… ORA PRO NOBIS … Domine!. - di Francesco Briganti

29.10.2013 06:48

Martedì, 29 ottobre dell’anno di grazia 2013. Seconda stazione. Si contempla il mistero glorioso di santo Angiolino che rende il miracolo e da bravo figliol prodigo torna dal Padre in attesa con lui a preparare il definitivo sotterro di don Cicchitto e dei suoi confratelli colombe a soccombere ai falchi. Attraverso le orazioni funebri del voto “nordestico”, si esalta la preformante prestazione della sinistra (?), la travolgente ascesa dei separatisti, la scomparsa del Pdl, la schiacciante vittoria di un movimento che grida trionfo dall’alto di un calo del solo quattordici percento. E mentre la barca scivola nella fogna quotidiana e va con i rematori a dar forza alla voce di un prode nocchiero, il Letta vescovo, nipote astuto del cardinale compagno del mozzo, il mozzo (nel senso del tagliato: in morale, etica, acume ed onestà; ndr) stesso tira le fila di un gioco dell’oca che lo piazza indietro, poi avanti ed ancora indietro mentre minaccia rassicurando e poi rassicura minacciando scatafasci letali a chi nel segreto della sua anima dovesse decidere che è meglio un lestofante di meno che un nano di più alla propria mensa. A Firenze, potenza della croce e della via, i tronfi trionfano in un tripudio annunciato di salmi di gioia funzione di una vittoria annunciata e di una beatitudine da premiership personale alla melodia diffusa del tutto cambia per nulla cambiare: la rottamazione salvifica della congrega rossa, ehm rosa, cioè rosata … vabbé bianca è stata già rottamata e messa da parte perché l’interesse del convento è quello di mantenere viva (?) la storia passata (?) attraverso l’accettazione e la presenza di quei padri priori che sin qui così ben avean fatto e quindi, in attesa di poter cenare nelle cappelle consacrate di palazzo Chigi, del Quirinale o di palazzo Madama, il profeta fiorentino ed i suoi discepoli e sulle rive dell’Arno, al modico obolo di diecimila, quindicimila euro consente il sollazzo di pasti luculliani ai piedi del Davide di Donatello o lo sfilare modale ed il festeggiare genetliaco ammirando i quadri degli Uffizi; tutti i presenti, ricchi, scemi e parvenu o meno, stando ben attenti a non spargere sughi sulle tele o molliche di pane sugli attributi del Mosè di Michelangelo nel mentre che i turisti attendono sconsolati la fine della festa privata che balla sul ponte più Vecchio. Al coro italico dai mille lamenti ed orazioni si aggiunge la contrita voce padana che lungi dall’essersi mondata dal peccato africoalbanesestipendialeagogò torna a sentire l’ala protettrice e salvifica di don Bossi da Nordate che avanza sul percorso proponendo i suoi salmi e le sue profezie ad emulare un Suadamus illuso e ceco di fronte allo schifo diffuso ed al vomito conseguente. Egli fa il paio, con quelli adusi a strillare, a battere i piedi ed a minacciare di portar via il pallone ( un altro nano chansonnier e comico anch’egli?; ndr) se non dovesse vincere anche solo fosse grazie al rigore fasullo di un empeachment mai più ottenibile, di nessuna speranza, buono solo a mobilitare gli spalti che così e gridando: “ …. ‘A boiacci …” , non si rendono conto che stanno perdendo la voce e senza nemmeno la soddisfazione di poter dire a sé stessi: “ beh!, almeno ci hanno rimborsato il biglietto … !”. E dunque, mentre la processione continua, mentre sorelle e fratelli, ballerine e clown, imputati e condannati, complici e collusi, colpevoli e fiancheggiatori si battono il petto e con fare contrito e capo cosparso di cenere assicurano che domani faranno, il popolo porta la croce senza che nessuno gli deterga il sangue ed il sudore: essendo tutto lì sotto il peso del divino supplizio!.