possibili traguardi. Che poi le condizioni ambientali, economiche, sociali più altre, tutte dipendenti da uno stato infingardo ed inadempiente, condizionino il prosieguo di ogni vita … beh!, questo è un discorso completamente dipendente da quella volontà cui sopra accennavo.

Quanto alla vetta eccelsa e quasi al limite del possibile rappresentata da un qualsiasi cervello, viene spontaneo ammetterlo se si pensa che ogni cervello, nel novantanove e nove per cento dei casi non viene sfruttato se non per il trenta per cento della propria struttura materiale; studi scientifici hanno dimostrato che ci sono intere aree dello stesso che sono sotto utilizzate, detto così tanto per capirci, e che se riuscissimo a sfruttare ogni potenzialità quasi non ci sarebbero limiti alle performance possibili a divenire probabili ed anzi realtà acclarate.

Dunque detto degli impedimenti esterni e delle potenzialità, viene da sé che ogni uomo, maschio o femmina che fosse, dovrebbe, per propria auto stima e per cosciente esigenza di libertà e dignità, curare fino al paradosso quella propria ricchezza, coltivandola e accrescendola, facendone un esercizio continuo così da poterla usare, sempre e comunque, al pari anche di chi fosse per altre situazioni ed in altri campi privilegiato e/o meglio posto rispetto a quelle condizioni di partenza a cui abbiamo accennato.

E’ fuori di dubbio, infatti, che se ci si arrende passivamente alle condizioni esterne, quali che esse fossero, rinunciando ad una lotta ed ad una ascesa intellettuale che non significa gioco forza di istruzione certificata, entrambe sì sante e di religione, quella del proprio e sano orgoglio di esseri pensanti, non ci saranno evoluzioni possibili né migliorie di alcun genere. Quindi ….

Io penserò in modo che il mio cervello
mi farà tanto male che
male che come il sole all'improvviso
scoppierà, scoppierà.