... NOI E'!, comunque ed a prescindere! ... - di Francesco Briganti

11.10.2015 09:01

Stamane il cielo non è azzurro, è celeste!. Quel colore pastello che, per quanto si voglia e per chi conosce la difficoltà di rendere il mondo, non sarà mai esprimibile con la sola pressione di dita su di un tubetto di colore. Quella sfumatura "apricuore" a dar respiro all'anima che si riscontra ogni tanto in cima ad una montagna o un riva ad un mare tranquillo nelle albe più festose di una natura a celebrare sé stessa.

Nuvole grige, possenti, ma contenute nelle dimensioni lo screziano qua e là come a dire che il sereno non è lo stato dell'essere e che difficoltà ed imprevisti rimangono il sale di quell'avventura meravigliosa che è il vivere quotidiano. La luce dell'est sale prepotente e prorompente a cangiare il celeste in un azzurro a sbiadirsi verso un bianco solo tappa interlocutoria dello splendido chiarore del giorno che è espressione propria e caratterizzante di un autunno oramai decisamente conclamato.

Tappeti di foglie ingiallite rattristano da un suolo tappezzato le strenue resistenze delle poche ancora a gemere sui rami scossi dal vento.

in queste mattine, così vive e preziose, il vento è compagno fedele per chi come me, amasse percorrere strade silenziose sperse tra i campi. Il respiro delle canne a flettersi con dignitosa resistenza; le distese di mais ingiallito con ancora appese rinsecchite pannocchie; l'austera presenza di ciliegi raggruppati in macchie ombrose e profumate; gli ordinati filari di ulivi che, bassi e massicci, piangono pendenti carichi e punteggiati di ulive oramai nere e pronte a sgravare oli densi e verdi di sapore e profumi; il volo improvviso di qualche temerario fagiano o il saltellare eroico di lepri incoscienti a sfidare colpi e pallini di cacciatori memoria di un passato che fu e che, oggi, non ha nessuna ragion d'essere e quindi, qualche ripetuta dimostrazione di quanto una cartuccia faccia molto più rumore se ad essa connessa c'è la coscienza di una vita che muore; queste manifestazioni, tutte ed ognuna, a formare l'insieme della coscienza dell'esserci quando la natura fa il miracolo di farti sentire all'unisono ed una cosa sola con lei.

Lasciare che il pensiero preceda i passi o li segua incurante di ciò che essi percorrono; sentire profumi lontani, a volte inesistenti, come quello del mare a frangersi su scogli impietosi o come quello che da boschi montani rende l'intenso di resine a consumarsi in camini affettuosi di famiglie riunite o, ancora, quello, questo sì reale e tangibile, di solitarie porcilaie, di stalle in attesa di liberare al pascolo mucche cariche di latte da mungere, o scalpitanti di puledri stanchi della notte dormita in piedi e vogliosi di sgranchire membra in corse estemporanee e libere come libero è quel pensiero che di tanto in tanto si ricorda di te e ti riporta al sasso da evitare, alla pozzanghera traditrice, al regalo che qualche fedele amico ha lasciato nel mezzo del percorso e che nessuno s'è degnato di raccogliere come decenza e civiltà consiglierebbe.

Sono momenti in cui il mondo pur presente ed incombente è comunque lontano con le sue malizie, cattiverie, furbizie e pedanterie. Sono momenti in cui l'ancestrale ricordo animale di un passato arcaico, senza parole, senza coscienza, senza domande sul domani, fosse pure solo posteriore di un istante, rendeva l'andare come percorso della vita in cerca solo di sé stessa e di quell'autocoscienza da conquistare che avrebbe fatto di un paradiso quell'inferno che si rinnova, di volta in volta,di spregevolezza in spregevolezza, in modo sempre più volgare e cinico senza riguardi per nulla e per nessuno.

Eppure, chi volesse sentirla, chi volesse vederla, colui che non fosse solo un falso testimone, ma credesse o anche solo sperasse di essere un protagonista del tutto, potrebbe vedere e toccare la vita che nasce, cresce muore e rinasce ad ogni angolo di tempo e di luogo. Ed anzi avrebbe netta la certezza che il tempo è una convenzione mutevole di un attimo infinito in cui tutto ed ognuno ed ogni cosa si trasforma lentamente in una essenza diversa destinata comunque all'eternità.

Guardarsi attorno, infatti, non può che rendere questa sicurezza dell'anima: che sia figlia di un dio generoso, che sia frutto di un caso fortuito, che sia degenerazione o vanto di un esperimento antico di esseri, in qualsiasi modo, alieni ed in cerca di schiavi lavoratori al loro posto, la vita E', sempre e comunque e, per quanto pesante, oppressiva, fatigante e deleteria essa possa qualche volta sembrare, viverla è il solo modo di non tradirla, non sciuparla, non renderla inutile chiunque si fosse, ovunque si fosse, quantunque si fosse nel tempo e nello spazio.

Il cammino di ognuno, quale che fosse, in quel tempo ed in quello spazio, è solo l'attimo fuggente di un disegno più grande e condiviso. Ciascuno, particella infinitesimale di un tutto infinito, comunque sia contribuisce con il proprio "ESSERCI" all'essere del tutto e di ogni cosa e di ognuna delle altre giacché la vita, a dispetto della becera condizione di ciascuno a credersi il centro dell'universo o a pensare che il proprio intorno sia l'unico degno di difesa e amore, è lo scorrere comune verso l'oceano del sempiterno dove ogni piccola goccia senza più passato e senza nessun futuro a venire si ritrova e riconosce finalmente ...

in un unico eterno presente.