Nosferatu … - di Francesco Briganti

16.11.2013 07:16

Scrissi, non più di qualche tempo fa, all’onorevole Fini quando ancora era presidente della camera e quando ancora una repubblica non si era trasformata in un regno, una lettera aperta in cui confessavo la mia grande meraviglia nel constatare quanto un comunista convinto, il sottoscritto, dovesse sperare nell’onestà costituzionale di un ex fascista per avere la dimostrazione di come l’Italia avesse ancora una parvenza di democrazia e non fosse già e purtroppo diventata un regime. Alla meraviglia di allora, e partendo dalla speranza derivata da quel “ … che fai mi cacci …?” pronunciata durante lo svolgimento di un congresso-farsa, si accoppiava la desolante certezza di avere dalla parte opposta dello scacchiere un’insieme raccoglitore composto da più sotto insiemi di straccia faccende. La storia andò come andò e la conclusione finale, l’abbiamo frustata e frustrata a fuoco, sulla nostra pelle e ancora una volta. Il nano malefico ricomprò i più deboli, irretì di chiacchiere vuote il suo elettorato e pur perdendone una parte riuscì a rimanere in sella fino a che una triplice straniera, non fece ciò a cui l’Italia dalla notte della storia è abituata: intervenne sul nostro suolo patrio e costrinse un presidente in via di trasformazione in “vice re” a nominare di imperio Monti a capo del governo. La sinistra intanto affilava le armi ed altri aggeggi per, come sempre, sfogarsi sul proprio elettorato tartassandolo e martirizzandolo come ed ancora sta facendo. Quanto fosse ingenuo e illusorio quel mio scrivere è dimostrato dal fatto che gli scatti di dignità, la resipiscenza dell’errore commesso, la ritrovata, quale che ne sia la ragione, diritta via diventano, in questo paese, rappresentazioni teatrali e mai oggetto di riflessione, di analisi, di deduzioni e logiche conclusioni; infatti, se non fossimo un paese di smemorati cronici ognuno ricorderebbe come assistendo all’ennesima replica dello stesso film, atteggiamenti, discorsi, parole, minacce ed insulti già visti e sentiti ma i pronuncia tori di allora sono i destinatari di adesso con in cima alla montagna di merda sempre lo stesso gallo, blu di pillole ad hoc, sfatto dagli anni e dai vizi e, quantomeno, girerebbe le spalle alla visione per godersi, se non altro, gli ultimi sprazzi di vita sociale che gli restano. A sinistra, nel frattempo, attendono: le primarie con la vittoria annunciata di un nano in tredicesima; attendono di decidere se votare o non votare la fiducia all’amica degli amici della “famiglia” Ligresti; attendono di sodomizzare un prossimo candidato quale che sia, ovunque e comunque sia candidato; attendono, proni, sottomessi ed incapaci il prossimo monito, arguto, vibrante, commosso e soddisfatto di un presidente, durante il percorso temporale trascorso assurto a re e poi ad imperatore del letamaio corrente. Ed io?. Io non scriverò un’altra lettera aperta nemmeno per esprimere tutta quella desolata frustrazione di cui pure sono pieno e, quindi, non scriverò al Alfano che rimane quel nulla pneumatico e quel “nessuno” che è sempre stato; né la scriverò a Cicchitto che, essendo stato un radicale, avrebbe potuto avere l’ambizione di essere qualcosa di diverso da colui che ha sancito con il proprio voto che una puttana fosse la nipote di un capo straniero e nemmeno la scriverò a Quagliariello che solo un re travicello poteva classificare come “saggio”. Non perderò il mio tempo a scrivere per e a coloro che per ora e solo per ora restano a bordo di quella fradicia nave al cui comando si improvvisa per l’ennesima volta, un putrefatto vecchio escremento. Non vanificherò la mia voce e il mio pensiero neppure per scrivere e parlare a quella accozzaglia di imbelli elettori di destra e di sinistra che, invece, di prendere bastoni e forconi per difendere sé stessi, la propria discendenza ed il futuro di tutti continuano a vegetare come cactus spenti in attesa di poche gocce di pioggia. NO!, non lo farò!. Non serve perdersi in qualcosa che non da frutti e non viene recepito: siamo tutti degli zombies che vanificano la propria esistenza in un cimitero cercando l’uscita. Siamo dei morti in un paese morto con l’aggravante che lo sappiamo tutti, solo che CI CONVIENE FAR FINTA DI NULLA!.