Odissea Italia … - di Francesco Briganti

02.07.2013 08:50

Il vento frusciava aritmicamente tra le foglie del ramo. Le foglie strisciavano sulle ante della finestra. La luce a tempo con il soffiare del vento penetrava all’interno della stanza in penombra. Ombre psichedeliche si alternavano sui suoi pensieri affaticati dal peso nella mano. Le dita, sbianche dallo sforzo, rifuggivano un ordine inespresso. Abbandonato, malamente rinchiuso in sé stesso, perso in oceano infinito di ambasce e problemi, subiva i suoi incubi sulla riva di un mare onirico e profondo. I piedi immersi in quel fresco oceano rem sfogavano il caldo asfissiante della camera dando fittizio sollievo alla pelle lucida e sudata: la lingua impegnata a inumidire labbra riarse dall’afa e dalle tante, ultime, umiliazioni. La pila di ingiunzioni, scadute ed a scadere, in osceno connubio con l’arma in attesa ...
La poltrona scomoda ed inadatta avvolgeva il corpo stancamente abbandonato. Le gambe rattrappite formicolavano, inascoltate e inutili, per la posizione e l’immobilità: la testa, sorretta dalla mano in un angolo innaturale, contrastava dolorosamente i muscoli del collo prossimi ad una contrattura definitiva, i seni sollevavano la maglietta in un respiro cacofonico e istintivo. Il grembo gravato da quel peso estraneo, nero e violento. Bianche le lenzuola, bianche le pareti, bianca la luce del neon che non lasciava spazi ad ombre o ad angoli bui: bianchi i tubi che entravano nelle sue vene nel disperato e crudele tentativo di mantenere viva la sua sofferenza: morto dal collo in giù. La guardò per l’ennesima volta sonnecchiare in quella innaturale quiescenza. Odiò l’amore che gli portava così come da tempo ormai odiava sé stesso. Il respiratore cadenzava, un secondo via l’altro, una nenia ripetuta nell’insopportabile attesa che lei esaudisse la sua ultima preghiera …
L’autoblindo spezzava in due segmenti la strada che si perdeva ad est e ad ovest quasi senza fine. La canna del fucile puntava ora qui ora la seguendo i suoi movimenti nervosi al riparo del mezzo. Il sole sull’asfalto rifletteva un idea lontana di bagnato tanto più falsa quanto più cresceva l’afa nel progredire del mattino. Tirò a sé l’otturatore dell’arma per esser certo che il colpo fosse in canna. Sabbia nella sabbia strisciava lentamente verso una meta utile: la linea all’orizzonte spezzata dal mezzo alieno all’intorno assolato e, nella sua asprezza, affascinante. A destra ed a sinistra altri come lui strisciavano al suo stesso obbiettivo, uno scorpione alzò la coda irato per cotanta invasione poi, quasi conscio dell’inutilità del gesto, li lasciò al loro stupido destino rintanandosi veloce. Scattò in avanti mentre l’altro sulla strada si girava a guardarlo: il sole restò ignobilmente indifferente …
Una brezza leggera alitava profumi e sapori sulla folla; il sottofondo di traffico lasciava spazi ai cori suggestivi, ora studiati ora istintivi, che rimbalzavano su scudi ed elmetti apparentemente indifferenti. La zona verde, la zona gialla, quella rossa. A Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, ovunque ci fosse un corteo, tensioni differenti veleggiavano sulle anime dei presenti: gioia di gruppo, rabbia di molti, astio di alcuni, odio violento di pochi. Assetto di guerra per l’ordine pubblico: seguivano o fronteggiavano a distanza lungo un percorso deciso, coordinato, previsto. Dietro gli scudi, sotto gli elmetti, appresso ai manganelli: tutto fuor che indifferenti. La zona verde, la zona gialla, quella rossa con l’anima presa dall’inesperienza, dalla calma dell’abitudine, dalla certezza del dovere, dal piacere del dovere, dalla cattiveria nel dovere. Alcuni nelle jeep, altri al di fuori, dentro gli elmetti o da sotto una sciarpa: occhi negli occhi, statue!, in un unico interminabile istante …
Quattro fotogrammi italiani in momenti diversi di storia: una camera qualunque, una di ospedale, un angolo di deserto ed una piazza qualsiasi. Momenti solitari e privati, di sofferenza e dolore, di guerra e paura, di tensione e contrasto; ognuno slegato dall’altro, ognuno diverso dall’altro eppure tutti con un tratto in comune: il sordo rumore di uno sparo improvviso, disperato nel suo essere definitivo. Poi, mentre due anime afflitte, una dalla resa e l’altra dalla sofferenza, arrecano a sé una sorta di sbagliata liberazione, sperse nella sabbia o accumunate nelle piazze altre condannano sé stesse all’omicidio ricevendone colpa e martirio nella scenografia complessiva di una vita che, assurdo ossimoro biologico, davvero non è più vita!.